Faccia a faccia: Scienza in gioco

Lunga seconda vita alle cose

Stefano D'Onghia
di Alessia Cosseddu

Stefano D’Onghia è uno dei “mercanti” del programma televisivo “Cash or Trash”, in onda sul Nove e condotto da Paolo Conticini. Con lui parliamo della sua attività e della sua passione per il collezionismo, per i giochi e dell’importanza di dare una seconda vita alle cose: “Perché in fondo il passato non è così lontano dal presente e dal futuro… tutto è connesso”

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Volto noto della trasmissione televisiva “Cash or Trash - Chi offre di più?”, che va in onda sul Nove dal 2021, Stefano D’Onghia è uno dei “mercanti” più appassionati del programma. Con uno sguardo esperto e una curiosità instancabile, da anni seleziona, valuta e acquista oggetti carichi di storia e fascino. Proprietario di un negozio a Cerea, in provincia di Verona, ha fatto della sua passione per il modernariato, l’antiquariato e le curiosità d’altri tempi una vera e propria missione. Ogni oggetto per lui è un racconto da scoprire, una memoria da preservare. In questa intervista ci accompagna nel suo mondo fatto di dettagli, intuizioni e amore per le cose del passato, compresi, e forse soprattutto, i giochi.

Quanto ama il suo lavoro?

Ho questa attività che amo alla follia, si chiama “Il Dongi. Second Life Shop”. È un negozio dove, come dico sempre, mi piace dare una seconda vita alle cose. Ma quali cose? Anche quelle di poco valore. Per esempio, una cartolina dei nostri nonni che magari vale 10 euro: se riesco a venderla sono felicissimo. Questa è un po’ la mia filosofia. Certo, sono contento quando arriva un amico che compra un quadro da 10.000 euro, ma non si può immaginare la gioia che provo per certe piccole vendite. Qualche giorno fa, ad esempio, una ragazza che vive in America ha comprato per 7 euro una fotografia di una canoa delle Olimpiadi di Los Angeles del 1932. Ero felicissimo! Sono queste le cose che mi riempiono il cuore: dare una seconda vita a un oggetto che forse sarebbe stato buttato via

Stefano D'Onghia

Lei è mercante ma anche collezionista. Da dove nasce la sua passione per il collezionismo? C'è stato un oggetto in particolare che ha acceso la scintilla?

Ho iniziato con i giochi. Quando giochi, impari le regole, le penalità, la squalifica o la gioia di vincere. Per questo, secondo me, il gioco ha un valore pedagogico: rappresenta i primi passi con cui si affronta il mondo, il futuro. Un gioco può dare a un bambino anche momenti di tristezza. Pensiamo al dolore che si prova quando un gioco si rompe. Lo vedo, ad esempio, con mia figlia che ha undici anni: le ho regalato un gioco apparentemente semplice, era un cubo di Rubik con le palline colorate. Tempo fa, giocandoci, si è rotto un po’. Ecco, mi è dispiaciuto, perché quel gioco per lei aveva un significato, era un gesto d’amore da parte mia. Il gioco va rispettato, va considerato profondamente. Pensiamo a un gioco del ’900… chissà cosa ha rappresentato per il bambino che ci giocava, che scelte ha influenzato nella sua vita. Insomma, giocare è importante.

Nel panorama del collezionismo, quello dei giocattoli è un ambito molto particolare: lo considera un collezionismo “attivo”? Quali sono oggi i giochi più ricercati e c’è interesse anche per i giochi didattici, oppure restano ai margini?

Negli ultimi decenni, il collezionismo del giocattolo ha subito profondi cambiamenti. Un tempo si acquistavano giocattoli in latta risalenti alla fine dell’800 e ai primi del '900, prevalentemente di produzione tedesca o italiana, che raggiungevano cifre straordinarie. Come spesso accade nel mondo del collezionismo, però, le tendenze cambiano: oggi, i giocattoli degli anni ’70, e soprattutto, degli anni ’80, stanno raggiungendo cifre da capogiro, al punto da mettere in ombra persino i giocattoli in latta da museo. Per quanto riguarda il gioco didattico, molto dipende dal tipo di gioco. È sempre rimasto un po’ in sordina, ma secondo me ha ancora molto da dire nel panorama del collezionismo.

