Focus: Expo 2015

Scarti agricoli: la nuova ricchezza

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di Maria Teresa Orlando

Grazie alla chimica se ne possono ricavare nuovi prodotti: dalle plastiche bio ai materiali per l'edilizia. Se ne parla il 5 agosto al Padiglione Italia

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Gli scarti agroalimentari possono diventare una risorsa per l’industria. Per illustrare tali opportunità, il Cnr, il 5 agosto, sarà presente con un evento all’Expo. La ricerca è già in corso da alcuni anni e i primi risultati sono consolidati: produrre e sviluppare nuovi materiali, alternativi ai prodotti di sintesi, partendo da residui vegetali e agroalimentari è possibile. “Determinanti sono le molecole di base presenti nei materiali di scarto”, spiega Nicoletta Ravasio dell’Istituto di scienze e tecnologie molecolari (Istm) del Cnr. “Ci stiamo concentrando su alcune filiere distribuite su scala mondiale: succhi di frutta, latte, riso, pane e prodotti da forno e, in Italia, Spagna e Francia, sui cicli produttivi del pomodoro e del vino. “In questi settori, stupiscono i numeri: circa 135 mila tonnellate di scarti dalla lavorazione industriale del pomodoro, 1,5 milioni dall’uva da vino, 1,9 milioni di paglia, 0,3 milioni di lolla, 0,1 milioni di pula dal riso solo in Italia, per il periodo 2012-2013”.

“Dalla lavorazione dei semi di uva, dal pomodoro, dalla zucca e dai fondi di caffè attraverso diverse combinazioni chimiche ecosostenibili in via di perfezionamento è possibile produrre un olio vegetale potenzialmente utilizzabile dall’industria”, precisa Ravasio. Ci sono poi resti di cibo potenzialmente inquinanti. Il siero di latte, ad esempio, contiene lattosio, uno zucchero che fermenta a contatto con altre sostanze, e va quindi trattato come rifiuto speciale: il suo smaltimento negli impianti di depurazione può essere un problema. “All’Istm-Cnr i ricercatori hanno messo a punto un processo di trasformazione del lattosio in zuccheri semplici, sorbitolo e dulcitolo, per la produzione industriale di dolcificanti ipocalorici. Anche la paglia del riso è uno scarto potenzialmente inquinante: lasciata sul campo, re-interrata in assenza di ossigeno, produce emissioni di metano, un gas a effetto serra. Si calcola che questa pratica produca il 10-15% delle emissioni di metano nel mondo”, aggiunge l’esperta. “Utilizzando la paglia del riso si possono invece ottenere resine bio per materiali plastici, come avviene per altre biomasse, quali il grano e il mais. Combinando le resine con altre fibre naturali, come il lino o la canapa, ma anche con piume di pollo, si ottiene un cuoio vegetale 100% bio, oggetto di intensa attività di ricerca e sviluppo nella catena produttiva delle calzature sportive. Sia Nike che Puma sono fortemente interessate ad utilizzare questo materiale”.

C’è poi la lana degli ovini, in Italia non commercializzata e, che, combinata a fibre vegetali, può essere usata per produrre pannelli isolanti termici e acustici particolarmente apprezzati nell’edilizia.

All’Expo verranno presentate mappe interattive sulla disponibilità mondiale di scarti, elaborate per i potenziali investitori del settore. Ai visitatori sarà mostrata una 'ruota delle combinazioni’, con la quale scoprire nuove trasformazioni: un modello interattivo 3D che consentirà al pubblico di toccare, annusare e talvolta assaggiare gli scarti, ma soprattutto i prodotti ottenuti. Lo chef Igles Corelli illustrerà invece come recuperare gli scarti in cucina, trasformandoli in ricette creative.

Sono previsti inoltre interventi di divulgatori scientifici per presentare le potenzialità economiche di una ricerca che attende di divenire operativa. “Per farlo”, conclude Ravasio, “occorre una vera e propria rivoluzione del pensiero, non solo a livello politico. Un cambiamento di mentalità che apra alla formazione di 'start-up di settore’ così come avviene già in altri paesi, nella consapevolezza che lo scarto, prima di essere un rifiuto, è una potenziale risorsa da sfruttare”.

Fonte: Nicoletta Ravasi, Istituto di scienze e tecnologie molecolari, Milano, tel. 02/50314382 , email n.ravasio@istm.cnr.it -

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