Cinescienza: Domande

Non ci resta che studiare

Una scena del fil Non ci resta che piangere
di Danilo Santelli

Siamo nel paese immaginario di Frittole intorno al 1500, un insegnante (Roberto Benigni) e un bidello (Massimo Troisi) si ritrovano inspiegabilmente intrappolati in un susseguirsi di eventi esilaranti, tra i quali un incontro con Leonardo da Vinci. In "Non ci resta che piangere" i due protagonisti si improvvisano sedicenti scienziati, ma con scarsa fortuna. Grazie a questo film affrontiamo una riflessione sulla scienza e la tecnologia con Emilio Fortunato Campana, direttore del Dipartimento di ingegneria, Ict e tecnologie per l’energia e i trasporti
 

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Nel 1984 Roberto Benigni e Massimo Troisi dirigono e interpretano “Non ci resta che piangere”, un film nel quale vestono rispettivamente i panni di un insegnante e di un bidello di scuola elementare, che a loro insaputa affrontano un viaggio a ritroso nel tempo, fino al 1492. Persa la speranza di ritornare al presente, dapprima scrivono una sgangherata lettera a Girolamo Savonarola per invocare la liberazione di un loro amico incarcerato; poi intraprendono un viaggio verso la Spagna, per fermare la partenza delle caravelle di Cristoforo Colombo ed evitare così un fidanzamento sgradito. Incontrano poi casualmente Leonardo da Vinci  fingendosi scienziati. Ma la cosa non riesce, i due si rendono conto di non essere in grado di realizzare né di spiegare alcuna scoperta moderna, si tratti del treno o dello sciacquone del bagno.

Pensando anche a oggetti molto semplici, di uso comune e molto diffusi come il trolley o il pelapatate, stupisce in effetti come queste invenzioni siano arrivate relativamente tardi sul mercato. “Parafrasando una citazione di Thomas Edison, il genio è solo per l’1% talento naturale, mentre per la restante parte è sudore e sacrificio. Certo, intuito e capacità sono fondamentali, ma altrettanto importanti sono lo studio e l’attitudine all’applicazione, per acquisire gli strumenti necessari allo sviluppo di nuove idee e scoperte. E questo vale in qualsiasi campo”, spiega Emilio Fortunato Campana, direttore del Dipartimento di ingegneria, Ict e tecnologie per l’energia e i trasporti (Diitet) del Consiglio nazionale delle ricerche. “Ma le scoperte possono avvenire anche per caso, nel tentativo di cercare qualcos’altro: questo processo prende il nome di serendipità. Il teflon fu scoperto cercando di realizzare un nuovo refrigerante. E dopo aver avuto uno sviluppo nel campo aerospaziale, oggi lo troviamo dappertutto, dalla medicina alla cucina. In generale, le invenzioni puntano a un’applicazione industriale, partendo da un’esigenza specifica di mercato, e devono sempre garantire il ritorno economico in relazione all’investimento sostenuto. Ma non è detto che un’idea, matura in termini di realizzazione, incontri sempre un mercato pronto ad accoglierla. Si pensi all’auto elettrica, i cui primi modelli nacquero nel 1800, e che soltanto oggi sta vivendo un periodo di grande sviluppo e diffusione”.

Massimo Troisi (Mario) sulle spalle di Roberto Benigni (Saverio), in una scena del film

Se si dovesse scegliere un periodo simbolo del progresso scientifico, l’arco temporale che va dalla fine del 1800 ai primi del 1900 è stata forse la fase più importante per lo sviluppo scientifico e tecnologico. "In quel momento storico si è incominciato ad abbandonare la concezione deterministica, che delineava un binomio inscindibile tra causa ed effetto, in favore di un approccio quantistico e stocastico, che ha rivolto l’attenzione alla dimensione atomica e subatomica della materia e alla casualità degli eventi", prosegue il Direttore del Cnr-Ditec. "A oggi, il settore che ritengo abbia fatto i più importanti passi in avanti, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, è quello delle tecnologie applicate alla biologia, in particolare le tecnologie per il sequenziamento del Dna. Un campo che lega strettamente tre ambiti: matematica, biologia e ingegneria. Quando sapremo modellare anche matematicamente le relazioni che intercorrono tra le cellule, saremo probabilmente in grado di eliminare la sperimentazione sugli animali e trovare le cure per molte altre malattie. E forse anche dei sistemi che ci consentano di allungare ulteriormente la nostra aspettativa di vita".

Oggi la responsabilità più grande che hanno scienziati e sviluppatori di tecnologie è nei confronti del nostro Pianeta e delle specie che lo abitano, inclusa la nostra. "Il grande mutamento di cui occorre farsi interpreti riguarda la tecnologia, che non può più essere incentrata soltanto sull’individuo, ma sulla relazione tra gli esseri umani, le istituzioni sociali e la natura in tutte le sue manifestazioni. Il grado di ‘ragionevolezza’ di una tecnologia deve necessariamente dipendere dalla misura in cui essa si armonizza con la totalità di questi elementi”, conclude Campana.