La narrazione dell'antropologia scolastica è un genere letterario molto battuto, che conta quantità smisurate di romanzi, saggi, film e altre attività multimediali. Basti ricordare qualche classico degli ultimi decenni, come “Io speriamo che me la cavo” del maestro Marcello D'Orta, i molti libri di Domenico Starnone come “Ex cattedra”, “Solo se interrogato”, “Fuori registro”, “Sottobanco” e la pellicola di Fausto Brizzi “Notte prima degli esami”, titolo ispirato alla non meno celebre canzone di Antonello Venditti, con un grande Giorgio Faletti nei panni del professore “bastardo”.
A questa lunga teoria non poteva non aggiungersi adesso un romanzo impostato nella stessa forma di diario semiserio della vita scolastica, osservata dal punto di vista di una docente che però non si trova a guardare i propri studenti negli occhi, nelle cosiddette lezioni frontali, bensì a doverli intercettare nella modalità in remoto. Il titolo del libro di Vanessa Ambrosecchio è infatti “Tutto un rimbalzare di neuroni. Il racconto di cosa ci ha tolto la didattica a distanza” (Einaudi). Sulla cosiddetta Dad il dibattito è sterminato e infinito. In realtà sappiamo bene che questa modalità, così come lo smart working o lavoro agile, ha tolto moltissimo in termini di relazioni umane ma ha anche consentito alcuni vantaggi in termini di integrazione della tecnologia nelle nostre attività quotidiane, accelerando un processo che probabilmente si sarebbe comunque compiuto, anche senza la costrizione indotta dalla pandemia.
Indubbiamente alcuni siparietti, surreali sulla carta ma del tutto reali nella nostra esperienza personale, sono molto divertenti. Ad esempio, quello relativo al continuo problema della connessione: in questo senso è da ricordare che il problema non sembra assillare soltanto noi italiani. Come racconta il giornalista Beppe Severgnini, la linguista Gretchen McCulloch, ha riferito al New York Times come l'espressione “You're on mute” sia stata pronunciata più volte nel 2020 “che nel resto della storia dell'umanità'. In italiano potremmo tradurre l'espressione con: hai il microfono spento, oppure non ti sento. Frasi ed equivoci di cui siamo stati protagonisti e testimoni decine di volte.
La scuola non fa eccezione. “– Pro! Ci sei? – Mi ha mutato! – Pro, ti ha mutato pure a te! È l'ente supremo del web a tirarci questi scherzi da prete. Ogni tanto ci muta. Non nel senso di una trasformazione genetica o di un radicale cambiamento della personalità: nel senso che ci riduce al silenzio, ci disattiva il microfono, via”.