Il mare, con un occhio ai fondali
Lo scorso dicembre la nave oceanografica Gaia Blu del Cnr ha portato a termine la sua prima campagna scientifica nel Mar Ionio, per esplorare le profondità marine e proporre nuove metodologie di indagine e collaborazione. Le osservazioni sono state acquisite con strumenti di rilevazione molto precisi per studiare grandi temi, dall’evoluzione geologica dei fondali alla contaminazione di microplastiche e inquinanti. Ce ne parla Marzia Rovere dell’Istituto di scienze marine del Cnr, che ha guidato la missione
Marco Polo, il viaggiatore italiano più famoso, nel XIII secolo raggiunse la Cina lungo la “Via della seta”, attraverso territori all’epoca inesplorati. Un viaggio che si sviluppò per la maggior parte via terra, anche se il suo ritorno a casa avvenne soprattutto via mare, con una flotta di 14 giunche che da Costantinopoli navigarono fino a Venezia nel 1295. Nei secoli successivi i grandi navigatori raggiunsero continenti allora sconosciuti, come le Americhe, l’Oceania, l’Antartide, e solo agli inizi del secolo scorso una manciata di intrepidi esploratori ha conquistato i Poli.
Oggi le terre emerse del Pianeta sono tutte conosciute e spesso raggiungibili in poche ore di aereo. Rimangono tuttora però territori sconosciuti: i fondali marini. “I fondali marini sono mappati con sistemi acustici moderni solo nel 25% della loro estensione globale. Di questa percentuale, si conosce in modo approfondito solo una piccola porzione, mentre per la maggior parte rimangono inaccessibili”, spiega Marzia Rovere dell’Istituto di scienze marine (Ismar) del Cnr. “Attualmente gli abissi oceanici a oltre i 200 metri di profondità si analizzano soprattutto grazie a spedizioni condotte su navi oceanografiche, attrezzate con strumenti e tecnologie in grado di studiare il ruolo dell’oceano profondo nella mitigazione del cambiamento climatico, la complessa relazione tra i processi geodinamici e l’instaurarsi della vita in condizioni fisico-chimiche estreme e l’entità dell’impatto antropico nelle profondità marine”.
Di questi temi si occupa la nave Gaia Blu del Cnr che, tra novembre e dicembre 2023, ha portato a termine la sua prima campagna scientifica interdisciplinare “Processes in the IONian Sea: Exploring, Experimenting, Researching” (Pioneer) nel Mar Ionio. “All’interno del Mar Mediterraneo, lo Ionio si presta allo studio delle interazioni tra idrosfera/geosfera/biosfera/atmosfera perché si trova al centro dello scambio di masse d’acqua tra i bacini occidentale e orientale, è attraversato dal limite di placca tra Africa ed Europa, è il bacino più profondo ed ospita le aree più remote della regione, dove le sfide tecniche e tecnologiche per una nave oceanografica e le sue molteplici applicazioni sono maggiori”, precisa l’esperta. “Una nave oceanografica, infatti, ha un’autonomia di navigazione che dipende da diversi fattori, tra cui le dimensioni, la tipologia della strumentazione e delle attività che si sviluppano a bordo, la distanza che deve percorrere e quindi il consumo di carburante”.
Durante i 22 giorni di navigazione della Pioneer sono state esplorate 3.600 miglia nautiche in un’area di circa 130.000 km quadrati, scandagliando profondità fino a 4.000 metri sotto il livello del mare. “Durante la campagna sono stati acquisiti dati batimetrici, di riflettività del fondo e della colonna d’acqua, profili sismoacustici per ricostruire i processi sedimentari lungo i fondali marini. I sedimenti sono stati campionati per ricostruire la paleoceanografia e il paleoclima del Mediterraneo nelle ultime decine di migliaia di anni”, aggiunge Rovere. “Il fondo marino è stato campionato per studiare il trasporto dei contaminanti e misurare l’accumulo di microplastiche sui fondali. Inoltre, questi sedimenti sono stati campionati per definire le caratteristiche biologiche di particolari ambienti deposizionali e per scattarne una fotografia attraverso il Dna ambientale. La morfologia abissale del Mar Ionio è infatti caratterizzata dalla presenza di vulcani di fango e strutture legate alla circolazione di fluidi nel sottofondo che registrano, preservano e rivelano le interconnessioni tra geosfera profonda, idrosfera e biosfera e contribuiscono al ciclo del carbonio dell’oceano”.
Le attività inserite nella campagna Pioneer hanno riguardato anche il campionamento e l’analisi delle proprietà chimico-fisiche della colonna d’acqua, la stratificazione e il mescolamento verticale tra le sue diverse masse d’acqua. “Durante la profilazione sono stati misurati: temperatura, salinità, ossigeno disciolto, fluorescenza e proprietà ottiche intrinseche. Le analisi dei campioni d’acqua si concentreranno sul carbonio disciolto”, chiarisce l’esperta. “Inoltre, analisi di Dna ambientale con eDna metabarcoding verranno effettuate su batteri, metazoi e zooplancton, quest’ultimo campionato con dei retini, per caratterizzare dal punto di vista ecologico i siti abissali. Per la misurazione delle proprietà ottiche della parte più superficiale del mare sono stati impiegati radiometri e strumenti ottici sia con calate puntuali che con un sistema di pompaggio e filtraggio in continuo, capace di analizzare un insieme di parametri dell’acqua indicatori del suo stato di salute”.
Oltre al loro utilizzo scientifico, questi dati sono fondamentali per inter-calibrare i dati delle sonde derivanti della flotta Euro-Argo Eric, una delle quali è stata rilasciata durante la campagna Pioneer e per la calibrazione degli algoritmi usati nell’elaborazione delle immagini satellitari che il Cnr produce per il servizio operativo marino del programma europeo Copernicus. “Durante la navigazione sono stati effettuati anche dei transetti di osservazione delle macro-plastiche utili a fare training su algoritmi di Intelligenza Artificiale per il riconoscimento automatico di questi inquinanti flottanti sulla superficie del mare. In sintesi, la Gaia Blu, con le sue spedizioni oceanografiche, è in grado di studiare i grandi temi del mare profondo: l’evoluzione geologica del fondo marino, la microbiologia e la biodiversità di ambienti marini profondi, la dinamica e il mescolamento delle masse d’acqua, i cambiamenti climatici e la contaminazione in ambiente marino profondo da microplastiche e contaminanti”, conclude Rovere.
Fonte: Marzia Rovere, Istituto di scienze marine (Ismar) del Cnr, marzia.rovere@bo.ismar.cnr.it