Cinescienza: Natura amica

Parla coi lupi

Una scena del film Il libro della giungla
di Danilo Santelli

“Il libro della giungla” è un film d’animazione della Disney, tratto dall’omonimo romanzo di Kipling, che racconta la storia di un ragazzino allevato dai lupi e che ha vissuto la sua infanzia nella giungla assieme a due speciali compagni di viaggio: una pantera e un orso. Il rifacimento in live action, girato dal regista Jon Favreau, ci offre l’opportunità per parlare con Emiliano Mori dell'Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Cnr di come l’uomo possa adattarsi a vivere in un ambiente costituito unicamente da animali

Pubblicato il

Il regista statunitense Jon Favreau dirige nel 2016 il film “Il libro della giungla”, rifacimento dell’omonimo film d’animazione uscito nel 1967 per Walt Disney, ispirato al romanzo d’avventura scritto a fine Ottocento dal britannico Rudyard Kipling. Protagonista è Mowgli, interpretato dall’attore Neel Sethi, un ragazzino cresciuto in un branco di lupi nella giungla indiana nella quale, con l’aiuto della pantera Bagheera e dell’orso Baloo, affronta e riesce a superare le insidie portategli dalla tigre Shere Khan.

Questa storia di fantasia rappresenta una suggestione - quella dell’uomo allevato dagli animali in natura - che è presente anche in alcuni eventi di cronaca del passato, talvolta di discutibile attendibilità. “Il cinema e anche la letteratura hanno più volte narrato di bambini allevati da animali ma, per quanto riguarda la realtà, i casi che nel corso del tempo sono stati raccontati e documentati hanno contorni più sfumati e sono stati spesso oggetto di dibattito e di diatribe tra storici, antropologi e psicologi. Nel corso dei secoli sono stati diversi i bambini ritrovati in condizioni selvagge che hanno mostrato comportamenti animaleschi, al punto tale da far credere che possano essere vissuti in ambienti naturali abitati esclusivamente da animali. Tuttavia, molti di questi casi sono stati messi in dubbio a causa di testimonianze contraddittorie, mancanza di prove concrete e possibili distorsioni determinate dalle influenze culturali: le storie di bambini selvaggi, come quella dei gemelli Remo e Romolo allattati da una lupa, radicate in miti e leggende, spesso riflettono paure e desideri inconsci insiti nella natura umana”, spiega Emiliano Mori dell'Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri (Iret) del Cnr.

Locandina del film Il libro della giungla

La possibilità di sopravvivenza in ambienti ostili all’uomo, in modo particolare per quanto riguarda un bambino, è messa a repentaglio dalla presenza di numerosi pericoli potenziali, quali l’insorgenza di malattie, l’attacco da parte di animali predatori e condizioni climatiche avverse. “Va detto che i giovani che sono riusciti a sopravvivere in ambienti selvatici per lunghi periodi hanno successivamente mostrato enormi difficoltà di riadattamento alla società umana. Spesso hanno presentato gravi carenze cognitive, linguistiche e sociali, a dimostrazione di quanto sia importante l’interazione umana precoce per lo sviluppo del cervello. È fondamentale chiarire che l’imprinting, una particolare forma di apprendimento, è un fenomeno che si verifica principalmente nelle prime fasi di vita, quando il sistema nervoso è estremamente plastico e recettivo a nuovi stimoli”, prosegue il ricercatore.

Negli adulti, questa funzionalità è drasticamente ridotta, in ragione dei condizionamenti sociali e delle esperienze precedentemente accumulate, rendendo più difficile l'instaurarsi di legami così forti e immediati come quelli che si formano durante l'imprinting infantile. Tuttavia, ciò non significa che un adulto non possa essere influenzato da un'esperienza prolungata in un ambiente animale. “Un adulto potrebbe adottare comportamenti e abitudini tipiche degli animali con i quali convive, quali schemi di movimento, pattern di attività e modalità di comunicazione, ma la sua capacità di razionalizzare e comprendere le proprie azioni lo differenzierà sempre da un animale. Di certo, un’esperienza prolungata potrebbe portare a una diversa percezione del mondo, con una maggiore sensibilità agli stimoli ambientali, ai ritmi naturali e ai cicli stagionali. Un persistente isolamento e la mancanza di interazione sociale con altri esseri umani potrebbero poi avere un impatto significativo sulla psiche dell'adulto, influenzando la sua capacità di relazionarsi con gli altri e di comprendere e razionalizzare le norme sociali”, conclude Mori.