Rai: non è mai troppo tardi per il digitale
La presidente Marinella Soldi spiega quali sono gli obiettivi ai quali mira l’azienda di viale Mazzini e come intende raggiungerli: transizione digitale, sostenibilità, inclusione e credibilità dell’informazione. Ma anche divulgazione scientifica: "L’accordo con il Cnr è particolarmente prezioso perché ci permette di attingere a un patrimonio straordinario di persone e di progetti di ricerca"
Nata a Figline Valdarno (Fi), la presidente della Rai Marinella Soldi è laureata in Economia e ha conseguito un master in Business Administration (Mba) presso Insead. Cresciuta a Londra, ha svolto parte della sua carriera in sedi e strutture internazionali: da McKinsey & Company a Mtv e Discovery. Ha poi svolto ruoli manageriali nei settori della tecnologia e dei media, in società quali Vodafone, Ariston, Angelini, Ferragamo, Italmobiliare, e Nexi, nonché fondando una propria azienda. Per un triennio è stata a capo della Fondazione Vodafone Italia, nata per favorire l'integrazione e sostenere categorie fragili, persone con disabilità, giovani, imprese sociali, salute e ricerca. Nel 2016 ha vinto il Premio Marisa Bellisario. Nel 2021 è entrata nel Cda di Ebu-European Broadcasting Union, il consorzio che riunisce i media di servizio pubblico europei, ed è stata nominata presidente della Rai - Radiotelevisione Italiana. È la quinta donna a ricoprire tale ruolo. Dal gennaio 2022 è membro del Consiglio Generale di Confindustria Radio Televisioni.
La Rai ha svolto un ruolo storico nell’alfabetizzazione degli italiani, oggi quali sono i suoi nuovi traguardi come azienda culturale?
I nuovi traguardi per la Rai come azienda culturale riguardano i temi su cui l’azienda lavora in vista del prossimo Contratto di Servizio: transizione digitale, sostenibilità, inclusione e credibilità dell’informazione. Nella sua storia la Rai ha contribuito alla modernizzazione del paese, grazie alla sua capacità di parlare in modo efficace a tutti gli Italiani. L’esempio classico è “Non è mai troppo tardi”, la trasmissione che negli anni ’60 ha insegnato a un milione e mezzo di italiani analfabeti a leggere e scrivere. Il paese è cambiato e bisogna adeguare format e linguaggi alla modalità di fruizione attuale, più frammentata, ma il nostro compito è lo stesso: mettere gli italiani in condizione di comprendere il presente e di sfruttare appieno le possibilità offerte dall’evoluzione tecnologica. C’è innanzitutto bisogno di aiutare chi è ancora escluso dalla nuova società interconnessa, soprattutto le fasce più deboli e gli anziani. Lei ha usato la parola alfabetizzazione: oggi è l’alfabetizzazione digitale ciò di cui ha bisogno il paese e il Servizio Pubblico deve curare. L’Italia è ventesima nell’Indice Desi, che misura la digitalizzazione di economia e società tra i paesi UE. Ed è al 25esimo posto, cioè il terzultimo, per quanto riguarda le abilità digitali. Dati preoccupanti, su cui bisogna incidere in tutti i modi possibili.
E quali sono i programmi i formati e i canali attraverso i quali cercate di raggiungere tali obiettivi? “L'eredità” su Rai 1, per esempio, sta riportando di tendenza curiosità e meccanismi quasi simili a quelli dei quiz di Mike Bongiorno
Sull’insieme della nostra offerta, dunque su tutte le piattaforme, tv, radio e streaming, con prodotti diversi, pensati per diverse fasce d’età. In questi giorni, come lei ha notato, nei principali programmi di Rai1, Rai2, Rai3 e della radio, vengono inserite alcune parole legate al linguaggio digitale e insieme al nuovo quotidiano di tutti noi: Spid, Cloud, CIE , per esempio. Ogni parola legata alle competenze digitali verrà inserita in programmi come “L'Eredità” o pronunciata, ad esempio, dagli attori di “Un posto al sole”, senza alterare la natura della trasmissione, attraverso una domanda o una gag dalla quale si partirà per approfondire l'argomento. A promuovere questa campagna, con Rai, è il Ministero dell’innovazione e della transizione tecnologica e digitale. I contenuti verranno poi trasformati in clip per il web e per i social e messi a disposizione su RaiPlay.
