Specialistica: Cammini

La Lis, strumento di cittadinanza

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di Sandra Fiore

In Italia è in corso da molti anni un dibattito sul riconoscimentio giuridico della Lingua dei segni italiana. Un saggio a cura di Benedetta Marziale e Virginia Volterra affronta aspetti diversi e complementari del 'mondo della sordità', evidenziando come l'affermazione della Lis sia un segno di civiltà

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Nonostante l'assemblea delle Nazioni Unite abbia approvato nel dicembre 2006 la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, per vedere pienamente affermati l'uguaglianza e l'inclusione sociale la strada è ancora lunga. Un esempio è rappresentato dal dibattito ancora aperto in Parlamento sul riconoscimento giuridico della Lingua dei segni italiana (Lis), argomento sul quale Virginia Volterra, associata e già direttore dell'Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche ha condotto ricerche pionieristiche.  

Nel volume 'Lingua dei segni, società, diritti', edito da Carocci. Volterra insieme a Benedetta Marziale, coordinatrice dello Sportello di informazione e consulenza sulla sordità dell'Istituto statale per sordi di Roma, propone una sintesi degli aspetti storici, scientifici, giuridici e, più in generale, sociali della sordità. In particolare, il saggio raccoglie le testimonianze e le riflessioni di autori sordi e udenti che portano la loro esperienza su diversi temi: dall'educazione alle acquisizioni della ricerca linguistica, dalle neuroscienze al modello del bilinguismo al senso di appartenenza, dai diritti umani al riconoscimento giuridico delle lingue dei segni. Il saggio si sofferma nello sciogliere quella che può apparire una contraddizione, ovvero che pur essendo le persone sorde cittadini a tutto tondo, si sentono membri di una comunità che vuole mantenere la propria specificità linguistica e culturale. “Noi crediamo”,  si legge nel volume, “che proprio la difesa dell'espressione delle singole individualità - comprese quelle dei sordi che utilizzano la Lingua dei segni italiana e si riconoscono parte di una comunità di minoranza - non solo costituisca un diritto umano fondamentale, ma di fatto rappresenti una ricchezza e un'opportunità per il mantenimento della stessa identità collettiva”.

ll volume riprende il filo del dibattito  'Chi ha paura della lingua dei segni?' Lanciato nel 2014 dalla Volterra nella rivista di psicologia clinica dello sviluppo, con l'intento di mettere a confronto le diverse opinioni intorno alla Lis, evitando preconcetti ideologici. Si legge infatti: “l'atteggiamento contrario all'uso della lingua dei segni - ritenuta soprattutto da audiologi e clinici inutile se non dannosa per il buon apprendimento della lingua parlata, e dai familiari udenti di bambini sordi fonte di discriminazione ed esclusione sociale - sta determinando una forte resistenza a promuovere la conoscenza e l'uso della Lis e a riconoscerla sul piano giuridico una lingua minoritaria”. Sono in molti a temere che questa scompaia definitivamente. Infatti neuroscienziati, linguisti e psicologi “sostengono che un'acquisizione precoce della Lis sia invece molto importante per consentire ai bambini di raggiungere una competenza completa in ambito cognitivo comunicativo e sociale e ritengono che essa possa migliorare anche la loro capacità di attenzione e la memoria visiva”.

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