Saggi

Università: l'ascensore è fermo

di Marco Ferrazzoli

Nel 1968, all'alba dalle manifestazioni di piazza, Jurgen Habermas scrive un saggio sulla transizione dal sistema educativo elitario a quello di massa. A mezzo secolo di distanza occorre “recuperare il ruolo socio-culturale” perduto dai sistemi formativi, “formare le intelligenze del futuro e schiudere prospettive occupazionali”, e la loro centralità “nei processi di mutamento delle democrazie moderne”

Pubblicato il

Jurgen Habermas, che il 18 giugno di quest'anno ha compiuto 90 anni, scrive il suo 'L'Università nella democrazia' nel 1968, “nella cornice più ampia della transizione dell'Università da sistema educativo elitario a sistema di alta formazione di massa”. Una fase in cui all'“urgenza della valorizzazione, del merito, dell'efficienza, della trasparenza” si associa quella di “formare la coscienza politica dei giovani”, osserva Andrea Lombardinilo nel suo 'Università in democrazia'. Un saggio che, a mezzo secolo abbondante di distanza, è una riflessione su un “ascensore sociale” su cui allora si riponevano speranze e investimenti ingenti, ancorché forse venati dall'ideologia, e che oggi appare drammaticamente fermo.

L'autore fa dialogare Habermas con il Max Weber della 'Scienza come professione' e il Jacques Derrida de 'L'Università senza condizione', con Adorno, Durkheim, McLuhan, Morin, Baumann, Vico, traguardando però il “futuro dei sistemi di alta formazione” nel “passaggio dall'era del mainstream a quella del digitale”. Habermas, nell'analizzare il disegno di legge di riforma in discussione in Germania, aveva individuato tre priorità: “autonomia, comunicazione, informazione”, cioè indipendenza degli atenei dai poteri statali ed economici, promozione dell'attività scientifica, formazione degli studiosi alla partecipazione. Siamo all'alba del Sessantotto e la l'analisi è “certamente figlia del suo tempo”, va letta alla luce dei movimenti studenteschi e delle manifestazioni, sta a monte delle riforme che si succederanno in Europa, fino al Processo di Bologna volto ad armonizzare i sistemi di alta formazione comunitari e alla nostra Legge 240/2010.

Ma la sfida di oggi è una globalità ben più ampia e caotica, in cui l'urgenza è recuperare “il ruolo socio-culturale che l'Università è andata via via perdendo: formare le intelligenze del futuro e schiudere prospettive occupazionali” e “la centralità che i sistemi formativi rivestono nei processi di mutamento sociale nell'ambito delle democrazie moderne”. In qualche modo però quella riforma legata ai movimenti studenteschi, alla loro “concezione di un'Università nuova e libera in senso autentico” – osserva Lombardinilo - individua “problematiche ancora attuali”, quali la “pericolosa dipendenza da istanze extrascientifiche”, l'eccessivo “potere degli organi di governo” e “la bassa qualità della ricerca e della formazione scientifica”, oltre che la necessità di erogare “un sapere utilizzabile in sede tecnica”.

Non bisogna peraltro esagerare in pessimismo, il sistema universitario ha dimostrato lungo i secoli di “saper sopravvivere a una situazione pressoché cronica di crisi e di tensione con gli interlocutori”, come dice Mario Morcellini. Ma è necessario “restituire allo studente il ruolo di stakeholder principale”, oltre che risolvere criticità oggettive persistenti, a cominciare dall'“insufficiente dotazione finanziaria” e dall'“inadeguata organizzazione dell'insegnamento e degli studi”. Se l'ascensore va sbloccato, insomma, i giovani che lo frequentano devono fare la loro parte. In tal senso la lezione di Habermas non è così distante dai nostri giorni.

 

titolo: Università in democrazia
categoria: Saggi
autore/i: Lombardinilo Andrea 
editore: Mimesis
pagine: 508
prezzo: € 32.00