Per quanto riguarda la divulgazione scientifica, quali sono strumenti e finalità che la Rai si prefigge? In questo quadro che importanza riveste l'accordo con il Cnr?
La divulgazione scientifica in Rai fa tornare alla mente inevitabilmente l’indimenticabile “Quark” di Piero Angela, che è servito ad appassionare gli italiani alla ricerca, con successi di audience pari allo spettacolo o allo sport. Direi che Quark ha aperto la strada ad una maggiore presenza dell’informazione scientifica a tutti i livelli. In questo senso l’accordo con il Cnr è particolarmente prezioso perché ci permette di attingere a un patrimonio di persone e di progetti di ricerca di livello straordinario, portando il pubblico a conoscere e vedere da vicino ciò che fanno gli scienziati italiani, anche in luoghi che non sarebbero accessibili, penso ad esempio alle basi polari, in Antartide e in Artico. Questa collaborazione ha assunto un ulteriore rilievo durante la pandemia: il Cnr con le sue competenze ci ha aiutato a fornire un’informazione chiara, accessibile e verificata. In un'epoca in cui le fake news dilagano, la Rai si impegna a combatterle, soprattutto in ambito scientifico. La task force coronavirus, nata per tracciare e smontare le false notizie sul tema, è un esempio di ciò che Rai intende fare per mantenere il suo ruolo di presidio al servizio del Paese.
L'Organizzazione mondiale della sanità ha classificato l'infodemia come un pericolo convergente con quello della pandemia da Covid-19. Quali, a suo avviso, i maggiori pericoli che derivano da una circolazione di informazioni non chiare, non corrette e non complete?
È una delle emergenze del nostro mondo, di recente l’ex presidente Usa Barak Obama l’ha chiaramente definita un pericolo per la democrazia. I cittadini sono sommersi da una enorme quantità di informazioni, di ogni provenienza, sono confusi e hanno bisogno di voci autorevoli. Le ricerche ci dicono che durante la pandemia la “corporate reputation” della Rai si è rafforzata: il pubblico ci ha scelto, ritenendoci più affidabili delle tv commerciali. Le fake news sono una questione centrale, la guerra in Ucraina lo sta mettendo ulteriormente in evidenza, talvolta i materiali che circolano in rete sono capaci di confondere anche i professionisti dell’informazione. In Rai, nei mesi scorsi abbiamo istituito un Comitato interdirezionale fake news e stiamo mettendo a punto percorsi di formazione interni specifici e prodotti per il pubblico.
Rispetto alla modifica delle abitudini indotta o accentuata dalla pandemia, quale evoluzione sta seguendo l'offerta Rai? Ritiene che il palinsesto sia destinato a scomparire in favore della fruizione on demand?
Come mostra un recente studio del Censis, la pandemia ha fatto decollare dotazioni e connessioni digitali, ma ha anche ridato forza alla televisione. L’accoppiata vincente appare composta da canali tradizionali più programmi audiovisivi via internet. In questo contesto Rai non può far altro che rafforzare la sua offerta multipiattaforma e digitale, per venire incontro alle diverse “diete mediatiche” degli Italiani e ad uno spostamento progressivo verso una fruizione maggiormente personalizzata. Nel 2021 la nostra piattaforma streaming Raiplay ha visto aumentare i suoi utenti unici del 12,5% rispetto all’anno precedente. Raiplay propone sia programmi originali, sia quelli andati in onda sulle generaliste. E lo stesso fa Raiplaysound per la radio. Il palinsesto generalista ha anche la funzione di unificare una popolazione che tutta insieme assiste a eventi che la coinvolgono collettivamente, come è successo con il Festival di Sanremo, o come sta accadendo per la guerra in Ucraina: il Tg1 è il programma con gli ascolti più alti del 2022 sul daytime: l’edizione serale del primo marzo ha registrato oltre 6,4 milioni, con il 27% di share.
E per quanto riguarda i dispositivi, il televisore è destinato a soccombere rispetto al mobile?
