La Sicilia dei "Leoni"
Stefania Auci, autrice dei best seller dedicati alla dinastia dei Florio, racconta il suo successo dopo dieci anni di gavetta fino all'idea di raccontare la saga familiare, dall'ascesa al declino. Una storia di emigrazione e di riscatto, incentrata su emozioni condivise e universalmente riconosciute, entro uno scenario di grandi trasformazioni politiche e sociali a cavallo tra Otto e Novecento
Stefania Auci è l'erede di una tradizione letteraria siciliana che, da Giovanni Verga a Federico de Roberto a Giuseppe Tomasi di Lampedusa fino a Simonetta Agnello Hornby, ha offerto uno spaccato di storia del nostro Paese attraverso il racconto di saghe familiari radicate nell'isola. Storie di dinastie borghesi, nobiliari o umili, a cavallo tra Otto e Novecento, di cui viene tratteggiata la parabola sociale in un intreccio di sentimenti quali ambizione, riscatto, sacrificio e passioni. Un genere longevo, come dimostra il successo della Auci, autrice dei best seller “I Leoni di Sicilia” (2019), oltre 650mila copie vendute, con traduzioni in corso in 32 Paesi e una serie tv in lavorazione, e “L'inverno dei Leoni” (2021) entrambi di Editrice nord, romanzi storici dedicati alla famiglia Florio.
Classe '74, originaria di Trapani, laureata in giurisprudenza, insegnante, madre, racconta di aver trascorso dieci anni di gavetta prima di affermarsi come scrittrice. Ha iniziato con le fanfiction (opere scritte dai fan prendendo spunto dai personaggi di libri, film, serie tv ndr) su internet e, successivamente, ha pubblicato i romanzi “Florence” (Baldini e Castoldi), “Fiore di Scozia” e “La rosa bianca”(Harlequin Mondadori).
Alla narrazione della saga dei Florio deve la ribalta: in entrambe le opere dedicate ai “Leoni” (stemma della dinastia) narra il prestigio e il declino di una delle famiglie più importanti d'Europa agli inizi del Novecento. I capostipiti Paolo e Ignazio da Bagnara Calabra si trasferiscono a Palermo dove conoscono la fortuna, l'apoteosi e la decadenza sullo scenario dei grandi cambiamenti politici e sociali dell'Italia postunitaria. I Florio, che furono imprenditori, proprietari di flotte navali, di fabbriche, delle stesse Isole Egadi, mecenati e benefattori, trasformarono Palermo in una capitale, frequentata dal bel mondo dell'epoca, attratto nell'isola anche dalla famosa “Targa Florio”, la più antica corsa automobilistica di durata al mondo, istituita nel 1906.
Il filo rosso che accomuna la scrittura della Auci alla tradizione letteraria siciliana è anche l'uso del dialetto, con il quale, in un richiamo di sapore verista, l'autrice rende alcune battute rinsaldando la narrazione alla sua terra. “Il dialetto a casa mia l'ho imparato, vissuto e assaporato senza pregiudizio. I miei genitori, entrambi insegnanti, non hanno avuto timore di usare il siciliano in casa sebbene molti non fossero d'accordo”, ha dichiarato in occasione della Lectio magistralis tenuta al Festival del giornalismo culturale di Urbino, di cui l'Ufficio stampa del Cnr è media partner.
Come mai ha deciso di raccontare la famiglia Florio?
Perché secondo me è emblematica dei vizi e delle virtù del Meridione, spesso raccontato dalla storia ufficiale in maniera non esaustiva. I Florio testimoniano con la loro vicenda una realtà siciliana florida, dinamica, dove l'imprenditoria raggiunse risultati inimmaginabili per l'epoca e per la regione stessa. Mi emozionava e mi affascina tutt'ora far sapere come questa famiglia complicata, a tratti disfunzionale, sia riuscita a influenzare la storia italiana.
La descrizione che ne fa è talmente coinvolgente che si fa fatica a distinguere ciò che è storicamente documentato dal frutto della sua fantasia
È stato un lavoro di grande rispetto per i protagonisti dei romanzi, che non sono personaggi ma persone realmente esistite, con il loro bagaglio esperienziale di vita, tra dolori, gioie, sacrifici e relazioni. Ciò ha significato calarmi nella dimensione di affettività ed emotività familiare per poi inserire gli intrecci e le vicende della quotidianità all'interno di un contesto storico ben documentato: dall'evoluzione dei costumi al modo in cui le donne si affacciano al mondo, al progresso sociale ed economico, il tutto in uno stile fluido e scorrevole.
Il genere riscuote molto successo, come dimostrano i romanzi di altre autrici siciliane, quali Simonetta Agnello Hornby e Stefania Aphel Barzini. Perché attraggono tanto?
Perché ritraggono una Sicilia completamente diversa rispetto a quella che appartiene all'immaginario collettivo. La Agnello Hornby è la decana di noi autrici storiche e le dobbiamo molto, perché ha avuto il coraggio di raccontare i grandi cambiamenti della società siciliana, soprattutto durante il corso dell'ultimo secolo.
Che rapporto ha con il dialetto?
Rappresenta un appagamento dell'anima, il legame con le mie radici. Nonostante i miei genitori fossero insegnanti, non mi hanno mai precluso l'uso del dialetto, che ho usato nei romanzi perché ai tempi dei Florio era parlato anche dalle famiglie nobili.
Casi letterari come il suo sono rari. Secondo lei quali bisogni hanno intercettato presso i lettori?
Se guardiamo i successi letterari degli ultimi quindici anni ci rendiamo conto che si tratta spesso di storie che recuperano una narrazione incentrata su emozioni condivise e universalmente riconosciute.
Cosa ne pensa dei social?
Sono molto lontana dai social media, tranne che da Instagram, su cui mi piace pubblicare foto come un gioco, un divertissement. Per il resto trovo che siano diventati “tossici”, perché chi scrive non sempre ha rispetto delle opinioni altrui e delle persone che condividono in libertà un pensiero; si finisce così per inficiare la bontà del mezzo che potrebbe essere utilizzato ad esempio per diffondere cultura.
La Sicilia che lei descrive è fastosa, economicamente florida, elegante. Come vede la sua regione oggi?
Vedo la Sicilia in difficoltà, priva di grandi spinte per l'innovazione tecnologica che reputo essere una delle chiavi di rinnovamento sia nel mondo del lavoro sia nella cultura. L'investimento in tal senso potrebbe restituire benessere economico, soprattutto in determinate aree geografiche interessate dall'abbandono e dall'impoverimento, e dove, invece, grazie alle applicazioni tecnologiche potrebbero nascere luoghi di valorizzazione e condivisione di un patrimonio di saperi e tradizioni.
In un'intervista ha dichiarato di non avere amato molto la matematica a scuola. Qual è il suo rapporto con le discipline scientifiche?
Se parliamo di scienza in generale mi incuriosisce. Mi appassiona ad esempio la biologia, ma faccio fatica ad avere lo stesso interesse per il mondo dei numeri
Come le è cambiata la vita dopo il successo?
Ho cercato di non farmi travolgere, mantenendo le abitudini di sempre. Sono una persona abbastanza concreta e con i piedi per terra, non ho lasciato il lavoro perché mi coinvolge e posso contare su una rete di persone che in me non vedono solo la scrittrice famosa. Tengo molto a mantenere distinte la sfera pubblica da quella privata, che voglio rimanga tale.