Volare con la fantasia aiuta l'apprendimento nei bambini. E non solo

A dimostrarlo sono diversi studi, secondo cui l'immaginazione e le emozioni positive hanno un ruolo cruciale nell'acquisizione di nozioni nei piccoli, ma anche negli adulti, come spiega Anna Lo Bue dell’Istituto di farmacologia traslazionale del Cnr
Chiunque abbia trascorso del tempo con i bambini sa quanto l'immaginazione sia presente nelle loro vite. La fantasia è tra le loro abilità più spiccate e li porta a vedere le cose in un modo nuovo e inusuale. Il pensiero fantasioso permette ai bimbi di esprimersi liberamente e di entrare in contatto con il mondo, apprendendo le prime e fondamentali nozioni. È proprio attraverso il gioco di fantasia, infatti, che i piccoli diventano creativi e sperimentano nuove realtà.
La fantasia è la facoltà che permette di fare relazioni fra le immagini della mente e il mondo circostante, consente al bambino di entrare in contatto con il mondo e viceversa: ne è un esempio il fatto che, già a partire da epoche lontane, la fiaba, racconto di fantasia, accompagna lo sviluppo infantile, parlando al bambino con un linguaggio a lui familiare: il pensiero magico, tipico della sua organizzazione mentale e dei suoi scambi con la realtà. “La fantasia e il pensiero magico costituiscono un processo cognitivo infantile che non funziona in modo deduttivo, modalità tipica dell’adulto, ma va oltre il qui e ora, va oltre vincoli spazio-temporali e di causa-effetto e permette al bambino di apprendere la realtà, creando alternative. L’eccesso di spiegazioni logiche nel processo di apprendimento è accessibile al pensiero logico di un cervello adulto, permeato di razionalità, ma non a un cervello immaturo e in fase evolutiva come quello dei bambini”, spiega Anna Lo Bue dell’Istituto di farmacologia traslazionale (Ift) del Cnr. “Nell’immaginazione non esiste concretezza, non ci sono limiti, regole, logica. I bambini vanno ‘oltre’, creano immagini e idee nuove, fuori dagli schemi. L’immaginazione indica il processo che porta a produrre immagini nella propria mente, la fantasia combina le immagini prodotte dal cervello in maniera creativa. Il pensiero creativo permette di elaborare diverse risposte, offre la possibilità di pensare con elasticità e fluidità, trovando soluzioni e risposte, basi dell’apprendimento cognitivo ed emotivo”.

Studi recenti ed evidenze neuroscientifiche hanno messo in evidenza l’influenza delle emozioni nell’apprendimento in età evolutiva, e non solo. In maniera particolare, le emozioni positive hanno un impatto favorente l’apprendimento e, al contrario, le emozioni negative, generano vissuti spiacevoli, capaci di ostacolarlo. I circuiti del pensiero e delle emozioni sono interconnessi in modo bidirezionale: l’apprendimento implica esperienze che provocano, in chi apprende, un cambiamento di stato emozionale. “Base dell’apprendimento è la memoria: noi ricordiamo più facilmente quando i contenuti sono legati a emozioni. Una funzione importante nella mediazione tra emozione e memoria è svolta dall’ippocampo, struttura sub-corticale che ha una funzione nei processi di immagazzinamento dei ricordi a lungo termine. Per quanto riguarda invece la fissazione dei ricordi a livello inconsapevole interverrebbe principalmente l’amigdala, ‘centralina’ delle nostre emozioni. Amigdala e ippocampo risultano tra loro interconnessi sul piano dell’attività funzionale. Infatti, l’amigdala interverrebbe nel processo di formazione e nella memorizzazione dei ricordi associati a eventi emotivi. Un ricordo associato a una emozione rimane nel tempo, divenendo base dell’apprendimento e della crescita”, chiarisce l’esperta.
Nel passato, il legame tra fantasia e apprendimento non è stato sufficientemente approfondito, tuttavia nuove ricerche fanno ipotizzare che anche situazioni così irreali, come quelle stimolate dalla fantasia, potrebbero favorirlo. Diversi studi hanno analizzato la relazione tra giochi di fantasia e apprendimento. Fra questi si può citarne uno (Liliard et al, 2013), nel quale sono stati presentati a due gruppi di bambini un problema e la richiesta della relativa soluzione all’interno di due storie differenti. A un gruppo venivano presentate storie realistiche, mentre all’altro storie irreali e fantasiose, con personaggi protagonisti fantastici. Si è osservato come le storie fantastiche stimolavano i bambini a mettere in atto più facilmente la soluzione al problema rispetto a quelli ai quali erano state presentate storie realistiche.
“Da alcune ricerche è emerso che la maggiore attenzione che i bambini investono in situazioni inaspettate e contrarie alle loro aspettative sia la chiave per comprendere la relazione tra fantasia e apprendimento. Alla base di questa interpretazione è stata formulata una teoria da Weisberg e colleghi che afferma che, quando le situazioni sono irrealistiche, i bambini diventano più interessati e coinvolti, si concentrano maggiormente e prestano molta più attenzione. Una maggiore concentrazione e un maggiore coinvolgimento li aiuta a imparare e a ricordare con più facilità, motivandoli all’apprendimento. Inoltre, imparare a pensare attraverso il pensiero fantastico aiuta a vedere altre possibilità della realtà, che altrimenti non si vedrebbero”; conclude Lo Bue.
È indubbio che il pensiero logico del cervello adulto, come sostiene Antoine de Saint-Exupéry nel celeberrimo "Il piccolo principe", porta con sé una maggiore difficoltà a vedere e ad accorgersi dell’essenziale, a una incapacità di cogliere ciò che non si vede. Ma il pensiero magico non sparisce nella vita adulta. Moltissimi adulti vi ricorrono nella vita quotidiana, utilizzano la sua capacità di astrazione, per affrontare la vita. E senza di esso non avremmo l’arte, la letteratura, l’architettura, la matematica, la medicina, la tecnologia e la scienza (Shtulman, 2023).
Fonte: Anna Lo Bue, Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica, anna.lobue@ift.cnr.it