Focus: Spazio

Back to the Moon

Tito Stagno
di Luisa De Biagi

A distanza di più di 50 anni dallo sbarco dell'Apollo 11 le nuove sfide spaziali prevedono di riportare l’uomo sulla Luna entro il 2024 con il programma Nasa Artemis e la compagnia Space X di Elon Musk. Si affacciano sulla scena nuovi protagonisti, come le compagnie missilistiche private e la robotica applicata. Ce ne parla Umberto Maniscalco dell’Istituto di calcolo e reti ad alte prestazioni del Cnr e responsabile dello Human-Robot Interaction Group

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Il 20 luglio 1969 Tito Stagno, scomparso lo scorso febbraio a 92 anni, fu la voce ufficiale dello sbarco dell’Apollo 11 sulla Luna per ben 25 ore di diretta da via Teulada, in studio con Andrea Barbato, Piero Forcella e con Ruggero Orlando inviato da Houston: la prima vera maratona TV italiana. Il cronista conosceva molto bene gli astronauti e il team della missione per la quale, non avendo riprese da commentare, si era già scrupolosamente documentato con sopralluoghi a Houston nel ‘66 e di quella missione, teneva a precisare, “sapeva tutto”; inoltre si era occupato del lancio dello Sputnik nel '57, poi delle missioni di Gagarin e della prima donna (Valentina Terekhova) nello Spazio, così come della prima passeggiata spaziale di Alexey Leonov.

Spiega Umberto Maniscalco dell’Istituto di calcolo e reti ad alte prestazioni (Icar) del Cnr: “La corsa era iniziata il 4 ottobre 1957 e i sovietici furono in un grande vantaggio fino al 12 aprile del ’61, quando vinsero un’altra tappa lanciando sulla Vostok 1 Jurij A. Gagarin, il primo umano a compiere un’orbita ellittica intorno alla Terra. Gli Usa li raggiungeranno solo il 20 febbraio 1962, quando anche John Gleen riuscirà a compiere un’orbita terrestre. Paradossalmente, il vantaggio russo derivava dall’arretratezza nello sviluppo delle armi nucleari. L’incapacità di miniaturizzare le testate atomiche aveva costretto i russi a sviluppare lanciatori molto potenti, rivelatisi indispensabili per mandare grandi carichi in orbita (Vostok 1 pesava quasi 5 tonnellate). In un primo momento il presidente americano Eisenhower sottovalutò l’importanza della conquista spaziale, ma alla fine gli Usa si impegnarono in un programma competitivo, fondando la Nasa nell’ottobre del 1958”.

Inizia così la grande rincorsa degli Usa. Con grande ottimismo anche John F. Kennedy deciderà di abbracciare pienamente la sfida spaziale e memorabile fu il discorso alla Rice University del 12 settembre 1962. “Prima il programma Mercury (1958-’63), con una capsula monoposto per raggiungere l’orbita terrestre. Segue la biposto Gemini (1961-'66 ma inizia prima Apollo), per sperimentare nuove metodologie come il "rendez-vous" in orbita tra due capsule. Infine Apollo (1961-’72), che sperimenta una capsula con 3 ospiti per raggiungere la Luna. Invece i russi, orfani del padre dell’astronautica sovietica Sergej Pavlovič Korolëv, dopo i quattro fallimenti del razzo N1, nell’autunno ‘68 persero definitivamente la corsa alla Luna con equipaggio umano”, commenta il tecnologo Cnr.

Ma l’America arrivò alle 15:17 di quel 20 luglio 1969 profondamente cambiata rispetto al discorso del presidente Kennedy: “Gli Usa erano diventati un paese ripiegato su sé stesso, intento a riflettere sui propri tragici eventi: dall’assassinio di Luther King a quello di Bob Kennedy, dalla crisi economica alla guerra del Vietnam alla questione razziale. La Luna era stata conquistata, il nemico battuto e le successive missioni non suscitarono un grande riscontro mediatico, ad eccezione dell’Apollo 13 per la tragedia sfiorata”, chiarisce Maniscalco. “La tecnologia di Mercury, Gemini e Apollo era stata per lo più sperimentata solo durante le missioni, con costi e rischi estremamente elevati, giustificabili solo per conquistare il primato sui sovietici, ma ora non più accettabili: fu necessaria la chiusura anticipata del programma. L’ultimo equipaggio a toccare il suolo lunare fu quello dell’Apollo 17. Le missioni 18, 19 e 20, benché già pianificate e con capsule già costruite, furono annullate e i fondi usati per lo sviluppo dello Space Shuttle”.

