Saggi

La nostra storia in venti oggetti

copertina
di Sandra Fiore

Tanti sono quelli scelti da Amedeo Feniello del Cnr-Isem e Alessandro Vanoli per raccontare la civiltà comune che abbraccia il Mediterraneo. Dal pane alla coppa, dall'abaco alla chitarra, al relitto sono alcuni degli elementi su cui si posa la ricerca degli autori, per offrire un approccio diverso alla storia, che supera i confini e il tempo

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Ulisse viaggiò seguendo “virtute e canoscenza" in quel Mediterraneo, chiamato dai romani 'Mare Nostrum', di cui oggi si parla soprattutto a proposito delle immigrazioni. Fin dall'antichità crocevia di popoli, di scambi commerciali e culturali, uno “spazio mutevole e contraddittorio .... solcato da rotte e destini diversi e comuni”, che dal passato hanno lasciato tracce fino ai nostri giorni.

Amedeo Feniello, ricercatore dell'Istituto di storia dell'Europa mediterranea (Isem) e Alessandro Vanoli, storico e scrittore, raccontano le dinamiche che hanno attraversato e ancora oggi attraversano questo bacino, scegliendo alcuni oggetti emblematici a testimonianza dell'identità comune dei popoli che si affacciano sulle sue coste. Ne è scaturita la 'Storia del Mediterraneo in 20 oggetti' (Laterza), una narrazione originale e accattivante che ruota su alcuni manufatti, ora ordinari ora curiosi, espressione del progresso tecnologico e sociale.

Si inizia dal pane, alimento basilare, nutrimento per antonomasia, simbolo di condivisione e sacralità: la ricerca del grano, menzionato già a Ebla e nelle tavolette di argilla di Uruk, ha mosso i popoli. La “coppa” fa il paio con il vino, un altro pilastro dell'economia bevanda degli dei: l'ebrezza aveva un ruolo centrale nel culto di Dioniso, divenuto Bacco nel mondo latino. Milioni di “anfore” stivate nelle imbarcazioni trasportavano olio, vino miele, salamoia di pesce e, intorno a questo via vai commerciale, lavoravano facchini, misuratori e controllori di qualità dei prodotti. Per restare nell'alimentazione abbiamo poi la “paella”, ovvero la padella il cui nome antico richiama anche il piatto spagnolo che però fa la sua comparsa nell'Ottocento, la “rete” quale strumento di sostentamento dei popoli rivieraschi. 

Scorrono tanti altri oggetti, a ciascuno dei quali è riservato un capitolo. Dalla “lucerna”, si passa al “portaprofumi”. Dalla “valigia” alla “spada”dal “corallo”bene voluttuarioalla “moneta”dall'“abaco” alla “bussola” fino alla cesoia. Nell'elenco di oggetti antichi anche incerte le origini del nome: 'kithàra', dal greco o da 'guit' e 'tar' corda e canzone nell'etimo persiano e indiano; poi con l'arrivo dei musulmani circolarono molti strumenti a corda da cui ne nacquero altri. Non manca il “pupo” siciliano, che richiama le origini della letteratura cortese di stampo francese. E ancora la “catena”, simbolo di prigionia e schiavitù, il “relitto” e il “barcone”dove “da sempre alberga disperazione e speranza”. A chiudere il volume la “fontana”, ovvero la ricerca di acqua “capace di dividere e unire”.

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