Saggi

Si fa presto a dire “macchie”

di Marco Ferrazzoli

Il test di Rorschach è secondo i detrattori un semplice gioco di società, secondo altri un efficace test di personalità. È usato in tribunale, per le selezioni del personale, nelle cause famigliari e nelle cliniche psichiatriche. Del suo ideatore, però, finora non esisteva una biografia esaustiva. Ci ha pensato Damion Searls

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Probabilmente sono i dieci dipinti più analizzati del XX secolo, anche se molte persone non li hanno mai visti, poiché il codice impone agli psicologi di tenerli “al sicuro”. Le macchie di Rorschach sono per i detrattori un semplice gioco di società, “un'imbarazzante vestigia pseudoscientifica” che avrebbe dovuto essere cassata “assieme al siero della verità e alla terapia dell'urlo primario”, secondo altri un metodo capace di indurre chi vi si sottopone a mostrare lati di sé che altrimenti restano celati. “Nonostante le pluriennali controversie il test di Rorschach a oggi è usato in tribunale”, annota l'autore, “e viene somministrato in tutto il mondo nell'ambito di selezioni del personale, processi per l'ottenimento della custodia dei figli e nelle cliniche psichiatriche”. L'ideatore delle macchie era un giovane psichiatra e artista svizzero nato nel 1884, Hermann Rorschach, del quale finora non esisteva una biografia esaustiva. Damion Searls ha colmato il buco con 'Macchie di inchiostro': quasi 500 pagine arricchite da molte belle illustrazioni e divise circa a metà tra il racconto partecipe ed efficace della vita e la storia, un po' prolissa, del successo postumo negli Usa.

Soprannominato 'Klex' (che significa macchia!), Hermann dimostrò sin da ragazzo diverse abilità e una forte passione per l'arte, ereditata dal padre. Studiò nell'epoca in cui Freud ancora non era famoso ed ebbe quali maestri Carl Gustav Jung ed Eugen Bleuler. Il suo modello fu soprattutto Bleuler: clinico importante, tra l'altro coniò la denominazione di schizofrenia, fu il mentore di diverse generazioni di psichiatri. Nel monastero-manicomio elvetico dove operava, faceva visita ai pazienti anche sei volte al giorno, parlando per ore persino con i catatonici. Se oggi appare “impensabile che uno psichiatra non parli la stessa lingua del suo paziente lo dobbiamo soprattutto a Eugen Bleuler”, annota Searls, che “è stato ingiustamente dimenticato” perché “Jung l'ha cancellato dalla storia” cercando “in tutti i modi di guadagnarsi la fiducia di Freud” per prenderne il posto.

Rorschach non fu né il primo né l'unico in psicologia a esplorare l'uso diagnostico delle immagini. All'epoca, anzi, l'estetica era considerata anche una disciplina scientifica, come attestano termini e concetti quali anestetico, sinestetico e cinestetico, nonché figure chiave come Robert Vischer e il poeta John Keats, che studiò medicina e neurologia.

Il principale predecessore di Rorschach fu Justinus Kerner, con le sue “Klecksographien”. Ma anche il giovane Jung si divertiva a dare “interpretazioni fantastiche” alle macchie di inchiostro. Mentre lo psichiatra francese Alfred Binet nel 1895 sistematizzò un metodo simile per misurare l'immaginazione dei bambini in età scolare. Rorschach cominciò a usare le macchie per studiare le mutazioni percettive,  sperimentando con il tempo altri test visuali e superando problemi pratici e metodologici: scelta della simmetria verticale, uso del rosso come colore caldo dopo il bianco e nero, adozione di immagini dal significato reale quali orsi e pipistrello, semplificazione della domanda nelle formule “Cosa è questo? Cosa potrebbe essere?”. Il risultato degli esami veniva elaborato in relazione a parametri quali forma, colore, movimento, dettaglio, risposte globali, forme cattive.

Il test funzionava, anche se il suo autore “non sapeva perché”. Arrivò infatti alla pubblicazione di “Psicodiagnostica” soltanto nel 1921, l'anno prima della sua improvvisa e precoce morte, avvenuta dopo una settimana di dolori atroci per una peritonite non diagnosticata neppure dalla moglie medico. Prima di quell'unico testo scientifico, che sortì anche feroci stroncature, era uscita sulle macchie solo la tesi di laurea di un allievo. Ma sul piano pratico il successo del metodo fu immediato, e dilagante già quando Rorschach era in vita: Bleuler fu tra i primi a somministrarlo, poi lo si impiegò quale metro di valutazione dell'attitudine accademica e dei tiratori scelti. Il maggiore successo le macchie lo conobbero negli Stati Uniti: furono usate dall'esercito nel 1941, al processo di Norimberga, furono citate su Life e nel film 'Lo specchio scuro' con Olivia de Havilland, vi si ispirarono Jackson Pollock, Ray Bradbury, Andy Warhol. Le hanno citate Hillary Clinton e Barack Obama, sono divenute persino oggetto di un fumetto.

 

titolo: Macchie di inchiostro
categoria: Saggi
autore/i: Searls Damion 
editore: Il Saggiatore
pagine: 520
prezzo: € 29.00

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