Cose dell'altro mondo
Il film "Interstellar" parla di un gruppo di astronauti in cerca di un pianeta dover poter trasferire il genere umano, a rischio estinzione a causa delle tragiche condizioni ambientali presenti sulla Terra. Diretta da Cristopher Nolan e vincitore nel 2015 del premio Oscar per gli effetti speciali, la pellicola si basa su alcune teorie scientifiche in maniera rigorosa. Lo conferma l'astrofisico Luciano Anselmo
La Terrà è colpita da continue tempeste di sabbia e il cibo scarseggia a causa delle drammatiche condizioni ambientali. La situazione è in continuo peggioramento e la Nasa sta organizzando missioni segrete per cercare un altro pianeta dove trasferire le persone grazie a un cunicolo spazio temporale, un "wormhole", che gravita attorno al buco nero Gargantua. I viaggi esplorativi sono però falliti. Viene quindi coinvolto un ex pilota della Nasa per un’ultima missione che salvi il genere umano. Questa è la sinossi di "Interstellar", film di fantascienza diretto da Cristopher Nolan e vincitore nel 2015 del premio Oscar per i migliori effetti speciali.
“Una teoria scientifica sulla quale ruota il film è la relatività generale di Einstein, che prevede l’esistenza dei buchi neri, studiati dagli scienziati con elaborazioni matematiche partendo dall’equazione di campo della relatività generale e di cui negli ultimi anni ci sono state straordinarie conferme sperimentali" spiega Luciano Anselmo ricercatore dell'Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione (Isti) del Consiglio nazionale delle ricerche. "Le recenti immagini del buco nero al centro della galassia M87 e di quello al centro della nostra galassia hanno permesso di confermare i principi della relatività generale e anche la rappresentazione stessa dei buchi neri, perlomeno fino al limite costituito dall’orizzonte degli eventi, cioè la superficie da cui anche la luce non può sfuggire all'attrazione del black hole”.
La stazione spaziale e il buco nero Gargantua
Il Consulente scientifico e produttore esecutivo di Interstellar è stato Kip Thorne, premio Nobel per la fisica per la scoperta delle onde gravitazionali. "Il suo compito è stato soprattutto riuscire, con una simulazione numerica, a rappresentare realisticamente un buco nero di quelle dimensioni visto da vicino; rappresentazione confermata pochi anni dopo dalle immagini del buco nero gigante di M87”, prosegue il ricercatore.
Un altro aspetto scientifico trattato nella pellicola riguarda lo scorrere del tempo: gli astronauti, avvicinandosi al buco nero, invecchiano molto più lentamente delle persone sulla Terra. “Nel film i tempi vengono dilatati e cambiano a seconda che i protagonisti si spostino più o meno vicino a Gargantua, intorno a cui entrano in orbita per raggiungere i pianeti che gli stanno intorno e sondarne l’abitabilità”, racconta Anselmo. “In effetti più ci si avvicina a un campo gravitazionale intenso come quello di un buco nero, più il tempo scorre lentamente, fino a fermarsi sull’orizzonte degli eventi, dove si immobilizza”.
Gli astronauti, come accennato, viaggiano attraverso un wormhole verso altre stelle e altri pianeti. “Su questo aspetto vengono utilizzate speculazioni teoriche che ancora non sono sostenute da alcuna prova”, spiega l'esperto. “Siamo nel campo della gravità quantistica: il tentativo, cioè ,di mettere insieme i principi della meccanica quantistica con quelli della relatività generale. Alcuni sviluppi teorici dovuti per esempio a Stephen Hawking, permettono di formulare previsioni ragionevoli, anche se ancora non confermate con osservazioni, e nel caso dei campi deboli una sintesi è già possibile. Ma i viaggi interstellari attraverso wormhole sono ancora considerati impossibili, o comunque non siamo in grado di affermarne la fattibilità. Possiamo dire che Interstellar è un'opera di fantascienza basata su filoni di ricerca ancora agli inizi. E nessuno sa se le strade intraprese porteranno da qualche parte o si tradurranno in un insuccesso”.
Una scena del film Interstellar
Dal punto di vista scientifico il film è però complessivamente rigoroso. “Un'opera curata, anche nella complessità dei loop temporali accennati all’inizio del film che si chiariscono nel finale”, conclude Anselmo. “Il limite più evidente non è scientifico in senso stretto, ma relativo a un’impostazione non realistica. L'ipotesi di dover trovare un altro pianeta da abitare perché la Terra sta diventando inospitale non regge dal punto di vista energetico: andare nello spazio costa talmente tanta energia e massa che, qualunque peggioramento climatico avvenisse sul nostro Pianeta, sarebbe sempre molto più facile contrastarlo anziché trasferire l’umanità. In caso di una simile catastrofe potremmo e dovremmo sviluppare attività di geo-engineering che puntino alla modificazione delle proprietà dell’atmosfera e della riflettività globale, permettendo così di controllare la temperatura della Terra. Tutte cose complicatissime e delicatissime, per il momento fantascientifiche, ma se anche ci fosse un altro pianeta abitabile sarebbe ancor più difficile colonizzarlo”.