L’energia solare per tutti, dono della Cina
Mario Pagliaro dell’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati, ricorda come ne “Il Milione” Marco Polo descriva, tra l’altro, l’uso di alcune fonti energetiche ancora sconosciute in Occidente, come il carbone e il petrolio. Partendo da qui, evidenzia come oggi, invece, il navigatore Giovanni Soldini utilizzi per i suoi viaggi l’energia solare ottenuta da pannelli, il cui principale Paese produttore è proprio la Cina
Sono passati quasi 750 anni da quanto Marco Polo incontrava le “pietre ardenti” durante il suo viaggio verso la Cina, passando per le terre che erano parte dell’ex Impero Romano e che oggi identifichiamo come Medio Oriente. Così ne scriverà ne “Il Milione” (1298-1299): “Ancor vi dico che in questa Grande Erminia (Armenia) è l’arca di Noè in su una grande montagna, ne le confine di mezzodie in verso il levante, presso al reame che si chiama Mosul, che sono cristiani, che sono iacopini (giacobiti) e nestarini (nestoriani), delli quali diremo inanzi. Di verso tramontana confina con Giorgens (la Georgia) e in queste confine è una fontana, ove surge tanto olio e in tanta abondanza che 100 navi se ne caricherebboro a la volta. Ma non è buono a mangiare, ma sì da ardere, e buono da rogna e d’altre cose; e per tutta quella contrada non s’arde altr’olio”.
Marco Polo scrive dell’odierna Baku, ancora oggi sede di alcuni dei maggiori pozzi al mondo per l’estrazione di petrolio di altissima qualità. I Romani lo avevano chiamato olio della roccia (petra oleum). E già ne aveva scritto Plinio il Vecchio nel secondo libro della “Naturalis Historia”, in cui descriveva una fonte vicino ad Akragantium (Agrigento), da cui sgorgava un bitume oleoso che galleggiava sull’acqua, che gli abitanti raccoglievano per bruciarlo nelle lanterne e per curare la scabbia degli animali.
Quando brucia, il petrolio emette un fumo nero e denso e anche numerose sostanze tossiche: monossido di carbonio, ossidi di zolfo e di azoto e idrocarburi policiclici aromatici. Ma bruciando produce anche una grande quantità di calore perché ha un’altissima densità energetica pari a 10.000 calorie (unità di energia) per chilogrammo, quasi il triplo di quella del legno.
Come notava il viaggiatore veneziano, scrivendo che “100 navi se ne caricherebboro a la volta”, è esattamente il fatto che il petrolio sia liquido che ne consente il facile trasporto via nave o via tubo, come avviene con l’acqua. Ma il fatto che sia una fonte energetica primaria, distribuita in modo ineguale e dal costo elevato pone grandi e crescenti problemi di ordine geopolitico ed economico, oltre che ambientali e di salute pubblica.
Quando il navigatore dei nostri giorni Giovanni Soldini ancora pochi anni fa completava con successo la sua ennesima circumnavigazione in solitario degli oceani, a consentirgli di comunicare o di far funzionare i tanti apparecchi di bordo alimentanti dall’energia elettrica - inclusa la pompa per l’erogazione dell’acqua, il radar, l’illuminazione obbligatoria, le luci del salone, il frigorifero, il computer e la radio - era l’energia elettrica generata in silenzio e senza inquinare dalla luce solare convertita in elettricità grazie alle celle solari al silicio installate a bordo. Oggi quasi tutte prodotte nel Catai visitato da Marco Polo.
E sono stati proprio gli enormi progressi industriali e tecnologici realizzati nel corso degli ultimi 15 anni in Cina (2008-2023) a far sì che queste celle assemblate fra loro in moduli facilmente trasportabili (“pannelli”) siano divenute accessibili a tutti. Non solo quindi al grande navigatore velista sponsorizzato da importanti aziende internazionali, ma anche agli abitanti dei villaggi dell’Africa interna o a quelli dei villaggi alle pendici dell’Himalaya. I quali, non ancora raggiunti dalla rete elettrica, ormai da tempo e sempre più numerosi autoproducono gratuitamente l’energia elettrica per illuminare, collegarsi a internet e persino per irrigare (in Africa), grazie al costo ormai accessibile della tecnologia fotovoltaica, possibile grazie all’enorme produzione cinese di celle e moduli solari. Mentre l’Italia, da cui Marco Polo partì, ha visto lo scorso anno installate quasi interamente sui tetti di abitazioni, aziende, uffici e su ogni genere di edifici la maggiore quantità di tali celle solari mai installate in un singolo anno solare.
Potremmo parlare del cibo nazionale che Marco trovò arrivando in Catai - il riso - e come dalla lolla (involucro che ricopre il chicco) del riso sia possibile ottenere facilmente silicio purissimo (di grado solare) con cui realizzare le celle solari. Ma questa è un’altra storia, che riguarda la chimica e la bioeconomia, largamente progredite anche al Cnr.
Fonte: Mario Pagliaro, Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati, mario.pagliaro@cnr.it