Sorelle d'Italia
Le donne come altra metà del cielo del Risorgimento. Alcuni inni custoditi nella biblioteca dell'Università di Genova ed esaminati dal Cnr fanno luce su questo mondo femminile, a partire dall'impegno nell'educazione civile dei figli. Ma la donna per antonomasia e più amata è proprio l'Italia
Dov'erano le 'sorelle' d'Italia quando si combatteva per l'Unità? Nonostante condividessero con spirito di sacrificio e coraggio le scelte dei loro compagni, le donne del Risorgimento hanno sempre avuto scarsa visibilità. Gli inni risorgimentali conservati nella Biblioteca dell'Università di Genova, esaminati filologicamente da Grazia Biorci dell'Istituto di studi sull'Europa mediterranea (Isem) del Cnr, offrono una chiara testimonianza del coinvolgimento femminile nella battaglie risorgimentali.
24 le partiture custodite a Genova, composte tra il 1847-49 da dilettanti e autori stimati, raccolte nel volume 'La musica del Risorgimento a Genova (1846-47). Gli inni patriottici della Biblioteca universitaria'.
"Negli inni ci sono alcune figure che ricorrono e la donna è una di quelle", spiega la ricercatrice. "Questo stereotipo, assieme a quello del Balilla, è stato preso in prestito, proditoriamente, durante il ventennio fascista. Le donne degli inni risorgimentali sono chiamate infatti 'madri altere, figlie e anche spose".
'Non abbian le spose d'amore uno sguardo per l'uom che codardo non corre a pugnar', ammonisce per esempio l'Inno del popolo' scritto da Emanuele Celesia. "In questo testo", spiega Biorci, "si invitano le spose a esprimere il loro spirito patriottico negando manifestazioni d'affetto all'uomo vigliacco". Un altro esempio di devozione femminile alla patria è dato dalla madre 'che un dì vegliava la nostra cuna', la culla del neonato, come si legge nel 'Canto degli Alunni Ginnasti' di Giulio Carcano, sapendo già che questi un giorno sarà un valoroso combattente. Nello stesso inno altre 'madri altere dell'aste al lampo vedean la balda schiera partir'; inoltre raccomanda il poeta 'posin dell'arte l'opre leggiadre; vigor di tempre chiede la guerra', poiché è il momento di mostrare carattere collaborando anche alla fabbricazione delle armi.
In 'Viva l'Italia' di David Chiossone, le donne 'pur figlie dell'italo suolo' sono invitate insieme agli uomini a riscattare la patria dallo straniero, negando 'l'amplesso d'amore' a chi 'sdegna la patria coccarda'.
Dalla lettura dei testi emerge che al di sopra di tutti gli stereotipi femminili - madre, figlia, sposa - c'è la donna per antonomasia, l'Italia, che "può permettersi di restare femminile, presentando aspetti ambivalenti" spiega la ricercatrice dell'Isem-Cnr.
Nell'Inno del Popolo di Celesia l'Italia è 'la nostra contrada, è suol di vulcani. Qui tomba gli estrani non regno trovar'. Ma è chiamata anche 'Patria' e 'per l'Itala Madre verranno a pugnar'. Nel 'Canto' di Giulio Carcano l'Italia è sacra, è madre, ma anche amante: 'La sacra terra che Italia ha nome, dalla corona del giogo alpino, dai verdi fianchi dell'Appennino scende all'amplesso del doppio mar. Noi l'amiam tutti, come la madre che un dì vegliava sulla nostra cuna: o Italia! O Madre libera ed una, tu sei la patria che Dio ci diè'.
Pietro Parodi invece nel suo 'Canto nazionale' avverte: 'O fratelli, La Madre s'è scossa e ne chiama all'oprar generoso'; poi esorta 'combattiam per la bella contrada'.
"Nonostante la lingua di registro alto e colto e l'uso di un italiano non comune", conclude la Biorci gli autori degli inni volevano arrivare al cuore di ogni donna e di ogni uomo italiano, muoverli emotivamente alla partecipazione politica attiva".
Fonte: Grazia Biorci, Istituto di storia dell'Europa mediterranea, Genova, tel. 010/2465459 , email : g.biorci@isem.cnr.it -