Focus: Sole

Per fortuna c'è l’atmosfera!

Parelio Antartide
di Alessia Cosseddu

Francesco Cairo, dirigente di ricerca del Cnr-Isac, spiega quali sono gli equilibri tra radiazione solare e atmosfera terrestre che rendono il nostro Pianeta vivibile. L'effetto serra? È indispensabile, ma ormai eccessivo

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Abbiamo chiesto a Francesco Cairo, dell’Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima (Isac) qual è l’effetto del Sole sull’atmosfera. “Una risposta ingenua alla domanda sarebbe: nullo. Il Sole, infatti, emette energia prevalentemente nella parte visibile dello spettro elettromagnetico, dove l’aria è trasparente. Ne consegue che la luce in buona parte attraversa l’atmosfera senza perdite eccessive e viene riflessa o assorbita dalla superficie del nostro Pianeta, riscaldandola. Il risultato è che l’atmosfera interagisce molto più intensamente con la radiazione emessa termicamente dalla superficie della Terra nella regione infrarossa dello spettro elettromagnetico, dove l’atmosfera risulta opaca, rispetto a quella emessa dal Sole. Questo fenomeno, che conosciamo come effetto serra, ha permesso di mantenere la temperatura del nostro Pianeta a livelli tutto sommato confortevoli. Ad esempio, permette all’acqua di esistere nei suoi tre stati di aggregazione, solido, liquido e gassoso, quasi ovunque sul Pianeta. È una gran fortuna che non capita così di sovente, a giudicare dagli altri pianeti del sistema solare. Senza effetto serra, inoltre, avremmo escursioni termiche tra il giorno e la notte più intense. Tuttavia, le eccessive attività antropiche stanno rendendo l’atmosfera un po’ troppo opaca, aumentandone la capacità di funzionare da serra. È questa la causa del riscaldamento eccessivo”.

In realtà, luce solare e atmosfera non si ignorano del tutto. “Della radiazione solare incidente, circa un quarto viene riflessa dall’aria e dalle nubi e circa un quinto viene assorbita, prevalentemente dal vapore acqueo atmosferico, dalle nubi, dall’aerosol e dall’ozono. In questo modo, la radiazione che raggiunge effettivamente il suolo è circa metà di quella che arriva al Top of the atmosphere (Toa)”, chiarisce Cairo. “Una parte relativamente piccola di questa luce, che ha attraversato l’atmosfera, viene riflessa dalla superficie terrestre o utilizzata per la fotosintesi. La parte restante viene invece assorbita e riscalda la superficie”.

Ma come interagisce l'atmosfera con l'energia emessa nella porzione ultravioletta? In una scena de "Il tè nel deserto" di Bernardo Bertolucci, John Malkovich su una scarpata con Debra Winger, parla del cielo che ci protegge da ciò che c’è oltre. Secondo me l’autore, è un'opinione personale, aveva in mente lo strato di ozono stratosferico. Infatti, intorno ai 25 km di quota, troviamo uno strato ricco di questa molecola, che assorbe parte dell'energia proveniente dal Sole, quella a lunghezze d'onda da circa 200 nm a 315 nm, corrispondenti all’ultravioletto UV-C e UV-B”, continua il ricercatore. “Ciò contribuisce al riscaldamento di questo strato di atmosfera e impedisce alla radiazione, in questo intervallo spettrale, di penetrare più in profondità. Lo schermo che l’ozono attua è importante per la sopravvivenza della vita sulla superficie terrestre, dato che la radiazione a quelle lunghezze d’onda provoca danni diretti al Dna, sia nelle piante che negli animali".

Una gran fortuna per noi che la nostra atmosfera sia ancora così ricca di ossigeno e che si possa formare l’ozono per schermare la superficie da radiazioni potenzialmente nocive. Non è sempre stato così, la prima atmosfera terrestre non conteneva ossigeno, e le prime forme di vita, sviluppatesi nelle acque che garantivano lo stesso schermo agli ultravioletti, ne facevano a meno. “Fu solo con la comparsa dei cianobatteri, che utilizzavano nel loro metabolismo un particolare tipo di fotosintesi che aveva come sottoprodotto proprio l’ossigeno, che questa molecola cominciò ad accumularsi nell’atmosfera. La successiva creazione dello strato di ozono, e il conseguente schermo ultravioletto, ha permesso alla vita di colonizzare le superfici emerse”, spiega Cairo. Trent'anni fa si scoprì che l’ozono stava diminuendo in modo preoccupante, soprattutto ai Poli e in certe stagioni. Il motivo di questo fenomeno, che prese il nome di “buco”, era ancora una volta nelle attività dell’uomo, con l'emissione dei gas clorofluorocarburi o Cfc, utilizzati nell’industria della refrigerazione. Averne bandito l’utilizzo ha riportato il fenomeno sotto controllo, anche se si prevede che lo strato di ozono non tornerà ai valori del 1980 prima della seconda metà del XXI secolo.

Infine, non si possono non citare i fenomeni di ottica atmosferica. “Si originano tra la luce e gli strati diversamente densi di atmosfera come le fate morgane o i miraggi, o come gli arcobaleni, le glorie, i pareli, causati dalla riflessione, rifrazione e dispersione cromatica della luce all’interno di goccioline e cristalli di ghiaccio presenti in atmosfera”, conclude l’esperto. “Il web è pieno di informazioni e immagini di questi fenomeni che ci affascinano da sempre". 

Fonte: Francesco Cairo, Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima, e-mail: francesco.cairo@artov.isac.cnr.it