Il papà del Signor Rossi tra spazio e nanotecnologie
Disegnatore, animatore, regista, Bruno Bozzetto si dice interessato alla scienza e alla divulgazione scientifica, alla quale si è dedicato collaborando con Piero Angela al programma Quark
Bruno Bozzetto dimostra sin da giovane grande passione per il disegno e a soli 20 anni realizza il suo primo cortometraggio d'animazione: 'Tapum! La storia delle armi', proiettato al Festival di Cannes. Nel 1960 fonda la Bruno Bozzetto Film e raggiunge la fama con la creazione del suo personaggio più noto, il signor Rossi, incarnazione dell'uomo medio, che diventa protagonista di sei opere tra corto e lungometraggi. Negli anni successivi realizza inoltre i lungometraggi di animazione 'West and soda', 'Vip, mio fratello superuomo', 'Allegro non troppo', risposta al film 'Fantasia' della Disney. Bozzetto si dedica anche al cinema dal vero, girando alcuni corti e il lungometraggio 'Sotto il ristorante cinese', e all'attività di divulgazione scientifica, realizzando un centinaio di filmati per il programma 'Quark' di Piero Angela.
Tutte opere di successo, apprezzate dal pubblico e premiate nei Festival di tutto il mondo. Tra i riconoscimenti ottenuti, l'Orso d'oro al Festival di Berlino nel 1990 per il cortometraggio 'Misertao' e, nel 1991, la nomination all'Oscar con il corto 'Cavallette'. Tra il novembre 2013 e l'aprile 2014 il Walt Disney Family Museum di San Francisco gli ha dedicato la mostra retrospettiva 'Animation, maestro!'. Dello scorso anno è invece 'Bozzetto non troppo', il documentario sulla sua vita girato da Marco Bonfanti e presentato alla Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.
Come si è avvicinato al disegno?
È nel mio Dna. Mio nonno, Girolamo Poloni, era pittore. Aveva uno stile molto diverso dal mio: dipingeva angeli, madonne, figure vicine alla pittura seicentesca. Deve però aver instillato in me le nozioni del disegno, della prospettiva, della via di fuga. Sin da piccolo, come tutti i bambini, disegnavo molto e crescendo ho continuato a farlo. Anche quando studiavo trasformavo in immagini tutto ciò che leggevo: in quelle raffigurazioni c'erano già le radici dei miei lavori di adulto. Non ho mai studiato disegno, disegnavo istintivamente caricature, pupazzetti. Poi ho scoperto che con questo tipo di disegni potevo raccontare l'uomo, la sua vita. Ed è quello che mi interessa fare.
A parte Walt Disney, il tributo al quale emerge in modo esplicito in 'Allegro non troppo', quali altri protagonisti del cinema d'animazione hanno influenzato il suo stile?
All'inizio soprattutto il National Film Board di Montreal, lo scuola cecoslovacca e la Zagreb film di Zagabria. Erano le strutture che più si avvicinavano, come gusto, al mio modo di disegnare. I loro disegnatori realizzavano film che non parlavano di argomenti frivoli ma della vita quotidiana e li rappresentavano con un tratto vicino al mio stile. La semplicità è la base del mio lavoro, il mio modello sono disegnatori come Saul Steinberg, dal tratto elegante, pulito, semplice.
Nel 1960 crea il signor Rossi: a chi si è ispirato per questo personaggio?
Razionalmente a nessuno, ma a posteriori mi sono accorto di essermi inconsciamente ispirato a Nino Zucchelli, direttore del 'Festival internazionale del film d'arte e sull'arte' di Bergamo, una persona colta e nota a Bergamo, collezionista d'arte, pittore. Iscrissi al Festival il mio secondo cortometraggio, 'La storia delle invenzioni', ma fu rifiutato. Ebbi così l'idea di raccontare la storia di quel rifiuto con un cortometraggio di animazione dal titolo 'Un Oscar per il signor Rossi'. Quando l'ho terminato, mi sono reso conto che il signor Rossi era la caricatura del direttore del Festival. Nino Zucchelli era piccolo di statura, pelato e con i baffetti. Il signor Rossi era nato per essere protagonista solo di quel film, ma prendere in giro l'essere umano, i suoi comportamenti e le sue abitudini mi divertiva, così l'anno successivo ho disegnato 'Il signor Rossi va a sciare', che è stato molto apprezzato dal pubblico. Così ho realizzato ben sette film con questo personaggio e, senza volerlo, ho inventato il primo serial cartoon italiano, un genere che all'epoca esisteva solo a Carosello.
