Essere o divenire? Questo il dilemma
La libertà di scelta è reale oppure si riduce a un sogno, un'illusione? Nel 2017 si è svolto un convegno su “Determinismo e libero arbitrio” che ha avuto quali relatori il fisico e premio Nobel Gerard ’t Hooft, il filosofo Emanuele Severino, il teologo Piero Coda. Quei contributi sono ora raccolti in un volume curato e introdotto per Carbonio dal fisico Fabio Scardigli. Al centro del volume, il contributo che la meccanica quantistica può dare alla risoluzione del dilemma espresso dal titolo
“Determinismo o libero arbitrio”, il volume di Fabio Scardigli, Gerard 'T Hooft, Emanuele Severino e Piero Coda edito da Carbonio, richiama nel titolo due opposte interpretazioni della realtà. Come la elaborano gli autori? La visione ontologica di Severino “nega in radice ogni realtà al divenire”, ridotto da evidenza banale e innegabile a mera teoria, “ostinata illusione” ed “errata interpretazione degli eventi”. Una visione “innegabilmente simile a quella proposta nella Relatività Generale (RG) in cui tutti gli eventi presenti passati e futuri coesistono da sempre”, osserva Scardigli: “l’eternità di tutti gli esseri, l’eternità di ciascun singolo ente, di ciascun singolo evento”. Il problema “viene dal cuore dell’altra grande costruzione teorica della fisica del XX secolo”, cioè “il principio di indeterminazione di Heisenberg secondo cui il futuro non è strettamente determinato dal presente e il presente non è strettamente determinato dal passato perché, appunto, vi è un ruolo ineliminabile giocato dal caso”, cosicché anche l’evento elementare e assolutamente semplice, ad esempio l’emissione di un fotone da parte di un elettrone in un atomo, “avviene per puro caso”.
Al contrario, nell’interpretazione deterministica e in qualche modo vicina all’idea severiniana proposta da ‘t Hooft, “la Meccanica Quantistica viene invece riportata al più completo rigoroso determinismo einsteiniano”. Ottenuta “una maggiore omogeneità concettuale tra la MQ e la RG (in particolare per ciò che riguarda l’idea di tempo propugnata dalle due teorie) la meta tanto agognata di una teoria unificata di tutti i fenomeni fisici sarebbe di certo più vicina”. Va però precisato che Severino non amava “spingere troppo avanti l’analogia tra la sua posizione e la visione proposta dalla relatività generale”, sostenendo tra l’altro che “l’idea di modello (matematico) ‘falsificabile’ si sia affacciata in fisica e nelle altre scienze solo negli ultimi due secoli”. Anche se “Lucio Russo e altri studiosi hanno mostrato con abbondanza di particolari che il concetto di modello matematico di un fenomeno fisico era già stato sviluppato con grande chiarezza ed efficacia dagli alessandrini”.
La questione è meno astratta e settoriale di quanto sembri. Secondo Scardigli è ora che i fisici tornino “a fare quello che in realtà sono sempre stati: i filosofi della natura”. Compito da cui i quantistici sembrano avere distratto i loro colleghi, tanto che “Einstein chiedeva a un meravigliato Abrahm Pais nel campus di Princeton: ‘Ma lei è veramente convinto che la luna esista solo se la si guarda?’”. E che anche un altro padre fondatore della moderna teoria dei quanti, Erwin Schrodinger, aveva “posto penetranti critiche a vari aspetti della visione quantistica del mondo”.
Tornando al tema, gli autori del cosiddetto “Teorema del libero arbitrio”, John Conway e Simon Kochen, “dimostrano che sulla base dei principi comunemente accettati della MQ l’elettrone (il fotone) osservato deve avere lo stesso grado di libero arbitrio dell’osservatore che compie l’esperimento”. Il teorema mette cioè in luce gli aspetti paradossali della quantistica, un po' come l’esperimento del “gatto di Schrodinger”. L’importanza della Measurement Independence (indipendenza di misura) era peraltro chiara già a John Bell, in considerazione dell'ovvia “libertà dell’osservatore di scegliere a proprio arbitrio l’orientamento dei filtri polarizzatori utilizzati nella misura medesima”.
Dunque, si potrebbe dire che la MQ è “una proiezione della mente umana dovuta al dogma, che suona tipicamente tolemaico, di garantire all’uomo il libero arbitrio”. In qualche modo, “poiché noi umani vogliamo avere il libero arbitrio dobbiamo attribuirlo anche alle particelle elementari. Non possiamo ammettere una descrizione deterministica del micromondo, altrimenti anche noi saremmo deterministi e non potremmo esercitare il libro arbitrio”.
Si torna alla visione severiniana: “noi ‘scegliamo’ che il mondo divenga (indeterminismo) per poterlo meglio manipolare”. La centralità dell’ipotesi di libertà di scelta dell’osservatore è sottolineata anche in altri autori: per esempio Seth Lloyd, secondo il quale un sistema deterministico complesso “non è in grado di prevedere le proprie decisioni prima di prenderle, perché prevederle ha un grado di complessità simile o superiore a quello necessario per prenderle e metterle effettivamente in atto. E questa totale cecità rispetto alle proprie future scelte si traduce” nell’illusione “di avere libertà di scelta”.
Piero Coda illustra infine come il concetto di libertà emerga nel dibattito teologico in interazione con quelli di grazia e di relazione. Un universo “eterno i cui eventi sono già tutti dati e fissati dall’inizio, in cui il tempo inteso come divenire è assente” presenta “un’interessante somiglianza col mito biblico della caduta di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre”. La storia umana (con tutte le gioie e tutti i dolori della condizione umana) inizia in quel momento, con quell’esercizio di libera scelta.
Titolo: Determinismo e libero arbitrio
Categoria: Saggi
Autore: Fabio Scardigli, Gerard 't Hooft, Emanuele Severino, Piero Coda
Editore: Carbonio editore
Pagine: 130
Prezzo: 17,50