Razzo lanciato da Elon Mask

In realtà le missioni lunari continuarono anche dopo, ma senza l’uomo. In questa fase i russi sperimentarono la tecnologia robotica: “I Rov (Remotely Operated Vehicle) si sarebbero dimostrati fondamentali per le future missioni su altri pianeti. Tra queste vanno ricordate Lunnik 16 (settembre 1970), Lunnik 20 (febbraio 1972) e Lunnik 24 (agosto 1976); nelle ultime due usarono un braccio robotico per raccogliere materiale lunare seguendo comandi impartiti da Terra”, precisa l’esperto. Gli anni ’80 e ‘90 furono ancora di predominio americano con gli Shuttle e, dopo la Guerra fredda, la ricerca spaziale da terreno di conquista diventò luogo di cooperazione scientifica interazionale con la ISS. Ultimamente, però, una nuova protagonista delle esplorazioni lunari è stata la Cina con Chang'e 4 e Chang'e 5, due missioni del 2019-2020 il cui valore scientifico sta nell’aver dimostrato il funzionamento di tecnologie robotiche autonome: “La missione Chang'e 5 ha ripercorso le stesse mosse di Apollo 11, ma senza nessun umano a bordo. I moduli hanno funzionato perfettamente e in piena autonomia”.

Oggi stiamo assistendo a una nuova storia di sfide per la new entry dei privati, come il multimiliardario statunitense Elon Musk e la sua compagnia di viaggi spaziali SpaceX, fondata nel 2002, che mira anche alla colonizzazione di Marte: “Dopo il ritiro dello Shuttle, SpaceX è dal 2020 la prima compagnia privata a portare degli astronauti sulla Stazione spaziale con la Crew Dragon. Proprio Musk ha ottenuto l’appalto dalla Nasa per riportare l’uomo sulla Luna entro il 2025. Suo rivale è Jeff Bezos, patron di Amazon e della compagnia missilistica Blue Origin”, ricorda Maniscalco. Bezos ha annunciato nel 2019 il suo progetto per riportare l’uomo sulla Luna con il lander Blue Moon, ma poi non ha avuto l’appalto ed è ricorso alle vie legali. “Probabilmente le prossime sfide spaziali si svilupperanno sullo Spazio profondo, senza l’uomo, e sullo Spazio prossimo, cioè Luna e Marte con equipaggio umano. In entrambe i casi le tecnologie su cui ci si affronterà saranno anche quelle robotiche e dell’Intelligenza artificiale: la capacità di prendere decisioni autonome si è già rilevata di fondamentale importanza per le missioni marziane con i Rov Spirit (2003), Opportunity (2003) e Curiosity (2011), che è incredibilmente ancora attiva. Se per comunicare tra Terra e Marte possono volerci minimo 20 minuti (e altrettanti per la risposta), appare evidente che più decisioni il Rov può prendere autonomamente e più la missione si velocizza. Inoltre, l’Ai avrà certo un ruolo fondamentale anche nella gestione dei sistemi vitali sia dei futuri vascelli spaziali sia di eventuali biosfere su altri pianeti”.

Non andrà trascurato ovviamente l'aspetto etico: “Questi algoritmi intelligenti, posti di fronte a decisioni da prendere che metterebbero in crisi anche l’uomo, come si comporteranno? È più importante la missione o la vita del singolo? Come gestirebbero una crisi legata ai supporti vitali (acqua, cibo, ossigeno)? L’uomo quasi certamente non sarebbe in grado di bypassare il computer senza compromettere la sua stessa vita come riuscì con il supercomputer HAL di 2001 Odissea nello Spazio”, conclude l’esperto. Anche l’Italia avrà un ruolo importante nel ritorno dell’uomo sulla Luna con il programma Artemis (Nasa), che inizierà con il lancio di Artemis I e di ArgoMoon, un microsatellite tutto italiano: “Sarà un test di volo senza equipaggio che fornirà una base per l'esplorazione umana dello spazio profondo. ArgoMoon sarà rilasciato durante l’avvicinamento alla Luna per scattare immagini significative dello Space Launch System, il lanciatore che porterà il carico; testerà anche le sue capacità di Intelligenza artificiale che lo rendono autonomo nel riconoscimento degli oggetti durante manovre orbitali e di assetto. Si prevede quindi di calpestare nuovamente il suolo lunare non prima dell’aprile 2025 con la missione Artemis III, dopo aver costruito il Deep Space Gateway, una stazione spaziale cislunare che servirà da attracco e stazionamento per le astronavi dirette sul nostro satellite”.

Fonte: Umberto Maniscalco, Istituto di calcolo e reti ad alte prestazioni, e-mail: umberto.maniscalco@cnr.it

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