Focus: Raffaello

La "città ideale" del futuro? Resiliente

Raffaello_Sposalizio
di Emanuele Guerrini

Raffaello, nello "Sposalizio della Vergine", si ispira al modello urbanistico rinascimentale, basato su regole prospettiche e di armonia architettonica. Oggi, invece, la progettazione deve rispondere a nuove sfide, quali densità di popolazione, scarsità di risorse e cambiamenti climatici. Ne abbiamo parlato con Teodoro Georgiadis dell'Istituto per la bioeconomia del Cnr

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Tra gli interessi di Raffaello ci sono gli studi sulla città prospettica, modello architettonico di città ideale visto nel '400 come espressione materiale e simbolica di buon governo e progettualità politica. Nella “Città ideale” rinascimentale il disegno urbanistico riflette, secondo uno schema geometrico, criteri razionali e funzionali che si accompagnano a una tensione di perfezione ideale. L'opera che porta questo nome – un dipinto a tempera su tavola di autore sconosciuto, databile tra il 1470 e il 1490 e conservato nella Galleria nazionale delle Marche a Urbino - ha ispirato Pietro Perugino nello “Sposalizio della Vergine” e venne poi riprodotto dall'allievo Raffaello.

“La creazione di una città modello è parte di un dibattito antico dell'urbanistica. La trasformazione rinascimentale da villaggio a città moderna vide cimentarsi le massime personalità dell'architettura nella definizione delle funzioni urbane, fu l'invenzione o la riscoperta di un ecosistema artificiale su cui già greci e romani, ma anche altre culture antiche, si erano espressi sul piano teorico e pratico”, spiega Teodoro Georgiadis dell'Istituto per la bioeconomia (Ibe) del Consiglio nazionale delle ricerche. “Il dibattito moderno poggia invece su nomi quali Le Corbusier, Gropius, Van der Rohe, Wright, nei cui modelli ritroviamo ancora spiccate caratterizzazioni geometriche: a griglia, radiali, lineari… La città moderna poteva essere pensata come compatta o diffusa: Broadacre City (1932), per esempio, è una rappresentazione di questo secondo tipo, che cerca di inserirsi in un dialogo con il paesaggio circostante, tanto da perdere la caratterizzazione consueta della città”.

Piero della Francesca Citta Idealè

Oggi chi pensa e costruisce si trova a dover rispondere a nuovi quesiti, sempre più pressanti. “La spinta all'urbanizzazione e all'inurbamento, che vedrà in pochi decenni la maggiorana della popolazione mondiale concentrata in megalopoli, porrà domande e problemi non banali a progettisti e policy maker”, avverte il ricercatore del Cnr-Ibe. “Come potranno questi insediamenti, caratterizzati da un'altissima densità antropica, garantire il benessere minimale dovuto ai cittadini? Potranno assicurare l'accesso ai servizi, dimostrarsi inclusive per tutta la popolazione, offrire una vivibilità sufficiente? Avranno modo di mettersi in relazione con il territorio circostante preservando i requisiti ecologici ormai da tutti ritenuti indispensabili, uno sviluppo ambientale equilibrato, assieme alla molteplicità di servizi altrettanto ritenuti indispensabili per la nostra vita?”.

Domande importanti che si devono confrontare con problematiche globali come il cambiamento climatico. “Oggi nelle città dobbiamo attenderci la nascita e la persistenza di onde di calore con evidenti impatti sulla salute umana; la crescita di precipitazioni intense stressa le strutture urbane e crea rischi oggettivi e purtroppo noti per la popolazione, l'inquinamento legato ai trasporti incide sulla salute e sulle aspettative di vita”, prosegue Georgiadis. “Un nuovo modello dovrà essere quello di una città resiliente, capace di mettere in atto adattamenti autoregolanti, in termini di controllo di regime termico e idraulico, per non dipendere da fonti di risorse energetiche ormai insufficienti. Il verde urbano e l'uso del SUDs (sistemi di drenaggio sostenibile urbano) sono tra le tecniche resilienti più promettenti per fronteggiare ondate di calore ed eventi precipitativi estremi e quindi dovranno divenire parte integrante dei processi di rigenerazione cittadina, essere già contenuti nei master-plan e validati dai decisori politici, per garantire la vivibilità dei residenti, evitare barriere sociali e tutelare la parte di popolazione più fragile”.

Queste sfide inducono a rivedere anche le barriere e le interazioni disciplinari e professionali oggi esistenti tra i protagonisti della progettazione e costruzione delle città. “Nuovi settori professionali devono divenire partecipi delle nuove edificazioni: oltre a ingegneri, architetti e urbanisti, serve il contributo di fisici, chimici, agronomi, geologi, medici, scienziati ambientali e di tutte le competenze utili a rispondere alla complessità del vivere”, conclude Georgiadis.

Fonte: Teodoro Georgiadis, Istituto per la bioeconomia (Cnr-Ibe) , email teodoro.georgiadis@ibe.cnr.it -