Italia ingrata con i suoi innovatori
di Marco FerrazzoliAbbiamo una straordinaria capacità di ricerca ma scarsa efficacia nel metterla a sistema, l'opposto di Paesi come gli Stati Uniti, abili proprio nel collegamento applicativo tra ingegno e ricchezza. Massimo Sideri tratteggia in 'La sindrome di Eustachio' una storia delle nostre scoperte dimenticate. Da Antonio Meucci a Giulio Natta
Esiste già un'importante bibliografia - da Piero Angela a Vannevar Bush, per limitarci alle prime due lettere dell'alfabeto - sulla scarsa capacità italiana di mettere a sistema e rendere produttiva la propria straordinaria capacità di ricerca e sull'esempio opposto di Paesi, come gli Stati Uniti, eccellenti proprio nel collegamento applicativo che trasforma l'ingegno in benessere, sviluppo e ricchezza. Proprio perché “Siamo innovatori, ma senza memoria”, come scrive Massimo Sideri ne 'La sindrome di Eustachio', ogni nuovo remind in tal senso è però benvenuto. Il giornalista del Corriere della sera ha tratteggiato in questo volume una “Storia italiana delle scoperte dimenticate”, oppure “dell'innovazione e di un orgoglio dimenticato”, che inanella alcuni esempi classici.
Un “Campione di questa memoria ingrata” è per esempio Antonio Meucci, riconosciuto come inventore del telefono dalla Camera statunitense, su iniziativa di un deputato italoamericano, 113 anni dopo essere stato defraudato del brevetto da Alexander Graham Bell. Mecci, che finì i suoi giorni in povertà a New York, era una figura nota ai ragazzi di mezzo secolo fa, grazie anche a un'ottima interpretazione televisiva di Paolo Stoppa, ma che ai giovani di oggi probabilmente non dice nulla. L'oblio è peraltro il destino di molti inventori: coloro che hanno contribuito alla nascita delle reti digitali, dai militari di Arpanet agli scienziati del Cern dov'è nato il web, non hanno un briciolo della notorietà arrisa agli imprenditori che hanno realizzato i loro imperi economici grazie a Internet. Discorso analogo vale per Martin Cooper, l'uomo al quale si deve il cellulare, morto di recente. E che dire di Giulio Natta, il chimico che ci ha dato la plastica, invenzione sulla quale l'Italia seppe peraltro costruire anche un imponente indotto industriale? La “stabilizzazione dei polimeri” gli è valsa il Nobel (uno dei purtroppo pochissimi premi italiani 'al cento per cento' nelle discipline scientifiche) ma secondo un sondaggio di Observa, che avrebbe meritato la citazione nel libro di Sideri, appena un quinto del campione ricorda che Natta è stato insignito dall'Accademia svedese, mentre molti più italiani indicano erroneamente come premiata Margherita Hack.
A proposito di errori, e per tornare a Meucci, 'La sindrome di Eustachio' ricorda come la natia Firenze lo onori in una targa toponomastica come 'fisico', mentre non lo era affatto. La stessa considerazione si potrebbe fare per Guglielmo Marconi (un caso da manuale, curiosamente escluso dal saggio), del quale pochi sanno che non si è mai laureato e che non ha neppure 'scoperto' qualcosa in senso stretto. Fu però il primo a tradurre le onde radio in un mezzo tanto rivoluzionario che un impiegato dell'ufficio brevetti italiano rifiutò di depositarne l'invenzione. Marconi dovette così 'emigrare' nel Regno Unito, impiantandovi la propria società e contribuendo alla fortuna della marina britannica. La vicenda marconiana esemplifica bene anche come il genio si abbeveri spesso alla serendipità, quanto l'avanzamento umano derivi da un coacervo di caso e programmazione, di individualismo e collaborazione. Un'altra ragione che spiega l'iniqua distribuzione di fama, meriti e ricchezza tra gli uomini che concorrono all'innovazione.
“È un dilemma vecchio come il mondo quello della tecnologia: chi ha inventato la ruota ha cambiato la storia dell'umanità, ma possiamo essere certi che non ha guadagnato nulla da essa”, osserva Sideri. “Se però la diagnosi è relativamente facile”, molto più complesso è cercare la cura. “Certo, dobbiamo intenderci sull'uso dei termini: l'innovazione, intesa come ricerca scientifica, brucia generalmente soldi. L'innovazione, intesa come conquista del mercato, li produce”, osserva l'autore. Un esempio? Steve Jobs: non ha inventato l'mp3, che è il risultato di un progetto europeo guidato dal torinese Leonardo Chiariglione, ma ha rivoluzionato l'ascolto della musica con l'iPod.
In questo groviglio complesso e confuso gli italiani spiccano per originalità, intuizione, brillantezza, certo non per sistematicità. Un po' come nella scena del simpatico film 'Intrigo a Stoccolma' in cui il medico americano che sta per ricevere il Nobel, convinto che l'italiano premiato ex equo sia un truffatore, si ricrede quando vede il collega rianimare un infartuato usando due fili elettrici trovati all'impronta. Le citazioni filmiche non sembrino fuori luogo, considerato che Sideri cita tra gli innovatori italiani anche cineasti come Dino De Laurentiis e Sergio Leone.
titolo: La sindrome di Eustachio
categoria: Saggi
autore/i: Sideri Massimo
editore: Bompiani
pagine: 176
prezzo: € 11.00