Nel 1961 Emilio Sereni pubblicò la “Storia del paesaggio agrario italiano”, che doveva costituire la prima tappa di un ambizioso progetto scientifico. Tuttavia gli altri volumi non vennero realizzati e la stessa Storia ebbe difficoltà a trovare una collocazione editoriale, fu rifiutata da alcune delle case editrici più importanti. A costituire un problema era il ricco apparato di immagini che però formavano la grande novità dell’opera in qualità di fonti primarie dell’indagine. Il testo faceva dialogare cioè le metodologie utilizzate da Marc Bloch nei “Caratteri originali della storia rurale francese” e del resto gli apparati iconografici svolgevano un ruolo di primo piano anche nel caso di “The Making of the English Landscape” (1954) di William Geroge Hoskins. Erminia Irace e Manuel Vaquero Piñeiro partono da questi illustri precedenti editoriali nel loro “I paesaggi dell’Italia moderna” (Carocci), per poi passare a quelli legislativi e culturali.
Nel 1922 la legge 778, per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di interesse storico, fortemente voluta da Benedetto Croce, all’articolo 1 aveva dichiarato soggette a speciale protezione anche “le bellezze panoramiche”. In sintonia con le teorizzazioni di Charles Lalo in Francia e di Georg Simmel in Germania, Croce aveva elaborato la convinzione che esse fossero non soltanto natura ma anche storia. I medesimi convincimenti furono poi alla base della legge 1497 sulla Protezione delle bellezze naturali emanata nel 1939.
Con la Costituzione repubblicana che si verificò un importante salto di qualità. L’articolo 9, di cui furono relatori Aldo Moro e Concetto Marchesi, stabilì infatti che “la Repubblica” (…) tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Arrivarono poi la Convenzione europea adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa nel 2000 e l’Unesco – che nel 1972 aveva promosso la Convenzione per la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale – con una capillare assegnazione di riconoscimenti che, in Italia, ha condotto all’attribuzione del titolo di “paesaggio culturale” per otto siti, tra i quali la costiera amalfitana, le ville e i giardini medicei e i paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero Monferrato e colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene.
In Italia numerosi elementi di novità riguardanti il paesaggio cominciarono a manifestarsi nel corso del Trecento: la lunga età moderna prescelta come griglia di riferimento offre pertanto la possibilità di ricostruire la progressiva configurazione del concetto di paesaggio prima dei processi di urbanizzazione verificatisi nel XIX e nel XX secolo. Il saggio si sviluppa in quattro capitoli tematici. Il primo esamina il paesaggio dal punto di vista delle azioni intraprese dalle autorità politiche degli Stati italiani, il secondo presenta lo sfaccettato mondo agricolo italiano, con il terzo si entra nell’ambito più prettamente storico-culturale, mentre il quarto tenta di costruire un’interpretazione complessiva. “Questa fortuna attuale del paesaggio è un fenomeno internazionale”, constatano gli autori. “È legittimo tuttavia interrogarsi sulle specifiche modalità che hanno sorretto la costruzione del paesaggio in Italia. Sulla base di questo presupposto e tenendo presente il panorama sopra delineato così articolato e ricco di suggestioni si origina il nostro volume, che costituisce l’ideale continuazione del testo di Riccardo Rao (2015)”.
Titolo: Storia del paesaggio agrario italiano
Categoria: Saggi
Autore: Erminia Irace e Manuel Vaquero Piñeiro
Editore: Carocci
Pagine: 332
Prezzo: 25,00