Focus: Leonardo

Aria pulita per l'Ultima cena

L'Ultima cena
di Sandra Fiore

Il restauro 'ambientale' dell'ex Refettorio di Santa Maria delle Grazie, a Milano, dove si ammira il capolavoro, consentirà un maggiore afflusso di visitatori in occasione del cinquecentenario della morte dell'artista. L'Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche è stato convolto nelle indagini per l'analisi della composizione dell'aerosol, per la valutazione dei flussi d'aria e il campionamento del materiale biologico, finalizzati alla installazione di impianti di climatizzazione e filtri più potenti

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In occasione del cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci (Amboise, 1519), quest'anno sarà consentito a un numero crescente di visitatori di ammirare l''Ultima cena", opera realizzata tra il 1495-1498 nell'ex-Refettorio del convento adiacente alla chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano. L'anniversario sarà celebrato in tutto il mondo e richiamerà ancor più attenzione sulla straordinaria produzione del pittore, compreso il Museo del Cenacolo Vinciano, capolavoro incluso nella lista dei patrimoni Unesco. L'incremento dei turisti sarà assecondato grazie a un 'restauro ambientale' che garantirà all'interno del Refettorio aria pulita e controllata. Attraverso l'installazione di nuovi filtri e impianti di climatizzazione si scongiurerà il rischio che dall'esterno possano essere immessi, con l'affluenza di tanti turisti, microrganismi e polveri sottili dannosi per l'integrità dell'opera, colpita dal degrado già qualche anno dopo la sua esecuzione. [immagine]

La realizzazione dell'intervento ambientale, tra le altre istituzioni, coinvolge il Consiglio nazionale delle ricerche, chiamato a eseguire indagini su campioni di intonaci prelevati in diversi ambienti e in prossimità del capolavoro. “Il nostro studio, che si inserisce nell'ambito del Progetto bandiera InterOmics finanziato dal Miur, riguarda diversi settori: dall'analisi della composizione dell'aerosol real time alla valutazione dei flussi d'aria, dal campionamento del materiale biologico all'estrazione e sequenziamento del Dna per determinare la tipologia dei microrganismi presenti”, spiega Luciano Milanesi dell'Istituto di tecnologie biomediche (Itb-Cnr) e coordinatore dello studio. “Rispetto alle indagini condotte in passato, negli anni 1970-'90, la novità è l'utilizzo della bioinformatica, la stessa tecnologia che adoperiamo, ad esempio, per la conoscenza del microbioma intestinale: finora siamo arrivati a una classificazione tassonomica dei batteri e del loro potenziale biodeteriogeno nei confronti dei pigmenti adoperati da Leonardo. Tale lavoro è la base dello studio di filtri adeguati a preservare il microclima del luogo”.

Cenacolo vinciano

Fino a oggi è possibile ammirare il Cenacolo con ingressi limitati a gruppi di 30 persone ogni 15 minuti. Le presenze si attestano quotidianamente su un totale di 1.300. Il filtraggio messo in opera con il nuovo progetto è capace di un ricambio d'aria superiore: dagli attuali 3.500 metri cubi al giorno si passa a 10mila, pertanto fino al 2021 l'incremento sostenibile sarà pari a 126 mila visitatori annui, il 33% in più rispetto a quelli attuali.

Al progetto hanno partecipato anche: Istituto superiore per la conservazione e il restauro, Politecnico di Milano e Università Bicocca che, con Ezio Bolzacchini del dipartimento di Scienze dell'ambiente, è stata coinvolta nel monitoraggio del particolato atmosferico; Eataly e Mibac hanno sostenuto economicamente l'impresa. “Questo intervento dimostra che è possibile contenere e controllare gli effetti dei grandi cambiamenti ambientali sul patrimonio culturale, anche il più fragile. La ricerca condotta in collaborazione internazionale può portare un mutamento reale nel modo di conservare e valorizzare i capolavori che abbiamo ereditato, per consegnarli al futuro”, aggiunge Chiara Rostagno del Ministero per i beni e le attività culturali (Mibac) che ha coordinato il progetto.

L'Ultima cena è l'emblema della ricerca sperimentale di Leonardo da Vinci. Al 'buon fresco' che richiedeva tempi veloci di esecuzione, egli preferì una tecnica mista - tempera e olio su intonaco – sia per conferire maggiore brillantezza cromatica all'opera, sia per riflettere e meditare sulle soluzioni compositive in fieri. Già una ventina di anni dopo il capolavoro, però, presentava danni molto gravi, tanto che Vasari, che lo vide nel maggio del 1566, scrisse "non si scorge più se non una macchia abbagliata". Le cause che provocarono il degrado sono legate alla tecnica pittorica utilizzata e, in passato, all'umidità della parete retrostante, esposta a nord.

Il dipinto subì ulteriori danni in seguito al bombardamento del 1943, allorché venne distrutta la volta del Refettorio e  rimase esposto per vari giorni alle intemperie. Dopo molti tentativi per scongiurare la caduta di colore, nel 1977 si intraprese un restauro meticoloso, con le tecniche più all'avanguardia e il coinvolgimento di esperti di settori diversi, che si concluse nel 1999.

Fonte: Luciano Milanesi , Istituto di tecnologie biomediche, Segrate, tel. 02/26422604, email luciano.milanesi@itb.cnr.it

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