Gli equivoci sulla sperimentazione
Nel volume 'Cavie?' gli autori sottolineano l'importanza della sperimentazione in vivo, che ha migliorato le nostre condizioni di vita e ha apportato benefici anche alle altre specie viventi
Recentemente la Corte di Cassazione (Sezione III Civile, sentenza 19 luglio 2016 n. 14694) ha condannato per diffamazione la promotrice e portavoce di un sito internet contrario alla sperimentazione animale per aver utilizzato il termine "vivisettore" nei confronti di alcuni dipendenti di una società di ricerca che, come si legge nella sentenza, “conduce studi preclinici di sicurezza mediante sperimentazione tossicologica di farmaci in vitro e in vivo”, ma senza “dissezione anatomica di animali vivi”. La decisione della Cassazione conferma quanto già affermato dalla Corte di Appello, secondo cui l'uso da parte del sito di termini quali "vivisezione", "vivisettori", "vivisezionisti" connoti “negativamente, dal punto di vista etico” l'attività condotta dalla società, “tacciata apoditticamente come inaccettabile, immorale e scientificamente inutile”.
Una sentenza accolta con favore dal mondo della ricerca, che evidenzia come l'uso di termini che evocano crudeltà e torture sia tipico della propaganda contro la sperimentazione e tenda a confonderne l'aspetto etico con quello scientifico. Un errore da evitare se si vuole restare sui binari della razionalità, spiegano nel loro ultimo libro 'Cavie?' gli esperti di bioetica Gilberto Corbellini e Chiara Lalli, docente di Storia della medicina il primo, giornalista la seconda.
Quando si parla di animali e dei loro diritti, scrivono gli autori, sono molti i fattori in gioco, in primis la sempre maggiore sensibilità sociale dovuta all'antropomorfizzazione e alla diffusione degli animali domestici. Inoltre, è difficile giungere a definizioni condivise di termini dai molteplici significati quali coscienza, vita e dignità, a proposito della quale, precisano i due bioeticisti, “la tendenza a considerarla un valore non negoziabile impedisce un vero e proprio dibattito, lasciando intatta solo l'apparenza di un confronto già finito in partenza”.
Se ci si vuole aprire al dialogo, dunque, occorre porre delle basi oggettive, basarsi su fatti e non su credenze. Sono oggettivi i successi della sperimentazione che hanno migliorato la qualità della nostra vita e mostrano la predittività del modello animale. Ciò non vuol dire che la comunità scientifica non si interroghi sui diritti degli animali o sui modi per evitare loro sofferenze non giustificate: i ricercatori lavorano all'insegna delle '3R' (replacement, reduction, refinement), promosse anche dalla legislazione comunitaria in materia (Direttiva europea 63/2010) che impone stretti controlli sul benessere degli animali da laboratorio. Ricordano inoltre Corbellini e Lalli che dei successi della sperimentazione in vivo hanno beneficiato gli animali stessi, i quali possono disporre di farmaci pensati per l'uomo, e che il progresso scientifico e il conseguente miglioramento nelle condizioni umane hanno giocato un ruolo chiave nello sviluppo di un'attenzione maggiore verso le altre specie viventi.
Dunque, sostengono gli autori, per criticare la sperimentazione animale ci si può appellare solo alla questione morale, ma non sempre è facile affrontarla con coerenza; si pensi ad alcune posizioni di condanna che si basano proprio su conoscenze derivate dalla sperimentazione stessa “per esempio la dimostrazione delle capacità degli animali di provare dolore”. E questa è solo una delle contraddizioni messe in luce nel volume.
titolo: Cavie?
categoria: Saggi
autore/i: Corbellini Gilberto, Lalli Chiara
editore: Il Mulino
pagine: 157
prezzo: € 14.00