Vita Cnr

Qualità dell'aria: ne discute l'Ue

Scenario urbano
di Filippo Flamini

Numerose sostanze inquinanti mettono a rischio la salute della popolazione nel Vecchio Continente; per mettere a punto strategie di crescita sostenibile, la Direzione generale per la ricerca e l’innovazione ha coordinato un’analisi alla quale ha contribuito anche l’Isac-Cnr

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Un’analisi è stata coordinata dalla Direzione generale per la ricerca e innovazione della Commissione europea, con il contributo di numerosi istituti tra i quali l’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), l’Organizzazione mondiale della sanità (Who), l’Istituto internazionale per i sistemi applicativi di analisi (Iiasa), l’Istituto di scienza dell’atmosfera e clima (Isac) del Cnr. Il report è stato elaborato tra l’ottobre 2011 e il gennaio 2013.

“Negli ultimi 10 anni sono stati fatti progressi significativi per migliorare la qualità dell’aria in Europa”. Esordisce Máire Geoghegan-Quinn, commissario europeo per la ricerca. “Secondo uno studio pubblicato recentemente, sulla rivista 'The Lancet’, però, 430.000 morti premature possono essere associate all’esposizione di particolari sostanze. Attraverso il programma 'Horizon 2020’ la Commissione europea tenterà quindi di metter a punto una strategia di crescita intelligente, sostenibile e integrata”.

Elementi particolari come l’ozono sono a oggi i più importanti inquinanti nell’aria del Vecchio Continente. Ciò comporta seri rischi per la salute umana e per l’ambiente, in particolare per l’impatto sui cambiamenti climatici. Guy P. Brasseur, del Climate Service Centre di Amburgo, ricorda come “le interazioni tra la qualità dell’aria e il clima sono complesse e comprendono il ritorno di dati non sempre comprensibili”. L’elemento più interessante però è la relazione tra la riduzione dei solfuri (SO2) e la riduzione del riscaldamento climatico. Secondo le previsioni, se si abbattesse l’emissione di questo elemento il riscaldamento tornerebbe quasi ai livelli preindustriali.

Più dettagliatamente, come scrivono Sandro Fuzzi e Stefania Gilardoni dell’Isac-Cnr, con l’aumentare della grandezza delle particelle cresce considerevolmente la percentuale della polvere di contenuto minerale: dal 39% al 63%. In misura minore, aumenta il sale marino, dal 3% al 9%, mentre la percentuale di aerosol inorganico secondario decresce sensibilmente, dal 27% al 14%.: “Sia le particelle minori sia quelle maggiori hanno effetti sulla salute umana, a seconda del livello di esposizione. Gli effetti delle particelle minori sono stati osservati nel breve come nel lungo periodo, mentre le particelle maggiori solo nel breve, commenta Fuzzi.

“Ci sono zone dell’Ue dove i livelli di guardia di ozono e biossido di azoto, stabiliti dal Who, sono regolarmente superati” , scrive Bert Brunekreef, professore della Facoltà di medicina all’Università di Utrecht. Dai dati risulta infatti che le particelle PM 2,5 incrementano del 7% lla mortalità per ogni 5 μg/m3 in più.

 

Fonte: Sandro Fuzzi, Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima, Bologna, tel. 051/6399559 , email s.fuzzi@isac.cnr.it