Focus: Energia

La transizione green è rinviata?

Lampadina_Mulini a vento_Transizione energetica
di Patrizio Mignano

Il conflitto in Ucraina e la conseguente crisi del gas obbligano l’Europa a rivedere nell’immediato i progetti di transizione energetica, che prevedono una graduale decarbonizzazione a favore delle fonti rinnovabili. Di vantaggi, costi e difficoltà nell’attuare tale modello parla Giampaolo Vitali, dirigente di ricerca dell’Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile del Cnr

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Il conflitto in Ucraina e la conseguente crisi del gas obbligano l’Europa a rivedere nell’immediato i progetti di transizione energetica, che prevedono una graduale decarbonizzazione a favore delle fonti rinnovabili. Con Giampaolo Vitali, dirigente di ricerca presso l’Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile (Ircres) del Cnr abbiamo esaminato vantaggi, costi e difficoltà nell’attuare tale modello: “Per transizione si intende il passaggio a economie innovative, attraverso l'uso di fonti di energia rinnovabili e l'adozione di tecniche di risparmio energetico e sviluppo sostenibile. Tale paradigma prevede che le fonti rinnovabili sostituiscano i combustibili fossili e soprattutto il carbone, quello a più alta intensità di emissioni. Uno dei principali motivi di urgenza che obbliga a modificare le nostre abitudini è l’impatto sui cambiamenti climatici: il Pianeta sembra assorbire poco più della metà delle emissioni antropogeniche, mentre il resto riscalda l’atmosfera, determinando così le alterazioni del clima”.

I rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) hanno definito l’obiettivo da raggiungere per contenere l’aumento della temperatura: la neutralità carbonica, ossia emissioni nette nulle (Nze), entro il 2050. L’Ue si è posta autonomamente l’obiettivo intermedio, al 2030, di ridurre del 55% le emissioni nette rispetto al 1990. “Poiché attualmente le fonti fossili forniscono circa l’80% dell’energia prodotta, il periodo che ci separa dal 2050 è definito come la transizione energetica necessaria a ridurre progressivamente il loro uso a favore delle fonti senza emissioni di gas serra (Ghg). Come nei precedenti periodi di transizione, avvenuti durante le varie rivoluzioni tecnologiche, anche oggi siamo in un momento storico in cui conosciamo bene il punto di arrivo ma non riusciamo ancora a immaginare la strada migliore per raggiungerlo”, prosegue il ricercatore.

Terra Pianeta

Inoltre, dobbiamo individuare gli effetti combinati tra le innovazioni tecnologiche sull’economia e sulla società nel suo complesso, il minor peso dei Paesi produttori di petrolio a livello geopolitico, la riduzione dei prodotti industriali ad alta intensità di carbonio, la riconversione dei lavoratori da un settore all’altro, etc. “Uno degli effetti della transizione energetica è l’aumento dei prezzi, che ha dato origine al termine greenflation", chiarisce Vitali. "Mentre si ipotizza un minor costo dell’energia al termine della transizione, grazie alla piena diffusione delle nuove tecnologie, nel periodo di transizione si prospettano maggiori costi di produzione a causa dell’uso delle vecchie fonti fossili, che rincareranno, pur partendo da un livello relativamente basso, e della ancora scarsa diffusione delle nuove tecnologie green il cui costo, specularmente, tenderà a ridursi progressivamente dall’attuale livello molto alto”.

Nel frattempo, le politiche economiche cercano di spingere consumatori e imprenditori a favorire i nuovi prodotti e le nuove tecnologie mediante standard tecnici, divieti, incentivi. Un classico strumento è la tassazione delle fonti fossili, attuata a livello nazionale e in ambito Ue. “Per gestire il Green Deal approvato nel 2019, la Commissione propone una nuova tassa sulle importazioni di beni ad alto contenuto di carbonio (Carbon border adjustment mechanism), in modo che i produttori europei non subiscano la concorrenza sleale, giacché non rispettosa dell’ambiente, dei Paesi extra-Ue che non perseguono le stesse tappe della decarbonizzazione”, spiega Il ricercatore del Cnr-Ircres.

Nonostante le urgenze provocate dalla guerra, che potrebbero causare un rallentamento del processo di decarbonizzazione, la strada da percorrere resta la transizione green, pur in presenza di un grosso rischio inflattivo. “Un altro driver della greenflation arriva dai Paesi che attualmente dipendono dal carbone e che, per rispettare gli accordi internazionali, cercheranno di sostituirlo con il gas, favorendone un aumento del prezzo”, aggiunge Vitali. “L’impatto inflattivo sarà più elevato sui Paesi che dipendono fortemente dal gas, come l’Italia”.

L’esempio inflattivo più palese che i consumatori hanno davanti a loro è quello delle auto elettriche, che costano molto di più di quelle a motore endoterminco e modificano quindi il paniere dei beni  che determinano “il costo della vita”. Questi elementi, ancorché il loro peso possa tendere a ridursi nel corso del tempo, sono potenziali cause di disuguaglianze, alterazioni dei mercati, finanche rischi sociali a causa degli esclusi, per esempio gli espulsi dal mondo del lavoro. “Occorre accompagnare questo periodo di transizione energetica con opportune politiche, in modo da anticiparne gli effetti positivi e mitigare l’impatto negativo esercitato sulla vecchia struttura economica, che deve essere riconvertita al nuovo paradigma tecnologico”, conclude l’economista. “Come nel recente caso della crisi pandemica, gli effetti economici non si distribuiscono in modo omogeneo tra i settori, le imprese, i cittadini. Nel caso della transizione ecologica sono più colpiti i settori a maggior contenuto di energia, come siderurgia, ceramica, carta, ecc. Da questi, i maggiori costi di produzione si diffondono a tutti gli altri, con impatti diversificati a seconda delle interconnessioni produttive. Nel caso dei trasporti, poi, i rincari si riverberano subito nei prezzi finali dei beni manufatti, dei prodotti e dei servizi. Di tutto questo la politica deve tenere conto, in un difficile trade-off tra apertura verso il nuovo e contenimento dei suoi effetti deleteri, pur se temporanei”.

Un difficile percorso di sviluppo, reso ancora più critico dagli effetti che la tragedia della guerra ucraina avrà sul futuro del nostro continente.

Fonte: Giampaolo Vitali Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile, e-mail: giampaolo.vitali@ircres.cnr.it