I danni di una diagnosi sbagliata
La giornalista Susannah Cahalan, autrice del libro "Il grande impostore" (Codice edizioni) racconta della sua encefalite autoimmune, scambiata dal mondo della psichiatria degli anni Settanta per un disturbo schizofrenico affettivo. Un errore che ha indirizzato la sua vita verso un destino tragico
Susannah Cahalan ha vissuto sulla propria esistenza le conseguenze di una diagnosi psichiatrica sbagliata. Con dovizia di particolari l’autrice ricostruisce nel volume "Il grande impostore" (Codice edizioni) la storia dell'esperimento di Rosenhan, riuscendo a scoprire una verità inaspettata e svelando diverse criticità della psichiatria degli anni Settanta. Nel 1973 lo psicologo di Stanford David Rosenhan pubblicò sulla prestigiosa rivista "Science" l'articolo "On Being Sane in Insane Places" (Essere sani in luoghi folli), che mise a soqquadro il mondo della psichiatria. Rosenhan e altri sette pazienti (in realtà pseudopazienti) si fecero ricoverare sotto falso nome in alcuni istituti psichiatrici con il compito di simulare disturbi mentali al fine di dimostrare che gli esperti di psichiatria non sarebbero stati in grado di distinguere la follia dalla sanità mentale. Per quasi tutti gli pseudopazienti la diagnosi è di schizofrenia o disturbo bipolare; una volta ricoverati la realtà che si mostra ai loro occhi all’interno degli istituti è a dir poco raccapricciante: un diffuso utilizzo di trattamenti disumanizzanti atti non a curare bensì a isolare gli individui dalla società civile era la prassi.
Questo studio rivoluzionario contribuì alla chiusura di molte strutture psichiatriche. Le istanze dell’antipsichiatria, movimento eterogeneo nato in quegli stessi anni, in netto contrasto con le principali teorie e pratiche della psichiatria dominante, stavano prendendo campo. L’antipsichiatria evidenzia critiche sostanziali riguardo l’affidabilità e validità delle diagnosi psichiatriche. Nel 1974, come conseguenza delle contestazioni sulla validità scientifica delle diagnosi inizia uno strenuo lavoro di revisione del "Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali" (DSM).
Cahalan trae spunto dall’articolo di David Rosenhan identificando il protagonista del libro in David Lurie (il paziente numero 5.213). Il volume inizia così: “Per il paziente n. 5.213 si tratta del primo ricovero. Si chiama David Lurie. Ha trentanove anni e fa il pubblicitario. È sposato e ha due figli. E sente le voci. Lo psichiatra inizia il colloquio con le domande preliminari per stabilire se il paziente è in grado di orientarsi nel tempo e nello spazio: Come si chiama? Dove si trova? Che giorno è oggi? Chi è l’attuale presidente? Lui risponde correttamente a tutte e quattro le domande: David Lurie. Haverford State Hospital. Sei febbraio 1969. Richard Nixon. Poi lo psichiatra gli chiede delle voci […]. Il colloquio va avanti così per mezz’ora, lo psichiatra butta giù quasi due pagine di appunti. Dopodiché ne consiglia il ricovero con una diagnosi di schizofrenia di tipo schizoaffettivo. Ma c’è un problema. David Lurie non sente le voci. Non è un pubblicitario, e non fa nemmeno Lurie di cognome. In realtà David Lurie non esiste”.
Non resta che iniziare la lettura.
titolo: Il grande impostore
categoria: Saggi
autore/i: Susannah Cahalan
editore: Codice edizioni
pagine: 417
prezzo: 29,00 euro