Qual è il gioco più antico o raro che ha mai avuto tra le mani?

Ho avuto un piccolo autobus tedesco di fine ’800 e ricordo bene anche un aereo di latta Ingap, anch’esso dei primi del ’900. Erano oggetti museali, davvero bellissimi. La cosa straordinaria è che si trovavano in condizioni perfette, e questo è fondamentale nel mondo del collezionismo: le condizioni contano moltissimo. In gergo si dice “non giocato”, cioè mai utilizzato. Pensate che paradosso: oggi il “gioco non giocato” è quello che raggiunge le cifre più alte. Però, se ci si pensa, è un vero ossimoro.

Stefano D'Onghia a Cash or Trash

Quali sono state le sfide più affascinanti che ha incontrato nella sua attività?

La sfida che continuo a incontrare è quella di conoscere e di saper riconoscere le cose e di continuare a crescere imparando ogni giorno. Tra i cinque mercanti di “Crash or trash”, sono quello più generalista. Ovvero, tutti hanno una categoria di appartenenza con la quale si identificano, io invece tratto dalla borsa vintage all'orologio importante, dalla scultura di arte contemporanea alla cartolina d'epoca degli anni ’30, proprio tutto. Questa per me è una sfida quotidiana non semplice.

Cosa la affascina di più nel partecipare a Cash or Trash? È cambiato il suo modo di vedere gli oggetti grazie a questa esperienza televisiva?

No, non è assolutamente cambiato. Quello che vedete in tv è esattamente quello che sono. La cosa bella, che mi emoziona davvero tanto, è la fortuna che ho avuto - anche grazie a chi mi ha scelto - di avere la possibilità di lasciare un segno attraverso la passione stessa: magari un bambino, che vede la trasmissione assieme ai genitori, scopre il fascino del vintage o dell’antiquariato. Oppure una mamma che vedendoci si ricorda: "Ce l’ho anch’io in cantina, pensavo di buttarlo via!", e dopo averci visto cambia idea. Ecco, è in questi momenti che si crea qualcosa di nuovo, si semina una piccola trasformazione. È bellissimo. Io dico sempre che se un bambino, vedendoci, si incuriosisce, allora sì, qualcosa è cambiato.

In che modo, se esiste, scienza e tecnologia si intrecciano con la sua attività quotidiana, ad esempio nella valutazione degli oggetti?

Succede quotidianamente. Ad esempio, oggi sono in voga il retrogaming e il retrocomputing. Fare un paragone con la tecnologia, con la scienza del passato per interpretare il presente, e magari anche immaginare il futuro, è qualcosa di affascinante. Noi che amiamo gli oggetti, la scienza e la tecnologia, se siamo appassionati e abbiamo voglia di ascoltare, potremmo trovare mille riferimenti. Ad esempio, il gioco degli anni ’80, “Grillo parlante” è un puro esempio di tecnologia, e c’è anche un po’ di scienza. Per questo semplice gioco didattico, la Texas Instruments usò uno dei primi chip vocali. Quei chip, allora innovativi, oggi sono presenti nella vita quotidiana: hanno trovato applicazioni in medicina, nella tecnologia e oggi servono anche per l’Intelligenza Artificiale. Questo intreccio, questa evoluzione vissuta attraverso gli oggetti e i giochi, è ciò che ci collega al presente e ci proietta nel futuro. Secondo me, è proprio questo il grande legame che spinge i curiosi a conoscere: più conosci, più diventi curioso, e più ti lasci coinvolgere. Perché in fondo il passato non è così lontano dal presente e dal futuro, tutto è connesso.

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