Andar per meridiane
Lo studio degli antichi strumenti solari di misurazione del tempo può costituire un interessante itinerario guidato e un percorso didattico-educativo, come spiega il fisico dell’Istituto nazionale di ottica del Cnr Andrea Macchi
Passeggiare alla ricerca di meridiane, gnomoni e orologi solari di borghi e città europee significa trovarsi davanti a un museo di storia della scienza a cielo aperto. L’uso di questi strumenti di misurazione del tempo è molto antico. Gli studiosi concordano che la realizzazione di uno gnomone, l’asta della meridiana che proietta l’ombra su superficie graduata segnando il Mezzogiorno nei diversi periodi dell’anno, sia stata raggiunta dalle grandi civiltà in sincronia ma in modo indipendente. Come testimonia Erodoto (V secolo a.C.) nelle sue “Storie”, i Greci appresero l’impiego dello gnomone (dal greco γιγνώσκω, conosco) dai Babilonesi. Sembra però che anche i cinesi e i popoli precolombiani ne facessero uso.
Nell’antico Egitto troviamo diversi obelischi eretti allo scopo di segnare il tempo come monumentali gnomoni. Alcuni di essi sono stati trasferiti a Roma in età imperiale, come quello in piazza Montecitorio sopra l’horologium di Augusto (10 a.C.), una delle meridiane più antiche e grandiose, rinvenuto nel 1457 a otto metri di profondità, durante i lavori di ristrutturazione della chiesa di San Lorenzo in Lucina. “Il modo probabilmente più antico per misurare lo scorrere del tempo diurno è stabilire dei riferimenti per la posizione del Sole nel corso della giornata. La natura ha offerto strumenti naturali anche spettacolari, come la maestosa Meridiana di Sesto, in Val Pusteria, dove le ore del giorno vengono associate all’illuminarsi successivo delle cime dolomitiche. Chi non ha a disposizione un’opportuna catena montuosa può basarsi sullo spostamento nel tempo dell’ombra di un albero o di un oggetto costruito ad hoc, quale un semplice bastone piantato nella sabbia: questo costituisce un primitivo esempio di meridiana nel senso più comunemente inteso”, spiega Andrea Macchi, fisico dell’Istituto nazionale di ottica (Ino) del Cnr di Pisa. “Da qui, l’evoluzione della meridiana fornisce un bellissimo esempio di concezione ed evoluzione di uno strumento tecnologico con essenziale utilità economica e sociale e larga accessibilità, come evidente nella stessa definizione del tempo diurno come ‘tempo civile’. Suggestivo, a questo riguardo, che l’antichissimo obelisco egizio della meridiana sia posto in piazza Montecitorio a Roma, davanti al Parlamento. Col progresso della civiltà, l’adattarsi alle varie esigenze degli utilizzatori ha generato una notevole varietà di meridiane differenti per disegno, collocazione e dimensioni, ma sempre basate sugli stessi principi fisici”.
L’avanzamento delle attività umane ha richiesto l’aumento della precisione della misurazione del tempo diurno e, quindi, maggiore accuratezza nella progettazione della meridiana, strumento con ovvi limiti intrinseci, perché non fruibile col tempo nuvoloso o durante la notte, nella quale gli antichi egizi usavano il merkhet, una sorta di meridiana notturna costituita da un regolo orizzontale che prendeva come riferimento la posizione delle stelle. “La meridiana e l’orologio solare devono tenere conto dell’allineamento esatto col nord, della dipendenza dalla latitudine, dell’eccentricità dell’orbita della Terra che rende il moto apparente del Sole non uniforme, sino agli effetti secolari dovuti alla variazione dell’orbita terreste su lungo periodo”, continua il ricercatore del Cnr-Ino.
Naturalmente il tempo oggi si misura con altri strumenti assai più portabili, precisi e disponibili a ogni ora del giorno e della notte. Sono tuttavia diverse e interessanti le attività educative collegate all’uso e alla storia di questi importanti strumenti scientifici. “La costruzione di una meridiana potrebbe rappresentare un eccellente percorso didattico adattabile a ogni livello di scuola, dalla primaria alla superiore. Infatti, oltre a stimolare le abilità tecniche, il percorso riprodurrebbe le tappe fondamentali dello sviluppo di uno strumento scientifico a partire dall’osservazione della natura, in cui le misure realizzate con ogni versione dello strumento ne rivelano il limite corrente e l’esigenza di perfezionamento, stimolando l’applicazione di nozioni matematiche di base per comprendere e implementare le correzioni”, conclude Macchi. “Peraltro questa attività avrebbe specifiche analogie con tecnologie di sviluppo corrente, quali ad esempio collettori solari dinamici per ‘inseguire’ il moto del Sole al fine di raccoglierne la massima energia possibile (ma che hanno lo stesso problema insormontabile della meridiana di non funzionare in assenza di Sole). Tutto questo oltre, ovviamente, ad avvicinare allo studio dell’astronomia partendo dagli oggetti a noi più vicini, il Sole e la Terra”.
Fonte: Andrea Macchi, Istituto nazionale di ottica, e-mail: andrea.macchi@cnr.it