Si può ascoltare una mostra? Sì se c'è chi ce la racconta stimolando la nostra fantasia. È questo l'obiettivo del podcast, tecnologia che, nata dalla radio, è sempre più diffusa per promuovere brand aziendali, ma anche il patrimonio di istituzioni culturali. Il vantaggio di tali narrazioni consiste nel fatto che possiamo riascoltarle collegandoci in Internet o scaricandole sul nostro smartphone. Durante il lockdown, molti musei e alcune testate giornalistiche, hanno raccontato la storia delle collezioni, illustrato singoli capolavori attraverso questo canale che, a differenza dei video, della tv, dei libri e delle immagini, lascia libera la vista, appellandosi invece al senso più ancestrale e primitivo dell'uomo: l'udito.
La diffusione della tecnologia on demand ci consente ormai di scegliere i contenuti, i programmi che preferiamo e di usufruirne quando ne abbiamo voglia; tale possibilità ha influenzato molto la crescita del podcasting. “L'ascoltatore di podcast è co-creatore del contenuto, poiché la sua immaginazione completa ciò che manca alla parola nel creare l'immagine mentale. Per questo il podcast è capace di creare coinvolgimento e la sua fruizione è appassionata”, scrive Giulio Gaudiano, Ceo di YouMediaWeb, esperto di social media e creatore di brand on line, nella prefazione al libro “Brandend podcast” a cura di Chiara Beracchi (Dario Flaccovio editore). Il volume raccoglie numerosi contributi sui vantaggi e l'utilizzo di questa tecnologia sia nel settore del marketing aziendale sia nell'ambito di istituzioni culturali; queste ultime sono le più interessate alla rivoluzione digitale, responsabile del cambiamento di paradigma nella comunicazione, che si traduce nel ricorso a nuove modalità tese ad attrarre pubblici differenti per età e cultura. Inoltre, il podcasting permette di abbattere le barriere geografiche e linguistiche favorendo la diffusione internazionale di alcuni contenuti, anche relativi a piccoli musei periferici.
Il libro è strutturato in due parti, nella prima si illustra come si realizza un branded podcast per le aziende: tra le produzioni pionieristiche in tal senso si cita la pubblicità della Mini Bmw, costruita intorno alla tecnica narrativa del “viaggio dell'eroe”, per fidelizzare i clienti a una novità, difficile da accettare immediatamente, ovvero la versione elettrica della vettura. Nella seconda parte del volume si sottolinea come nei Paesi anglosassoni il podcast venga sperimentato con successo da storici e archeologi da almeno un decennio. Tra i musei che hanno introdotto nella propria strategia questo medium c'è il British Museum che, dal 2016, produce “The British Museum membercast” “Lo show, condotto dalla comica e conduttrice radiofonica Iszi Lawrence, esplora e racconta le collezioni e le mostre della grande istituzione, inframmezzando le lezioni e le presentazioni dei funzionari del museo con interviste e momenti di riflessione”.
Di tale mezzo si avvale per esempio lo Science History Institute di Philadelphia, nato nel 2008 per mettere in relazione le grandi scoperte scientifiche del passato con la storia presente. Qual è invece la situazione in Italia? Nel nostro Paese persiste una realtà molto frammentata, spiega l'autrice: si va da docenti ed esperti di storia che fanno i podcast delle loro lezioni e le pubblicano sul web alle Fabbriche di storie del Museo degli Uffizi, racconti che illustrano l'arte in sostituzione delle audioguide, al Museo delle Palafitte del Lago di Ledro, sede territoriale del Muse di Trento, che produce “7 Minuti. Storie sulla linea del tempo”.
Il Museo Egizio e la Mostra Dreams presso il Chiostro del Bramante hanno utilizzato questa formula. Tra gli ultimi arrivati, “Archeoparole” che Chiara Boracchi, archeologa e giornalista, ha ideato per narrare con stile accattivante le storie e il significato di termini specifici dell'archeologia. “Ciò che spaventa principalmente i curatori museali è la perdita dell'aura di veridicità: buona parte dei musei è ammantata da quell'aura asettica, quell'auctoritas apparentemente indiscutibile, anche se in realtà ogni allestimento è frutto di scelte precise”, spiega la giornalista Cinzia Dal Maso direttrice di “Archeostorie Magazine” e tra i contributors del libro. “Nella narrazione, invece, tali scelte devono uscire allo scoperto e dichiararsi tali. Il narratore fornisce una interpretazione, costruisce un racconto, mentre l'audioguida rimane ancorata alla didattica classica”. In effetti, conclude “noi andiamo al museo proprio per scoprire mondi e culture diversi dai nostri, lontani da noi nel tempo o nello spazio. E se questa scoperta avviene attraverso un bel racconto, riusciamo proprio a immergerci in quei mondi, a sentire il contatto diretto con la vita vera di centinaia di migliaia di anni fa, o di luoghi remoti. Ma la tecnologie da sola sarebbe impotente senza un'idea narrativa forte”.