È più facile raccontare una storia con la matita o con la macchina da presa?
Con l'animazione si è più precisi, più sintetici, più essenziali, perché si riesce a controllare ogni particolare. Naturalmente nel cinema dal vero c'è la ricchezza data dai personaggi vivi, ma per me dirigere non è facile: per esempio, non ho la pazienza o forse la capacità di spiegare agli attori come interpretare una scena. Il cinema dal vero mi affascina di più da spettatore: fin da bambino, appena potevo, andavo al cinema. Inoltre sono sempre stato appassionato di macchine da presa e fotografiche, passavo nottate intere a sviluppare foto e a fare esperimenti. Cinema e fotografia mi affascinano, adoro anche il montaggio, che a mio avviso vale quanto la ripresa, perché può trasformare una storia.
L'avvento del computer e delle nuove tecnologie come ha cambiato il suo lavoro?
Meravigliosamente. Appena sono usciti i primi computer ho iniziato subito a utilizzarli, da autodidatta, perché mi permettevano di esprimermi meglio e con minor sforzo. E questo mi è piaciuto, non ho mai amato lavorare troppo. Anche il fondatore della Pixar, John Lasseter, che ho incontrato di recente in occasione di una mostra a lui dedicata a Milano, ricordava l'escamotage a cui ero ricorso nel cortometraggio 'Self service' per rendere gli spostamenti da un luogo a un altro di una zanzara riducendo al minimo il lavoro: quando doveva muoversi la facevo scomparire, inserivo una colonna sonora che simulava il ronzio e la facevo apparire da un'altra parte. In questo modo evitavo di eseguire un'infinità di disegni. Ora invece ci pensano i software a spostare un oggetto da un punto all'altro. Sono anche attratto dal 3D, ma non ho più l'età per imparare a usarlo. Insomma, adoro la tecnologia.
Tra le sue collaborazioni professionali c'è quella con Piero Angela per Quark. Le piace la divulgazione scientifica?
Moltissimo, anche perché provo interesse per la scienza in generale e per i libri di divulgazione: ho scoperto Piero Angela attraverso i suoi volumi. Ora sto leggendo 'Breve storia di (quasi) tutto' di Bill Bryson. Ritengo che la divulgazione scientifica sia una delle attività più importanti: il mondo va avanti grazie alle scoperte e alle conquiste tecnologiche. È importante farle conoscere al pubblico. E l'animazione può aiutare, avvicinando alla scienza i più giovani, che una volta interessati possono magari scegliere un percorso di studi scientifico.
Quali sono i temi che la incuriosiscono di più?
Un po' tutto, ma soprattutto i due opposti: l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo. Lo spazio e le nanoteconologie, due mondi misteriosi da esplorare.
Se dovesse dedicare un film d'animazione a uno scienziato chi sceglierebbe?
Il primo nome che mi viene in mente è Albert Einstein. Ma sono tanti gli scienziati interessanti, ad esempio quelli che compiono scoperte importanti che però non vengono immediatamente riconosciute. Mi attrae la passione che mettono nel lavoro: a volte dedicano tutta la vita a dimostrare una teoria.
Quali sono i suoi progetti per il futuro?
Continuo ad andare ogni giorno nello studio che ho con mio figlio e un socio, ma lascio che siano soprattutto loro a occuparsi dei progetti più impegnativi. Continuo anche a disegnare vignette e a realizzare brevi film, ma per gioco, senza impegno. Da poco poi ho iniziato una graphic novel insieme a un disegnatore che stimo molto, Gregory Panaccione: una storia ispirata a un lungometraggio di fantascienza che ho scritto con Nicola Ioppolo ma che non siamo riusciti a realizzare per i costi troppo elevati. È un progetto che mi entusiasma, perché per me è una novità, un genere che finora non ho praticato.