Monna Lisa, verità e rappresentazioni
Nel 1911 Vincenzo Peruggia, decoratore italiano emigrato in Francia, rubò dal Louvre la Gioconda e il fatto di cronaca risvegliò l'attenzione del grande pubblico, che da poco cominciava a interessarsi dell'arte, frequentando musei e mostre. Il ritratto leonardesco è un'icona della pittura occidentale, ma esprime anche verità nascoste. Approfondiamo il tema con Eleonora Maria Stella dell'Istituto di scienze per il patrimonio culturale del Consiglio nazionale delle ricerche
La Monna Lisa è forse l'opera più nota della pittura occidentale. Dipinta all'inizio del XVI secolo da Leonardo da Vinci, ha avuto però un'esplosione di popolarità molto recente. "La Gioconda, per motivi artistici, storici ed estetici, ha assunto un'importanza e un forte significato identitario per l'Italia soprattutto a seguito del noto furto compiuto dal decoratore italiano emigrato in Francia Vincenzo Peruggia nel 1911", spiega Eleonora Maria Stella, ricercatrice dell'Istituto di scienze per il patrimonio culturale (Ispc) del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma, nonché editor del “Journal of Cultural Heritage”. "Il fatto di cronaca ebbe forte risonanza da parte della stampa e risvegliò l'attenzione del grande pubblico, che all'epoca cominciava a interessarsi all'arte, a frequentare i musei e le grandi mostre. Questo elemento va considerato per comprendere il contesto di quel furto e la sua percezione da parte dell'opinione pubblica italiana. Oggi la situazione è completamente cambiata, grazie al turismo di massa e al notevole interesse popolare degli eventi artistici”. In realtà l'opera, quando fu realizzata da Leonardo da Vinci, venne acquistata dal re di Francia Francesco I e sembra accertato che sia stato l'artista stesso a consegnare il dipinto al sovrano. Quindi, nessuno ha mai messo in discussione la legittimità della sua appartenenza alla nazione francese. Il fraintendimento nasce dal fatto di avere collegato il celebre dipinto al numero considerevole di opere (100 solo quelle provenienti dai Musei Vaticani), che Napoleone fece portare a Parigi durante la campagna d'Italia. Le opere dovevano essere esposte nel Museo del Louvre, che all'epoca si chiamava Musée Napoleon. Questa ingente spoliazione del nostro patrimonio artistico ebbe un notevole impatto nella nostra memoria collettiva".
Questo ingente trasferimento delle opere in Francia ha determinato un forte senso di rivalsa. "Probabilmente ha contribuito ad alimentare una certa rivalità culturale tra i due Paesi, anche se il primato del modello artistico italiano è stato da sempre riconosciuto da tutte le nazioni europee, perfino da quelle a noi nemiche come Austria e Germania, nel corso delle due guerre mondiali”, continua la ricercatrice del Cnr-Ispc. "Come è noto, le opere d'arte trafugate da Napoleone tornarono in Italia dopo il Congresso di Vienna e fu incaricato del recupero, come commissario papale, il celebre scultore Antonio Canova. In riferimento alla Gioconda, lo Stato italiano non ha mai preteso dalla Francia la sua restituzione. Al contrario di quanto è avvenuto, anche in tempi recenti, per i marmi del Partenone, la cui restituzione è stata richiesta in più occasioni e con decisione dalla Grecia al governo britannico e che, come la Gioconda, hanno assunto un valore identitario molto forte per la nazione che li ha prodotti, ma che giuridicamente e fisicamente non li possiede. In questo senso, si capisce la forte valenza immateriale che da sempre l'opera d'arte assume per la collettività. Tuttavia questo senso di appartenenza è superato dal principio basilare, ormai riconosciuto a livello mondiale, dell'appartenenza di un'opera all'intera collettività, in senso sovranazionale".
La spoliazione del nostro patrimonio storico-artistico ha origini molto antiche. "Si può far risalire già al XVII secolo, quando le nostre dinastie in declino decisero di vendere ad altri regnanti europei i pezzi più importanti delle loro collezioni. Mi riferisco, fra le tante, alla nota 'vendita di Dresda', avvenuta nel XVIII secolo. In quella occasione, oltre cento dipinti di straordinaria importanza della collezione Estense lasciarono per sempre il nostro Paese", conclude Stella. "Questa vendita da parte del duca di Modena all'Elettore di Sassonia è stata determinante per il collezionismo europeo e per le ricadute culturali che ha comportato, ma certamente ha prodotto una perdita molto significativa per il patrimonio artistico italiano. Questo discorso potrebbe proseguire fino a comprendere il Novecento con innumerevoli altri casi. Riguardo al settore archeologico arriviamo a tempi ancora molto recenti a causa del traffico illecito dei reperti. La Gioconda è uno dei tanti capolavori italiani a essere esposto in un museo straniero. Questa constatazione può far scaturire emozioni di rivalsa da parte degli italiani comprensibili solo a livello emotivo, che non hanno però alcun fondamento giuridico".
Fonte: Eleonora Maria Stella, Istituto di scienze per il patrimonio culturale , email eleonoramaria.stella@cnr.it