Narrativa

L'albero della vita? Intricato come un rovo

di Marco Ferrazzoli

"Che cosa nel corso di quattro miliardi di anni circa ha portato la vita alla sua sfolgorante varietà?". È la domanda da cui parte David Quammen, parlando di un nuovo metodo di indagine che ha consentito di giungere a grandi sorprese: un tipo di creature note come "archei", il "trasferimento genico orizzontale" e un'ipotesi secondo cui noi esseri umani discenderemmo da creature di cui fino a quarant'anni fa non si conosceva l'esistenza. In un saggio che, come di consueto per l'autore di "Spillover", ha lo stile di un romanzo avvincente

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Che cosa nel corso di quattro miliardi di anni circa ha portato la vita dalle sue origini primordiali alla sfolgorante varietà e complessità che oggi abbiamo davanti agli occhi?”. È questa la domanda da cui parte David Quammen ne “L'albero intricato”, un libro che parla di un nuovo metodo di raccontare la storia della vita e che passa per la “filogenetica molecolare”. Questo metodo di indagine ha consentito di giungere a grandi sorprese, una delle quali riguarda un nuovo ramo di creature note come “archei”, un'altra concerne il “trasferimento genico orizzontale” e la terza è un'ipotesi secondo cui noi esseri umani discenderemmo da creature di cui fino a quarant'anni fa non si conosceva ancora l'esistenza.

Gli archei, a lungo scambiati per sottogruppi dei batteri, hanno rivelato che l'attuale vita su scala microbica è molto diversa da come la scienza l'aveva descritta, mentre il trasferimento genico orizzontale (Hgt Horizontal Gene Transfer) “ha ribaltato la tradizionale certezza che i geni vengano trasmessi solo in linea verticale dai genitori alla prole e non possano essere scambiati lateralmente scavalcando i confini di specie”. L'ultima novità sugli archei è che tutte le creature complesse formate da cellule dotate di DNA all'interno del nucleo – noi inclusi – provengano da questi strani antichi microbi.

Una “eredità infettiva” che da un lato investe “il problema dei microrganismi multi-farmacoresistenti – dei superbatteri invulnerabili” che si sono diffusi in maniera molto rapida, dall'altro ci impone di modificare il nostro fondamentale modo di intendere “chi siamo”. Nel 1977 si annunciava che Carl Woese aveva scoperto “una forma di vita separata”, un “terzo regno” di forme biologiche, eppure questa scoperta rimane sconosciuta alla maggior parte delle persone. Forse perché il suo autore, che insegnava microbiologia all'Università dell'Illinois, era e si considerava un outsider. Pur essendo membro della National Academy of Sciences, avviò una drastica revisione di uno dei basilari “concetti della biologia: l'idea dell'albero della vita”.

Altri scienziati sono collegati a Woese. Per esempio Fred Griffith, fisico inglese che a metà degli anni Venti del Novecento notò tra i batteri della polmonite un ceppo innocuo che all'improvviso diventava mortalmente virulento. Nel 1944 un ricercatore del Rockfeller Institute, Oswald Avery, identificò il “principio trasformante”: l'acido desossiribonucleico, il Dna. Joshua Lederberg dimostrò poi che questo tipo di trasformazione, ribattezzata “eredità infettiva”, è un processo abituale e non solo nei batteri. La premio Nobel Barbara McClintock studiando la genetica del mais scoprì “alcuni geni che saltano da un punto all'altro dei cromosomi”. Lynn Margulis rivalutò “una vecchia idea considerata da tempo assurda: l'endosimbiosi”, cioè l'integrazione cooperativa di creature viventi all'interno di altre creature viventi: le cellule sarebbero “creature chimeriche”.

La serie prosegue con le figure di Francis Crick, Carl Linnaeus, Jean-Baptiste Lamarck che in epoche diverse “hanno tutte contribuito a un drastico cambiamento scientifico”, fino a Ford Doolittle, che alla svolta del millennio pubblicò un articolo intitolato “Sradicare l'albero della vita”. Un albero che dopo questa lettura somiglia più a un rovo intricato: ma gli intrecci tra i suoi rami genetici sono molto rari, pertanto possiamo contenere la nostra crisi identitaria di specie e conservare una certa fiducia nella tassonomia tradizionale. Anche se la narrativa a tratti quasi misticheggiante dell'autore è estremamente coinvolgente. Il trasferimento orizzontale avviene da sempre, recentemente è uscito un lavoro in cui afferma che alcuni insetti acquisiscono la resistenza a particolari sostanze prodotte dalle piante acquisendo i geni resistenti dalle piante stesse. È un fenomeno naturale che contribuisce a creare la variabilità genetica e che “nutre” l'evoluzione fornendo a una specie nuovi geni su cui lavorare. Cosi i virus, specialmente i retrovirus, hanno favorito l'evoluzione dei mammiferi. Questo apre anche una considerazione “politica”: i tanto discussi Ogm, in fondo, finiscono per apparire qualcosa di “naturale” che l'uomo riesce semplicemente a realizzare più efficientemente dei virus

 

 

titolo: L’albero intricato
categoria: Narrativa
autore/i: Quammen David 
editore: Adelphi
pagine: 536
prezzo: € 26.00

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