Focus: Sole

Depurare con la luce

Laboratorio
di Alessia Famengo

La fotocatalisi eterogenea, basata sull'interazione fra un semiconduttore come l'ossido di titanio e la luce Uv-Visibile, è un processo per stimolare e accelerare il degrado di molecole inquinanti presenti nelle acque reflue. Può essere anche applicata al trattamento dell'aria interna per eliminare composti causa di odori e/o allergie e per preservare l'estetica di pareti interne ed esterne di case ed edifici. Ripercorriamo alcuni punti del processo con Alessandro Galenda dell'Istituto di chimica della materia condensata e di tecnologie per l'energia del Cnr

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In un articolo dal titolo “Light: a very Peculiar Reactanct and Product” Vincenzo Balzani sottolinea come la luce, in particolare quella solare, possa essere considerata come un vero e proprio “reagente” in quei processi finalizzati alla produzione di energia elettrica ed energia chimica, basati sulla reazione più “semplice” concepibile: il trasferimento di elettroni. Tra i processi che sfruttano la luce del Sole e tuttora oggetto di indagine, soprattutto per quanto riguarda la rimozione degli inquinanti dalle acque e dall’aria, troviamo i cosiddetti processi di ossidazione avanzati o Aop (Advanced Oxidation Processes): specie chimiche altamente reattive (ossidanti) in grado di degradare le molecole organiche inquinanti vengono generate in situ, sfruttando la luce. L’Aop avviene per mezzo di un catalizzatore, ovvero un composto chimico che facilita la generazione delle specie ossidanti e l’interazione fra i reagenti (specie ossidante e molecole di inquinanti). L’ossido di titanio o titania (TiO2) è tra i fotocatalizzatori attualmente più investigati in virtù della sua efficacia, della disponibilità a un costo contenuto e del non essere nocivo per l’ambiente e gli esseri viventi: in presenza di luce ultravioletta e visibile attiva l’ossigeno e l’acqua generando specie altamente reattive, favorendo dunque l’ossidazione di una serie di composti che, in assenza di TiO2, non avverrebbe o avverrebbe molto lentamente.“Molti studi hanno dimostrato l’efficacia dei sistemi a base di TiO2 nel degradare antibiotici sintetici come le tetracicline, antinfiammatori (diclofenac, naprossene), antipiretici (paracetamolo), farmaci vari, composti presenti nei prodotti per la cura della persona, senza dimenticare i prodotti perfluorurati (Pfas), trovati quasi sistematicamente nelle acque di scarico domestiche, industriali e nei terreni e considerati come inquinanti emergenti”, spiega Alessandro Galenda, dell’Istituto di chimica della materia condensata e di tecnologie per l’energia (Icmate) del Cnr.

Nel dettaglio, l’interazione fra la luce e un semiconduttore come la titania comporta la formazione di una coppia elettrone-lacuna all’interfaccia fra il fotocatalizzatore e la soluzione contenente i composti da degradare, attivando le specie all’ossigeno presenti in soluzione, come ad esempio l’ossigeno naturalmente disciolto nell’acqua o la stessa acqua che può essere attivata formando specie radicaliche molto reattive, in grado di degradare le molecole organiche disciolte, fino alla formazione dei prodotti finali, CO2 e H2O. “L’ossidazione è influenzata da una serie di fattori come la quantità di catalizzatore, la lunghezza d’onda della luce, il flusso dei fotoni e la concentrazione dei reagenti, mentre la temperatura non sembra determinare grandi variazioni nella performance se si considera l’intervallo attorno alla temperatura ambiente”, spiega il ricercatore del Cnr-Icmate. “Tuttavia, sebbene l’azione fotocatalitica abbia le potenzialità per condurre alla completa mineralizzazione delle molecole organiche, è di fondamentale importanza una caratterizzazione chimica completa delle soluzioni trattate per identificare anche le specie intermedie. Ciò aiuta una valutazione più mirata della loro eventuale tossicità e reattività con altri composti presenti, che è uno degli obiettivi attuali della ricerca sulla fotocatalisi per proporre un processo realmente pulito e affidabile”.

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Un fattore apparentemente secondario ma che su scala industriale può potenzialmente limitare l’impiego dei fotocatalizzatori come la TiO2 è la separazione del catalizzatore dalla soluzione al termine del trattamento, per poterlo poi riutilizzare in altri cicli di depurazione, problema che diventa importante se il catalizzatore è presente in forma di nano- e micro polveri. “L’utilizzo di fotocatalizzatori supportati, ad esempio in forma di strato sottile depositato su substrati di natura variabile, come nel caso di una rete di acciaio, consente di rimuovere facilmente il catalizzatore dalla soluzione al termine delle operazioni: un altro importante goal è, infatti, quello di mettere a punto processi che permettano di produrre efficaci fotocatalizzatori in forma supportata. Individuare i più adatti processi di deposizione che garantiscano una copertura omogenea di superfici più estese, compatibili con le dimensioni degli impianti industriali è un tema ancora molto studiato”, chiarisce Galenda.

La fotossidazione attraverso la TiO2 è più efficiente se il sistema viene irradiato con luce ultravioletta; tuttavia modificando la composizione chimica e il livello di nanostrutturazione della titania è possibile migliorare la performance anche in presenza di luce nello spettro del visibile, altro ambito di ricerca particolarmente attivo. Lo sfruttamento della luce visibile, infatti, è particolarmente importante per le applicazioni outdoor, che prevedono l’esposizione continua del fotocatalizzatore alla luce solare; ma anche in ambiente indoor, dove la componente ultravioletta, specialmente con l’avvento delle lampade Led, è praticamente assente. In questo contesto, la fotocatalisi è stata impiegata per il degrado degli inquinanti presenti nell’aria e per le superfici autopulenti: uno dei casi più noti è la chiesa “Dives in Misericordia”, progettata dall’architetto americano Richard Meier a Roma. Una speciale formulazione di cemento fotocatalitico contenente TiO2 sviluppato da Italcementi è in grado di ossidare le molecole inquinanti responsabili dell’annerimento delle pareti. “Per applicazioni indoor sono disponibili commercialmente pitture fotocatalitiche in svariate formulazioni e contenenti TiO2. Il loro utilizzo è finalizzato al miglioramento della qualità dell’aria con l’abbattimento di inquinanti come gli NOx e i VOCs (composti organici volatili) e a preservare l’estetica della colorazione prevenendone l’annerimento. Tuttavia, le norme attuali per la valutazione dell’efficacia delle pitture sono basate sull’impiego di luce Uv e non tengono conto delle fonti di luce che sono tipicamente presenti negli interni di edifici e abitazioni - pensiamo all’illuminazione Led o ai neon. Inoltre, le pitture sono state formulate tenendo conto della performance catalitica di TiO2 sotto luce Uv”, conclude il ricercatore. “È chiaro che, per migliorare le proprietà autopulenti e la qualità dell’aria indoor, le pitture fotocatalitiche devono essere formulate in maniera tale da poter efficacemente sfruttare anche la radiazione visibile, e comunque tenendo conto della variabilità delle sorgenti luminose da interni, cercando di arrivare a un compromesso fra proprietà catalitiche ed estetiche della pittura stessa”.

Fonte: Alessandro Galenda, Istituto di chimica della materia condensata e di tecnologie per l’energia, e-mail: alessandro.galenda@cnr.it

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