Focus: Energia

Nuove parole per capire le emergenze

sostenibilità
di Sandra Fiore

Da tassonomia a transizione, da "upcycling" per il recupero di rifiuti e scarti a "climaticida": vecchi vocaboli e neologismi denunciano la crescente preoccupazione per il cambiamento climatico e l’urgenza di porvi un freno attraverso l’adozione di fonti energetiche a basso impatto ambientale

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La lingua è mobile e registra le problematiche e le tendenze della società. Attribuire un nome alle cose significa ammetterne l’esistenza. Il cambiamento climatico e la crisi energetica sono due settori interessati dal rinnovamento linguistico, con il conio di nuovi vocaboli, l’utilizzo di anglismi e termini mutuati da altri settori disciplinari. Un esempio è il sostantivo "tassonomia", che compare in questi giorni sui giornali a proposito della classificazione europea di fonti energetiche suscettibili di investimenti per il "green deal" comunitario. Il termine nasce, in realtà, in ambito naturalistico: "nel 1789, Antoine-Laurent de Jussieu nel suo libro ‘Genera plantarum’ descrisse tanto i generi quanto le famiglie di piante e mise queste ultime in classi". Sul tema sono diverse le posizioni critiche dei Paesi per l’inclusione del gas naturale e, soprattutto, dell’energia nucleare, quali fonti da rilanciare, oggetto di finanziamenti.

Perlopiù inglesi sono invece i vocaboli che ruotano intorno al fenomeno della crisi climatica, molti dei quali emersi nella COP 26, vertice organizzato dall’Onu, che lo scorso anno si è tenuto a Glasgow, in Scozia: da "rifugiati climatici" a "eco-ansia", a "Kaitiakitanga" della lingua Maori ovvero “responsabilità della gestione ambientale”. A dare una spinta alla diffusione della terminologia "climatica" è stato anche il movimento di sensibilizzazione che si è raccolto intorno a Greta Thunberg, giovane attivista svedese, cui si deve il merito di aver saputo "parlare" soprattutto ai più giovani di ecosostenibilità ed economia circolare.

Sempre più diffuso, per associazione a femminicida, è l’aggettivo "climaticida", che definisce colui che contribuisce allo sconvolgimento del clima. Se il "negazionista" nega il cambiamento climatico, c’è chi sostiene l’"upcycling", per il Cambridge Dictionary la parola del 2019: pratica di utilizzare materiali di scarto per diminuire l’impatto dei rifiuti, dando vita a oggetti o nuove forme di energia. La stessa Enciclopedia Treccani, nel 2019 ha pubblicato l’Ecobolario (sintesi di ecologia e vocabolario), un neologismo, che raccoglie le parole nate per parlare di tale emergenza. Tra queste, ad esempio, c’è  "apartheid climatico", ovvero l’emarginazione  di gruppi di popolazione a causa del global change.

inquinamento

Inquinamento

Tratti ancora dal linguaggio dell’attualità: "climatariano", chi è attento all’alimentazione nella lotta contro il riscaldamento globale, privilegiando ad esempio il Km 0, "transizione ecologica", "emissione zero", "impatto zero".

Se le rivoluzioni coinvolgono le parole, che dire di quella pandemica? Siamo nel periodo di Carnevale e per i bambini è il momento di indossare le mascherine. Quali? Ormai anche per i più piccoli è difficile non pensare alle Ffp2, presidio medico che ha assunto il senso dell’unica mascherina possibile, sostituendosi anche a quella carnascialesca. Altri vocaboli hanno fatto un vero e proprio salto semantico: se "tamponare" è il verbo che indica l’urto di un veicolo con quello di chi guida, ora si è imposto nell’accezione di pratica diagnostica per rilevare la presenza del Coronavirus. La "quarantena" poi è diventata un isolamento sanitario anche di di sette giorni; l’"amuchina" è il disinfettante per antonomasia che soppianta i tanti gel che si trovano in commercio; "sanificare" ha preso il posto di pulire, mentre gli aggettivi positivo o negativo non descrivono lo stato d’animo ma rimandano a una persona contagiata o meno.

“Oramai solo per i fisici il ‘confinamento’ designa il 'contenimento delle particelle cariche ad alta temperatura in una zona limitata di spazio per il tempo necessario a provocare e a mantenere reazioni di fusione nucleare'; per tutti noi è isolamento imposto o volontario per evitare di diffondere il contagio”, spiega Paolo Squillacioti, direttore dell’Istituto Opera del vocabolario Italiano (Ovi) del Consiglio nazionale delle ricerche. “Al di là delle valutazioni sull’opportunità di usare un termine o l’altro, si è aperto un ampio spazio per chi voglia studiare l’evoluzione del lessico e in particolare gli slittamenti semantici di termini appartenenti ad ambiti settoriali diversi dalla medicina o sinora usati in tutt’altro senso. Sono entrati nell’uso vari anglicismi o direttamente parole inglesi, ‘lockdown’, ‘smart working’, ‘green pass’, ecc., utilizzati anche in documenti ufficiali, non senza polemiche: per fare un solo esempio, il recente uso di ‘booster’ invece di ‘richiamo’ in una circolare del Ministero della Salute ha provocato la reazione dei linguisti del Gruppo incipit, presso l’Accademia della Crusca.  Fra tante parole inglesi, va segnalato il francese ‘triage’, già usato in ambito medico per lo smistamento dei pazienti in base alla gravità o alle patologie, ma entrato con il Covid nell’uso comune”.

Un libro recente di Daniela Pietrini, "La lingua infetta. L’italiano della pandemia" (Treccani), con presentazione di Giuseppe Antonelli, nato dalla notevole attività in ambito linguistico dell’Istituto dell'enciclopedia italiana, potrà togliere tutte le curiosità a chi voglia saperne di più. Lo slittamento semantico è stato affrontato con vari esempi nel libro di Salvatore Claudio Sgroi, "Dal Coronavirus al Covid-19. Storia di un lessico virale" (Edizioni dell’Orso).

“Nelle prime settimane della pandemia, giusto due anni fa, si invocava o si temeva l’istituzione di una ‘zona rossa’, che dal lessico militare era già passato a designare aree interdette al transito già ai tempi del G8 di Genova e poi nella città dell’Aquila colpita dal sisma”, aggiunge il direttore del Cnr-Ovi. “La ‘cabina di regia’ non richiama il locale insonorizzato in cui opera il regista di un programma radiotelevisivo, ma il gruppo di esperti che ha offerto e continua a offrire al governo l’analisi dei dati e le valutazioni scientifiche per le misure di prevenzione e contenimento del contagio. ‘Distanziamento sociale’, espressione in uso in ambito sociologico per designare la ‘distanza fra le classi o i gruppi sociali’, è diventato il modo usuale per definire la necessità di mantenere la distanza fisica in contesti di affollamento, con un residuo di ambiguità che ha suggerito di mutarla nel più referenziale ‘distanziamento interpersonale’".

La lingua, insomma, si arricchisce di nuove parole e riscopre quelle desuete  per essere sempre attuale e rivelare realtà che ci toccano.

Fonte: Paolo Squillacioti, Istituto Opera del Vocabolario Italiano, e-mail: squillacioti@ovi.cnr.it

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