La scienza borderline
“Quando abbiamo smesso di capire il mondo” (Adelphi) di Benjamìn Labatut è “un'opera di finzione basata su fatti reali”. Si va dall'acido prussico, dal chimico Carl Wilhelm Scheele e da Napoleone fino a Edwin Schrodinger, Niels Bohr, Albert Einstein, Max Born, Werner Karl Heisenberg…
“Quando abbiamo smesso di capire il mondo” (Adelphi) di Benjamìn Labatut è “un'opera di finzione basata su fatti reali. La quantità di finzione va aumentando nel corso del libro”, per cui il lettore in cerca di certezze storico-biografiche tenga conto dell'avvertenza, man mano che le pagine scorrono. Ma la distinzione tra fatto e finzione perde progressivamente di importanza poiché, con il procedere della lettura, se ne apprezza sempre più il piacere immersivo, il “realismo magico” di cui l'autore è capace.
La prima storia riguarda l'acido prussico, il blu di Prussia e Carl Wilhelm Scheele, il chimico che ha scoperto il maggior numero di elementi: nove, tra cui l'ossigeno. Vicenda che si intreccia con quella di Napoleone e con la sua morte, potenzialmente legata alla umida residenza in cui l'imperatore visse gli ultimi sei anni, in prigionia, sotto gli inglesi, sull'isola di Sant'Elena. La tintura che decorava le pareti delle sue stanze spiegherebbe l'alto tasso di arsenico rilevato nei campioni dei suoi capelli, analizzati due secoli dopo, e il cancro che lo colpì allo stomaco, provocandogli un'agonia con episodi costanti di diarrea, gonfiori agli arti e una sete implacabile.
Non meno avvincente l'aneddoto che parte con il fisico austriaco Edwin Rudolf Josef Alexander Schrodinger. Il “fisico brillante ma frustrato”, autore della teoria “che tutte le cose possono esistere in due modi e che niente è così solido come appare” è ritratto nell'esilio - questa volta scientifico e sanitario - di Helgoland, isola in mare aperto della Germania totalmente brulla, per poi coinvolgere anche Niels Bohr, Albert Einstein, Max Born, Werner Karl Heisenberg. “Il fisico – come il poeta – non deve descrivere i fatti del mondo ma creare metafore e connessioni mentali”, scrive Labatut per spiegare l'impeto immaginifico che contraddistinse quella generazione straordinaria di scienziati. Ma l'Heisenberg qui ritratto non è solo il padre del principio di indeterminazione, è anche un uomo dai tratti psicologici di adolescente. E altrettanto border line ci appare la figura di Louis de Broglie, nome meno noto degli altri al grande pubblico, che questo libro restituisce al rango di protagonista della fisica moderna, nonché omosessuale e prodigo al punto da avere “dilapidato il patrimonio di famiglia per rendere omaggio a uno dei suoi amanti”. A entrare in scena è anche Robert Oppenheimer, finché poi con il Congresso Solvay la compagnia si allarga a ben 17 Nobel tra i quali Paul Dirac, Wolfang Pauli, Max Planck e Marie Curie, che aveva vinto il Premio ben due volte.
In un libro così decisamente fuori dalle codificazioni di genere, non poteva mancare una storia privata, che solo in parte esula dall'autorevole consesso scientifico che connota le altre. Quella di una “peste vegetale che si trasmette di albero in albero” e di un giardiniere notturno.
titolo: Quando abbiamo smesso di capire il mondo
categoria: Narrativa
autore/i: Labatut Benjamìn
editore: Adelphi
pagine: 180
prezzo: € 18.00