Incontri ravvicinati in città
L'aria e le acque più pulite, l'assenza di traffico e di rumori, il rallentamento delle attività produttive hanno dato il via libera alla fauna selvatica, che si fa strada nelle aree metropolitane. È l'effetto sorpresa del lockdown che, nella tragedia e nei disagi della pandemia, ci suggerisce così anche un modello di sviluppo sostenibile, qualitativamente migliore per noi e per la natura
L'uomo rallenta il suo ritmo e la natura avanza: è uno degli effetti della quarantena, che costringe noi a rimanere confinati in casa, ma offre un vantaggio alla fauna selvatica, che velocemente riconquista spazi perduti. Cinghiali a zonzo per le strade deserte di Roma, barbagianni accovacciati sugli alberi del Lungotevere, delfini ricomparsi lungo i litorali italiani, cervi che passeggiano nel borgo abruzzese di Villetta Barrea, fino al grosso polpo avvistato nel Canal Grande di Venezia. Non è il racconto del Libro della Giungla, ma uno zoo urbano che, scaturito dal lockdown, si espande nei centri abitati, approfittando della diminuzione del traffico, dello spopolamento e dell'aria più pulita. Tanto da non far sembrare troppo peregrina la preconizzazione di Alan Wiesman ne “Il mondo senza di noi”, (Einaudi) un saggio del 2008 in cui l'autore immagina la riscossa di una natura sollevata dalla pressione che esercitiamo su di essa. La sfida della fauna interessa molte città del mondo colpite dalla pandemia, come dimostra la profusione sul web di video e foto che ritraggono animali tranquillamente a spasso nei centri urbani, incuriositi da luoghi nei quali è diventato raro imbattersi in esseri umani.
Tra gli ultimi avvistamenti marini, grazie alle acque più limpide, si contano a Venezia un polpo a ridosso dell'imbarcadero di Piazzale Roma e una grossa medusa in canali solitamente caratterizzati da un via vai di traghetti e turisti. “Con il depositarsi dei sedimenti abbiamo la possibilità di osservare abbastanza chiaramente 50-60, a volte anche 100 centimetri rispetto a quella che è la colonna d'acqua”, spiega il biologo Andrea Mangoni. “Alcune specie, prima relegate nei canali più grandi o in quelli più ampi nella zona della Laguna, ora si possono spingere anche al centro della città perché è venuto a mancare il traffico dovuto alle gondole, ai motoscafi e alle barche più piccole", aggiunge Marco Sigovini, ricercatore presso l'Istituto di scienze marine (Ismar) del Cnr di Venezia.
A Portoferraio (Li), invece, un gruppo di delfini si è spinto fino nella darsena, con lo stupore delle guide ambientali. Come in un cartoon, un lupo si aggirava per le vie di Venaus (To) e di Sesto Fiorentino (Fi), stambecchi sono apparsi sull'asfalto di Balme (To), cerbiatti “pascolavano” nel centro storico di Casale Monferrato (Al), anche nel porto di Napoli e di Cagliari sono tornati i delfini.
“L'esplosione della natura è un aspetto positivo della tragedia. Gli animali non si sentono minacciati, non avvertono il pericolo umano in questo periodo, quindi esplorano spazi fino ad ora a loro preclusi in cerca di cibo”, spiega Mario Tozzi divulgatore e ricercatore dell'Istituto di geologia ambientale e geoingegneria (Igag) del Cnr . “Del resto non è un fenomeno nuovo. Dopo il disastro di Cernobyl e l'abbandono dell'area nel 1986, gli scienziati notarono che intorno alla città di Prypiat si stava sviluppando una ricca biodiversità. Anche durante questa pandemia le aree metropolitane vengono riconquistate da alcune specie, le acque si bonificano dai veleni delle attività produttive e vengono nuovamente colonizzate”(Oggi,02/04/2020)
L'epidemia ha messo in luce le fragilità dell'attuale modello di progresso facendoci intravvedere la necessità di un paradigma di sviluppo alternativo, qualitativamente migliore, teso a escludere lo sfruttamento di combustibili fossili. I cambiamenti nelle nostre abitudini e una nuova percezione dei bisogni reali possono essere fattori decisivi per raggiungere una società sostenibile.
“I Sapiens hanno bisogno del mondo naturale perché non potrebbero sopravvivere altrimenti. Invece ci illudiamo di bastare a noi stessi, quasi come fossimo delle divinità al vertice di una piramide che in natura non esiste e che ci fa sentire autorizzati a sfruttare risorse, immuni dai rischi dei cambiamenti climatici e delle malattie”, continua Tozzi. “Sarebbe un gravissimo errore non apprendere l'insegnamento che ci sta impartendo la natura, riconvertendo le attività produttive in senso ecologico. Le pandemie si giovano della distruzione della natura consentendo il salto di specie, come dimostra il caso del virus Nipah, comparso in Malesia nel 1998 e probabilmente legato all'intensificarsi degli allevamenti intensivi di maiali al limite della foresta, dove si disboscava, a spese dei territori popolati dai pipistrelli della frutta, portatori del virus”, come ha commentato Tozzi in alcune interviste rilasciate a La Stampa.
Nell'era post Covid-19 evitare danni all'ambiente diventa cruciale, gridano gli esperti. La biodiversità è anche quella non evidente ai nostri occhi. “La sabbia delle spiagge, apparentemente sterile, ospita in realtà una sorprendente diversità faunistica costituita da una miriade di microscopici e bizzarri animali, la meiofauna, la cui esistenza può essere minacciata dai turisti”, spiega uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Communications Biology e coordinato dall'Istituto di ricerca sulle acque (Irsa) del Consiglio nazionale delle ricerche, in collaborazione con il Parco nazionale dell'Asinara, l'Istituto di biomembrane, bioenergetica e biotecnologie molecolari (Ibiom) del Cnr, l'infrastruttura LifeWatch Italia, le Università di Sassari, di Modena e Reggio Emilia e altri atenei stranieri.
Chiudere alcune spiagge ai bagnanti si è rivelata una soluzione eccellente per conservare questi microrganismi che popolano la sabbia. “L'approccio integrato di analisi faunistiche ed ecologiche con metodi tradizionali e con metodi basati su Dna prelevato in ambiente ha dimostrato che, anche in una zona piccola come l'isola dell'Asinara, su un totale di circa 200 specie di invertebrati microscopici rinvenute nelle spiagge si registrano oltre 80 specie finora ignote”, spiegano Alejandro Martínez ed Ester Eckert del Cnr-Irsa, a dimostrazione di quanto ancora poco sappiamo della vita che ci circonda. “Studi come questo sono essenziali per fornire le basi di una corretta elaborazione di piani di gestione di parchi e aree protette volti a limitare l'impatto umano e potrebbero essere usati per comprendere gli effetti della diminuzione dell'impatto antropico a causa del lockdown”, conclude Diego Fontaneto del Cnr-Irsa.
Fonte: Diego Fontaneto, Istituto di ricerca sulle acque , email diego.fontaneto@cnr.it - Mario Tozzi, Istituto di geoscienze e georisorse, Roma , email mario.tozzi@cnr.it -