Paola Gassman: due famiglie sul palco
Notissima attrice di teatro, è stata diretta tra l'altro da registi quali Luca Ronconi, Massimo Castri, Luigi Squarzina ha fondato nel 1980 una compagnia con il marito, Ugo Pagliai. In questi giorni è in scena al teatro Due di Roma con 'Frau Mozart'
Figlia di Vittorio Gassman e Nora Ricci, Paola Gassman si è diplomata all'Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico nel 1968 e da allora è stata una delle protagoniste del nostro teatro. È stata diretta tra gli altri da Luca Ronconi, Lina Wertmuller, Massimo Castri, Luigi Squarzina. Nel 1980 ha formata con il marito Ugo Pagliai una compagnia teatrale che ha messo in scena spettacoli drammatici e brillanti. Nel 2007 ha pubblicato per Marsilio il volume 'Una grande famiglia dietro le spalle': i suoi ricordi partono da lontano, dalla Germania, patria d'origine del nonno Enrico. In questi giorni Paola Gasman è al teatro Due di Roma con 'Frau Mozart'.
Da dove nasce la sua passione per il teatro?
La mia è una famiglia di attori: mio padre, mia madre e i suoi parenti lavoravano nel mondo dello spettacolo. Mia madre, in verità, ha tentato in tutti i modi di tenermi lontana dal palco. La mia, insomma, è stata una scelta combattuta, ma penso sia utile combattere per ciò in cui si crede perché avere il cammino spianato quando si è agli inizi non è positivo. Come dico sempre: è stata prima la testa a portarmi al teatro, un interesse che accendeva la fantasia intellettuale, poi è venuta la pancia, un amore più istintivo.
Ha mai pensato a una carriera diversa?
Per un periodo sono stata tentata di studiare lingue orientali. Mi piaceva l'idea di apprendere lingue ai miei tempi poco conosciute in Italia, mi attraeva la sfida. Alla fine, però, ho scelto l'Accademia.
La recitazione la lega anche alla sua famiglia attuale, con suo marito, Ugo Pagliai in cui fate spesso coppia
Anche il mio primo marito, Luciano Virgilio, era attore. Penso sia normale che nelle famiglie in cui ci sono tanti personaggi che fanno lo stesso mestiere ci si attacchi un po' la 'malattia'. Inoltre, credo che due persone che hanno un linguaggio comune si trovino più facilmente. Il nostro mestiere è complesso e porta a fare tante cose, a stare spesso via, quindi è utile e vantaggioso avere gli stessi interessi e le stesse passioni.
Com'è calcare le scene con il proprio marito?
Io l'ho fatto per 25 anni consecutivamente perché avevamo una nostra compagnia e facevamo tournée di 8-9 mesi, sempre assieme. Lavorare fianco a fianco può portare a nervosismi, però i pro superano i contro: c'è un'intesa maggiore, c'è qualcosa in più che ti lega alla persona e questo ti permette di arrivare meglio al personaggio, ma anche di scoprire aspetti nascosti dell'altro. È qualcosa che arricchisce la coppia.
A proposito di ruoli, se potesse interpretare un personaggio scientifico, chi sceglierebbe?
Forse Madame Curie. Sarebbe interessante interpretare e approfondire i ricercatori che hanno fatto scoperte in campo medico: è giusto ricordare chi ha fatto del bene all'umanità! In effetti, il rapporto tra teatro e scienza non è frequente, forse perché in teatro è necessaria la fantasia che contrasta con la concretezza scientifica
La scienza ha però modificato il teatro! Quanto influiscono le tecnologie digitali?
Ho avuto esperienze belle, per esempio nel Faust, in cui si utilizzavano tecnologie meravigliose: non c'erano scene, eravamo dentro un mondo creato dall'immagine. Certo, non è stato semplice! Con le scenografie tradizionali hai maggiori punti di riferimento, ma non è altrettanto affascinante. La proiezione di immagini a volte permette di realizzare ciò che con un allestimento fisso non potresti mai fare, perché si è limitati. Molto dipende anche dal tipo di spettacolo. Oggi, per esempio, si mettono in scena di più testi moderni ambientati in esterni proprio grazie alla tecnologia.
Lei ha avuto modo di sperimentare anche la scrittura, ha mai pensato di cimentarsi con la sceneggiatura?
No, è difficile. Bisogna avere un talento che non credo di possedere. Invece mi piace molto fare adattamenti di testi preesistenti e, quando ho il testo, mi piace poterlo rimaneggiare. È bello poter essere protagonista anche da questo punto di vista.
C'è un autore nello specifico che le piacerebbe o le è piaciuto adattare?
Ci sono testi da recital che ho riadattato, ma sono ancora da sperimentare. Frau Mozart, in scena sabato e domenica prossima al Teatro Due di Roma (9 e 10 aprile, ndr), sono stati un po' riadattati da me, con il permesso dell'autore. Ho un monologo tratto dalla Némirovsky che mi piace molto, perché ha uno stile già teatrale di suo, quindi lavorarci è interessante.
Progetti futuri?
Questo spettacolo fa parte di una rassegna teatrale tutta di donne. In questi ultimi anni ho privilegiato testi teatrali che hanno protagoniste femminili, a maggio sono a Milano con uno spettacolo di Mino Bellei, 'La vita non è un film di Doris Day', che ha per protagoniste tre signore di mezza età che si incontrano/scontrano, anche violentemente, il giorno di Natale. È una commedia spassosa, che abbiamo presentato già l'anno scorso. Per la prossima stagione invece ci sono molti altri progetti, ma ancora da definire.