I dati ci suggeriscono di no: il numero di apparecchi tv nel mondo è aumentato del 17% negli ultimi dieci anni e si prevede che supererà gli attuali 1,7 miliardi nel prossimo futuro. Lo schermo televisivo ha ancora un ruolo centrale nella nostra casa e nel nostro cuore. Ogni giorno, in Europa, il 78% di noi guarda la televisione su un televisore e il mercato televisivo complessivo è stabile, oltre 210 milioni di unità vendute all'anno. È chiaro che la televisione è molto cambiata in questi anni: è connessa, digitale, permette la fruizione di canali lineari, piattaforme, anche youtube. La smart tv al momento tra i device connessi è decisamente il preferito su cui vedere i programmi: la sceglie il 42% degli italiani, contro il 19% che li guarda su smartphone.
Quanto è difficile in questo contesto tecnologico così innovativo ottenere e mantenere l’attenzione dei più giovani? Lei è stata tra l’altro manager di un broadcaster storico come Mtv
Il pubblico giovane è il più difficile da conquistare, per noi come per tutti i media di servizio pubblico europei. Secondo gli ultimi dati Ebu sul consumo settimanale di televisione, la Rai è il primo servizio pubblico europeo tra i giovani, raggiungendo il 55,8% di quelli tra i 15 e i 24 anni. Ma non prendiamoci in giro: il tempo giornaliero di visione televisiva è in calo tra i giovani nel lungo periodo. E una recente ricerca Comscore su dati Auditel mostra che il 65% degli italiani tra i 15-24 anni consuma informazioni, intrattenimento e altri contenuti principalmente online. La chiave per attrarre il pubblico giovane è la produzione di contenuti all'avanguardia e d'impatto, declinati su diverse piattaforme. È innegabile che sui social media, il luogo in cui i giovani vivono e si informano, abbiamo ancora molta strada da fare.
Un segnale in controtendenza è stato il Festival di Sanremo, che ha ottenuto grandi successi di ascolti anche nella fascia più giovane. È il segno che si possono sposare offerta tradizionale e linguaggi innovativi?
Sanremo ha captato lo spirito del momento, rappresentando un’Italia attuale, con grande attenzione all’inclusione e alla sostenibilità. Forse un passo più avanti del paese. I numeri parlano: la diretta del Festival su Rai1 ha raggiunto oltre 3 milioni di ragazzi tra i 15-24 anni. Lo share dei 15-24enni ha superato il 73,5%: è il valore più alto mai raggiunto dal festival da quando esiste la rilevazione. Ma il successo è legato anche alla capacità di attraversare tutti le piattaforme: la fruizione incrociata tra tv, radio, streaming e social ha amplificato il fenomeno e coinvolto tutte le generazioni. L’hashtag #Sanremo2022 su TikTok ha generato oltre 598 mln di visualizzazioni. “Brividi”, la canzone vincitrice del Festival, è stata il brano più ascoltato al mondo su Spotify. Sanremo rappresenta un modello di successo da replicare: tradizionale ma contemporaneo, come testimonianza della transizione digitale che l’azienda deve compiere.
Lei è la quinta presidente donna della Rai, che tra l’altro è impegnata per la parità di genere con l'iniziativa no women no panel che vede partner il Cnr. Quando si passerà a una meritocrazia indipendente da qualunque classificazione di genere?
Quando verrò nominata presidente e non si sottolineerà che sono donna! Credo che la strada da percorrere sia ancora lunga, ma la Rai abbia la possibilità, la forza e i mezzi per attuare dei passi concreti di cambiamento al suo interno e nel paese. No women no panel è un’alleanza per accelerare il cammino sulla parità di genere. È importante che oltre a Rai abbiano aderito istituzioni di sistema, come il Cnr. Insieme possiamo fare rete ed incidere più profondamente. La Rai ha scelto anche di fare parte del progetto 50:50 della Bbc, un monitoraggio delle presenze maschili e femminili curato da singoli programmi. Un’azione semplice - contare quanti uomini e quante donne - che però rende consapevoli della disparità e porta a risolverla.
Lei arriva alla Rai dopo un’esperienza internazionale. Come giudica il livello dell'offerta televisiva Rai e italiana in comparazione con quella globale?
Non credo che abbia nulla da invidiare alla produzione televisiva internazionale. In titolo per tutti: “L’amica geniale”.