Saggi

Alberto Manzi, la pedagogia in bianco e nero

Copertina del libro L'avventura di un maestro
di M. F.

Tra i maggiori protagonisti italiani nella didattica e nella divulgazione, è noto soprattutto per “Non è mai troppo tardi”, andato in onda dal 1960 al 1968. Ma la celeberrima trasmissione per adulti analfabeti è solo una parte di quanto Manzi ha fatto. Collaboratore al “Vittorioso”, reporter dall'Amazzonia, autore di “Orzowei”, romanzo tradotto in molte lingue e in una versione tv molto fortunata. Di lui parla il volume “Alberto Manzi. L'avventura di un maestro” (Bologna University Press) scritto da Roberto Farnè

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La seconda edizione ampliata del libro di Roberto Farnè “Alberto Manzi. L'avventura di un maestro” consente di ricordare nel centenario dalla nascita, appena compiuto, uno dei protagonisti italiani della pedagogia, della didattica e della divulgazione, accanto a figure come Don Milani, Gianni Rodari e Piero Angela e a esperienze quali il film “Diario di un maestro”, diretto da Vittorio de Seta, e al romanzo di Albino Bernardini “Un anno a Pietralata”. La sua notorietà è legata soprattutto a “Non è mai troppo tardi”, un programma televisivo per adulti andato in onda per nove anni, dal 1960 al 1968, in un’epoca nella quale nel nostro Paese si contavano circa quattro milioni di analfabeti.

Quella celeberrima trasmissione è però solo una delle notevoli esperienze di Alberto Manzi. Meritano di essere citati almeno la collaborazione al “Vittorioso”, il famoso settimanale per ragazzi di Domenico Volpi, gli articoli e i reportage dall'Amazzonia, i programmi educativi per il Dipartimento scuola educazione negli anni ‘70 e ’80. Importante poi l’attività di scrittore, in particolare per “Grog storia di un castoro”, nato da un lavoro di gruppo con i ragazzi del carcere minorile di Roma, dove fece la sua prima esperienza di insegnamento, e ancor più per “Orzowei”, romanzo tradotto in molte lingue, in un film e in una versione televisiva a puntate corredata da una sigla molto fortunata.

Una carriera luminosa, segnata da premi come quello dell'Unesco del 1965 e l’Andersen per “Orzowei”. Ma anche da fasi di oscuramento e momenti di crisi. Fu tra l’altro protagonista di un’obiezione di coscienza riguardo ai sistemi di valutazione (famosa la sua espressione “fa quel che può, quel che non può non fa”) che, nel 1981, lo portò davanti al consiglio di disciplina che comminò una sospensione dallo stipendio per due mesi: la misura scatenò messaggi di indignazione inviati al Presidente della Repubblica e al ministro dell’Istruzione dell’epoca. Nel 1992 non andò bene neppure “Impariamo insieme”, 60 puntate per insegnare la lingua italiana agli extracomunitari, mandato in onda contro la volontà di Manzi alle 13.00, ora in cui il pubblico cui era rivolto non poteva certo essere davanti alla tv.

Alberto Manzi aveva doti formidabili ma era una persona difficile, un carattere duro, non disponibile a compromessi. Studioso di Montessori e Piaget, vicino alla pedagogia e alla didattica del Nord Europa, concepiva e praticava idee come la “tensione cognitiva” e il partire dal sapere del bambino, la visione ludica della didattica e il maestro come attore in scena, l'uso del corpo e l’outdoor education, la dimensione esperienziale e la centralità dell'educazione scientifica, l'assegnazione di incarichi ai ragazzi e l’approccio appassionato dello scoutismo. Mentre rifiutava la conoscenza ridotta ad accumulo di nozioni ma anche cattedra, registro e libro di testo. In carcere non esitò a fare a pugni con il leader dei ragazzi che lo sfidava, battendolo sonoramente, ma riuscì a far passare proposte innovative come quella di far togliere le sbarre alle finestre.

Un personaggio eterodosso per l’Italia in bianco e nero di cui pure divenne un’icona. Peraltro, era molto critico verso la televisione, che definiva di una “futilità indistruttibile”, additando in modo profetico il “pericoloso ribaltamento dello spazio politico in spazio televisivo”. Però avvertiva che “criminalizzare la tv è spesso un alibi per scrollarsi di dosso le responsabilità”. Per un decennio almeno ne fu uno dei principali interpreti e sarebbe interessante vederlo oggi, in un Italia multimediale e iper-connessa, considerato come seppe cavalcare quello che ai suoi tempi era un “new media”.

Titolo: Alberto Manzi. L'avventura di un maestro
Categoria: Saggi
Autore: Roberto Farnè
Editore: Bologna University Press
Pagine: 193
Prezzo: 22,00

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