Uno stile alimentare che regala benessere
La Dieta mediterranea prevede il consumo di pane e pasta integrali, verdure, legumi, frutta fresca, frutta secca, olio extra vergine di oliva e l’assunzione moderata di pesce, carne bianca e rossa, latticini e uova. A illustrarne i benefici sono Stefania Maggi, presidente della Fondazione Dieta mediterranea e ricercatrice dell’Istituto di neuroscienze del Cnr, e Antonio Logrieco, direttore dell’Istituto di scienze delle produzioni alimentari del Cnr
La Dieta mediterranea è stata associata da vari studi a notevoli benefici per la salute. Il primo a comprenderne i tanti effetti positivi fu Ancel Keys negli anni ’40; il biologo e fisiologo statunitense, all’epoca a Creta al seguito delle truppe alleate, aveva constatato infatti che l’incidenza di malattie cardiovascolari sull’isola era molto più bassa di quella degli Stati Uniti. Qualche anno dopo, nel 1944, a Paestum (Sa), notò la stessa cosa, intuendo che la bassa incidenza di patologie cardiache nella popolazione del Cilento avesse un legame con l’alimentazione. Decise quindi di approfondire questa particolarità con il Seven Countries Study, uno studio epidemiologico che coinvolgeva Finlandia, Giappone, Grecia, Italia, Olanda, Stati Uniti e Jugoslavia, mettendo a confronto lo stile di vita e le diete adottate dalle rispettive popolazioni. I risultati confermarono il legame tra alimentazione e incidenza di alcune malattie, in particolare quelle cardiovascolari: tra le popolazioni del bacino del Mediterraneo l’indice di mortalità per cardiopatia ischemica era molto più basso che in Stati quali Finlandia e Usa, caratterizzati da una dieta ricca di grassi animali e cibi quali quali burro e carne rossa.
“La Dieta mediterranea tradizionale è caratterizzata dall’abbondanza di pane e pasta integrali, verdure, legumi, frutta fresca, frutta secca e di olio extra-vergine di oliva come fonte primaria di grassi, un moderato consumo di pesce, di carne bianca, di latticini e uova, scarsa assunzione di carne rossa e modesto consumo di vino durante i pasti”, spiega Stefania Maggi, ricercatrice dell’Istituto di neuroscienze (In) del Cnr e presidente della Fondazione Dieta mediterranea. “Questo regime garantisce un basso contenuto di acidi grassi saturi, è ricco in carboidrati e fibra e ha un alto contenuto di vitamine, antiossidanti e acidi grassi monoinsaturi che derivano per lo più dalle verdure e dall´olio Evo. Una dieta quindi che garantisce un corretto apporto delle sostanze nutritive di cui il nostro organismo ha bisogno, mentre riduce al minimo quelle che possono avere effetti nocivi sulla salute”. Ma la Dieta mediterranea è qualcosa di più. “In effetti, con questa espressione si intende, oltre a un insieme di sane abitudini alimentari, anche la pratica di regolare attività fisica e la convivialità, tutti elementi importanti tanto quanto la scelta corretta dei cibi”.
Ma quali benefici derivano dal seguire questo stile di vita? “Studi longitudinali e studi di intervento randomizzati e con gruppi di controllo hanno dimostrato che l’adesione alla Dieta mediterranea può ridurre fino al 40% il rischio di malattia cardiovascolare, diabete, sindrome metabolica; fino al 30% l’incidenza di neoplasie associate all’alimentazione e fino al 50% la disabilità fisica e cognitiva nell’anziano. Quindi una riduzione del rischio delle più comuni patologie croniche, quelle che oggi rappresentano le principali cause di morte, disabilità, scadente qualità della vita e perdita di produttività nella popolazione dei Paesi industrializzati”, chiarisce Maggi. Nel novembre 2010 l'Unesco ha iscritto questo stile alimentare nella lista del patrimonio culturale immateriale dell'umanità. “Il ministero dell'Agricoltura spagnolo con il supporto di Italia, Grecia e Marocco, ha presentato la richiesta alla Commissione Europea, che ha patrocinato l'iniziativa definendo la Dieta mediterranea ‘un immenso patrimonio immateriale forgiato dalla confluenza di continenti e culture, che comporta benefici importanti per la salute umana e quindi contribuisce a migliorare la qualità della vita delle persone’”.
Il Consiglio nazionale delle ricerche sta realizzando lo studio interdipartimentale NutrAge (Nutrizione, alimentazione & invecchiamento attivo), coordinato dal Dipartimento di scienze bioagroalimentari (Disba) e dal Dipartimento di scienze biomediche (Dsb). “L’obiettivo principale è integrare il regime alimentare con composti bioattivi, sostanze comunemente assunte con la dieta giornaliera ritenute in grado di influenzare positivamente la salute, ritardando i processi degenerativi legati all’invecchiamento e alle patologie croniche associate. Fornire, attraverso l’alimentazione i mezzi per favorire un generale e invecchiare in salute”, spiega Antonio Logrieco, direttore dell’Istituto di scienze delle produzioni alimentari (Ispa) del Cnr. “Grazie all’approccio tra le diverse competenze scientifiche dell’Ente, sarà possibile selezionare i composti bioattivi presenti nelle differenti tabelle alimentari, inclusi i sottoprodotti dell’industria agroalimentare, individuare eventuali frazioni più ricche in prodotti ritenuti di maggiore interesse salutistico, ottenere alimenti biofortificati (la cui qualità nutrizionale è stata migliorata), funzionali, pre-pro-post-biotici, studiare l’azione protettiva a seguito di studi in vitro e in modelli animali, preservare le attività biologiche durante le fasi di processo e cottura, verificare la biodisponibilità e il ruolo di regolazione sul microbiota intestinale, per poi promuoverne il consumo nella popolazione generale”.
Lo studio delle relazioni tra la Dieta mediterranea e salute è di grandissima attualità e come sottolinea il direttore del Cnr-Ispa "potrà consentire di individuare e proporre nuove strategie alimentari per la prevenzione delle malattie e per il mantenimento dello stato di benessere. Inoltre, questo sviluppo di conoscenza e il relativo trasferimento all’industria agroalimentare creerà sicuramente nuove opportunità alle aziende del settore”.