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Abbiamo i numeri per giudicare?

di Marco Ferrazzoli
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Il divario tra percezione individuale e realtà oggettiva è un tema fondamentale della società contemporanea, poiché in base alla prima si forma quella che chiamiamo “opinione pubblica” e che sempre più, tramite il web 2.0 e i social network in particolare, tende a condizionare le prese di posizione, istituzionali e politiche. La vita di noi tutti, insomma, rischia di essere determinata a partire da impressioni errate o quanto meno non correlate ai dati di realtà. Il saggio di Nando Pagnoncelli 'Dare i numeri' affronta il tema riportando i dati di un'indagine internazionale condotta per due anni consecutivi dall'Ipsos, prima in 14 e poi in 33 Paesi, secondo cui tale divario, definito come “indice di ignoranza”, vede l'Italia al primo posto nel 2014 e al decimo nel 2015.

Le opinioni “non sono sapere o scienza”, avverte il presidente dell'Istituto, richiamando la distinzione platonico-aristotelica tra doxa ed epistème. Meno convincente appare però la definizione di “opinione pubblica” come “modo di pensare comune della maggioranza”, giacché i media in realtà amplificano oltre misura la posizione di minoranze particolarmente numerose.

Un aspetto poi rilevante è l'attendibilità dei sondaggi demoscopici, che svolgono un ruolo determinante nello studio dei comportamenti dei consumatori e nelle analisi politiche, a partire dal famoso lavoro sulle elezioni presidenziali americane del 1936 di George Gallup. Sospetti sull'affidabilità dei rilevamento vengono sollevati di continuo, basti porre mente alle recenti polemiche che hanno investito l'Istat, produttore di dati ufficiali dello Stato, per la revisione dei dati del Pil del biennio 2014-2015 (oltre che il Governo per la previsione di rialzo del Pil del 2017).

La 'scientificità' della ricerca, inoltre, va compendiata con la difficoltà di ricavare dalle risposte a un questionario dati coerenti quando il campione è interpellato su temi complessi, come già osservavamo sull'Almanacco della Scienza parlando del rapporto tra cittadini e scienza. Si pensi ad esempio al report su 'Lo Stato e le prospettive dell'Unione Europea' curato sempre dall'Istituto nazionale di statistica sulla base di un questionario on line della Camera dei deputati, secondo cui l'83% degli italiani ritiene che la cittadinanza europea vada rafforzata, ma il 66% vorrebbe cambiare l'assetto istituzionale dell'Ue. Per tale ragione, osserva Pagnoncelli, vanno considerati con particolare cautela i sondaggi elettorali, che devono fare i conti con la sempre maggiore indecisione degli italiani.

Molto onestamente, l'autore – dopo aver enumerato alcune delle nostre sbagliate convinzioni, per esempio quelle che ci fanno considerare il numero degli stranieri, dei musulmani, degli anziani e dei disoccupati enormemente superiore alla realtà – ammette di avere personalmente sovradimensionato, quando gli fu chiesta un'opinione in merito, le persone di religione ebraica in Italia. Questo a confermare, come dicevamo sull'Almanacco in una recente recensione, quanti possano essere i bias che ci portano ad alterare i dati di realtà: il condizionamento mentale o ideologico, che per esempio ci fa ritenere la riduzione dei parlamentari taumaturgica per le finanze pubbliche; l'ignoranza di base, considerando che il 57% della popolazione adulta ha la sola licenza media o elementare; l'inaffidabilità di troppe fonti e quantità di bufale circolanti.

 

titolo: Dare i numeri
categoria: Saggi
autore/i: Pagnoncelli Nando 
editore: Edizioni Dehoniane Bologna
pagine: 104
prezzo: € 10.00

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