La resistenza per il cambiamento
"Gandhi" è il film di Richard Attenborough incentrato sulla vita dell’omonimo attivista politico che, con la sua azione non violenta, ha guidato l’India verso un’evoluzione multidimensionale, accompagnando il passaggio dal colonialismo britannico all’indipendenza. Un Paese che oggi, al netto di tutte le sue contraddizioni interne, affronta le sfide della contemporaneità forte dell’eredità di questo grande personaggio. Ne abbiamo parlato con Maurizio Gentilini, ricercatore dell’Istituto di storia dell’Europa mediterranea del Cnr
Nel 1982 il regista e attore inglese Richard Attenborough, fratello del divulgatore scientifico David, ha diretto il biopic “Gandhi”, nel quale racconta la vita dell’indiano Mahatma (la Grande Anima) Gandhi, interpretato magistralmente dall’attore anglo-indiano Ben Kingsley. La storia del film - che ha raccolto complessivamente otto premi Oscar - parte dalla fine, dall’assassinio di Bapu (altro soprannome con il quale era conosciuto, che significa padre) avvenuto per mano di un giovane fanatico indù, che gli sparò diversi colpi di pistola, per poi ripercorrere alcune tappe significative della sua vita: dall’attività di avvocato e attivista in Sudafrica al ritorno in patria, fino al raggiungimento dell’indipendenza dell’India.
“Numerosi sono i ruoli che Gandhi ha rivestito nel corso della sua vita, dimostrando di essere un pensatore originale, slegato dalle scuole filosofiche tradizionali, che ha proposto ideali capaci di farsi spazio nelle culture di tutto il mondo, soprattutto per ciò che riguarda l’universalità dei diritti umani e civili. È stato un leader politico capace di emergere in un contesto complesso e problematico, come quello dell’ultima fase coloniale britannica in India, attuando il metodo della nonviolenza in un periodo storico che ancora individuava nella guerra e nei metodi violenti un modo normale di praticare la politica e di esercitare il potere. Alla base del suo pensiero c’era il concetto di ‘Satyagraha’, la forza della verità - che promuoveva la resistenza non violenta per combattere l'ingiustizia - e l'importanza della pace, della tolleranza religiosa e della convivenza. Tutti questi elementi confluivano in una visione che univa etica, spiritualità e politica”, spiega Maurizio Gentilini dell’Istituto di storia dell’Europa mediterranea (Isem) del Cnr.
La figura di Gandhi, che con il suo movimento di disobbedienza civile raccolse molto consenso popolare, creò i presupposti per il processo di decolonizzazione del suo Paese, dopo centinaia di anni di dominio da parte di potenze coloniali quali Olanda e Francia, prima della Gran Bretagna. “Questo personaggio è stato determinante per il raggiungimento dell’indipendenza indiana, grazie alla sua autorevolezza morale e politica, che proveniva dalla ferma applicazione del metodo nonviolento e dalla chiarezza ed efficacia delle sue proposte di obiezione e protesta. Un’applicazione che si esplicitò attraverso campagne di disobbedienza civile e mobilitazione popolare pacifica, come quella contro la tassazione nel 1930, conosciuta come la ‘marcia del sale’, nonché la lotta contro il monopolio produttivo e commerciale britannico attraverso il boicottaggio di molti prodotti. Queste proteste intercettarono in anticipo le grandi mutazioni del quadro politico globale, con la crisi degli imperi coloniali e le lotte per l’indipendenza di molti Paesi dopo la fine della Seconda guerra mondiale”, prosegue il ricercatore del Cnr-Isem.
L’indipendenza raggiunta nel 1947 ha innescato cambiamenti politici, economici e sociali profondi i cui effetti, strettamente legati all’eredità di Gandhi, arrivano sino ai giorni d’oggi, guardando all’evoluzione che sta affrontando questa nazione. “L’affrancamento dalla Gran Bretagna ha permesso all’India di diventare una repubblica democratica con un sistema parlamentare sul modello britannico e una costituzione a tutela dei diritti fondamentali, garantendo la coesistenza di numerosi gruppi etnico-linguistici di differenti religioni. Nel corso dei decenni, l’India si è affermata come una delle economie in più rapida crescita, con un ruolo significativo nel commercio e nella politica globale, diventando uno dei Paesi leader per lo sviluppo tecnologico, l’industria pesante e la produzione di energia. Nonostante i processi di globalizzazione e la laicizzazione interna, molti ideali e valori gandhiani permangono ancora, influenzando la società e la politica contemporanee”, precisa Gentilini. “La tolleranza, la convivenza e la nonviolenza, seppure in un contesto di povertà diffusa e di tensioni sociali, rimane ben presente nella cultura indiana, ispirando istituzioni e organizzazioni civili e religiose. Così come la lotta alle discriminazioni, con l’abolizione - sebbene soltanto formale - delle caste e l’impegno per l'uguaglianza e l'inclusione”.
La coerenza tra vissuto personale e proposta etico-politica appare uno dei tratti fondanti del fascino e dell’influenza esercitati dal Mahatma su intere generazioni di suoi connazionali e di cittadini del mondo. “Il suo stile di vita, ispirato a semplicità, sobrietà, spiritualità e azione sociale, viene tutt’oggi considerato un’alternativa virtuosa al materialismo e al consumismo. Nonostante le molte contraddizioni che permangono, Gandhi resta un simbolo e una guida morale potenzialmente vincente per l’India e le sue aspirazioni di progresso sociale e di protagonismo nel contesto internazionale”, conclude il ricercatore. “Pensando alla forza della partecipazione popolare tanto sostenuta da Gandhi, oggi possiamo forse considerare l’India come la più grande democrazia del mondo, in un momento nel quale prevalgono autocrazie e sistemi di governo più o meno totalitari. Non va dimenticato che l’eredità di Gandhi in India è la combinazione di ideali radicati e sfide a problematiche reali, capaci di bilanciare e far convivere modernizzazione e tradizioni”.