Focus: Movimento

Il meteo? Uno spostamento di masse d’aria

Corrente atmosferica
di Alessia Famengo

Il movimento delle correnti atmosferiche è il fenomeno responsabile delle condizioni meteorologiche planetarie. Vincenzo Levizzani dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr spiega le basi di questa disciplina a partire dalle dinamiche delle masse d’aria, il cui “motore” è il calore assorbito dalla Terra

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Il meteo è una questione dinamica: il tempo atmosferico è, infatti, determinato dal movimento delle masse d’aria, le correnti, che dipendono a loro volta dalla temperatura, dalla pressione e da fattori legati alla morfologia delle zone interessate. L’insieme di questi movimenti viene definito come la circolazione generale atmosferica, ovvero l’andamento della pressione e dei venti in determinati intervalli temporali. Il movimento delle masse d’aria in atmosfera su scala planetaria è, dunque, un sistema complesso, risultante dalla sovrapposizione dei numerosi moti che avvengono su scale spazio-temporali differenti. Ma da dove deriva “l’energia” necessaria a muovere queste masse d’aria? “L’eccesso di calore viene redistribuito sulla Terra per un 80% dalla circolazione atmosferica e per il 20% da quella delle acque oceaniche”, spiega Vincenzo Levizzani dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del Cnr. 

Il calore assorbito nelle zone equatoriali viene “trasferito” dall’Equatore ai Poli attraverso un sistema di circolazione descritto dal modello a tre celle, sviluppato tenendo conto della rotazione terrestre (le forze di Coriolis) e della latitudine, e considerando un riscaldamento omogeneo per oceani e continenti. “Il modello è costruito sulle celle di Hadley, Ferrel e polare. La prima descrive la circolazione nella zona compresa fra i tropici e l’equatore, dove l’aria si scalda e sale, per poi scendere verso la superficie in prossimità di 30° (N/S). Lo spostamento di queste masse d’aria è correlato alla presenza dei deserti e di fenomeni atmosferici come le tempeste tropicali, gli Alisei, e le correnti a getto subtropicali”, prosegue il ricercatore.  “Alle medie latitudini, dai 30° ai 60° (N/S), la circolazione viene descritta dalla Cella di Ferrel: l’aria alla superficie si sposta verso i poli, generando venti caldi e umidi da ovest. Alle latitudini 60° N/S, queste masse d’aria calde si scontrano con l’aria fredda polare che scaldandosi tende a salire, generando una zona di bassa pressione superficiale, responsabile del tempo umido e ventoso tipico del Nord Europa”.

Correnti atmosferiche

La cella polare descrive la circolazione generale ai Poli, dove le correnti sono generalmente deboli, come chiarisce Levizzani:  “Ai poli, l’aria più fredda e densa tende a stare in superficie, generando una zona di alta pressione; tuttavia,a causa del gradiente di pressione, questa massa tende a diffondere verso le latitudini inferiori dove si scalda perché si mescola con l’aria proveniente dalla cella di Ferrel a circa 60° N/S e risale, lasciando una zona di bassa pressione superficiale che dà luogo a instabilità meteorologica, il cosiddetto ‘fronte polare’ da cui si generano i cicloni, le perturbazioni e le correnti a getto polari”.

Mentre la cella di Hadley è rappresentativa della circolazione effettiva, le celle di Ferrel e polare hanno un effetto debole, per cui la circolazione dalle medie latitudini ai poli è determinata principalmente dal mescolamento orizzontale delle correnti, dovuto a ondulazioni su scala planetaria provocate dall’elevato gradiente di pressione fra i 30° e i 60°, alla presenza di ostacoli orografici, all’alternanza continenti-mari , alla presenza di ghiaccio, etc.“ Alle medie latitudini si fronteggiano masse d’aria fredde polari e masse d’aria calda tropicali sulle cui ondulazioni, dette anche onde di Rossby, si formano i cicloni e le perturbazioni”,  continua l’esperto.

Un altro sistema di circolazione importante e spesso citato nelle previsioni meteo invernali si trova proprio sopra ai poli, nella stratosfera: il vortice polare.  “Il vortice polare, un’area di aria gelida fino a 50 km sopra la superficie terrestre, è particolarmente forte in inverno, con venti che possono eccedere i 250 km/h, una forza paragonabile a quella degli uragani. Il vortice può indebolirsi o rafforzarsi durante l’inverno con possibili conseguenze sulle condizioni meteo, fenomeni comunque non considerati anomali”, cocnlude Levizzani.

Tuttavia, il riscaldamento anomalo dell’aria artica può portare alla frammentazione del vortice polare in più elementi distribuiti sulle medie latitudini, provocando quelle ondate di freddo anomalo di cui ormai tutti abbiamo avuto esperienza. Ancora non sono chiariti i meccanismi che portano alle anomalie del vortice polare. Una cosa, però, è allarmante e cioè che l’Artico sembra scaldarsi a una velocità tre volte superiore a quella del resto del Pianeta. L’area è sottoposta a ondate di caldo invernali sempre più numerose e prolungate. A esse, in estate, si aggiunge il calore liberato dagli oceani. Questo spiega, almeno in parte, la diminuzione evidente dell’estensione della calotta ghiacciata.

Fonte: Vincenzo Levizzani, Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima, e-mail : v.levizzani@isac.cnr.it

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