Biotecnologie, tra innovazione e comunicazione
Un incontro a Roma su un settore molto apprezzato ma poco conosciuto. Fra i temi trattati, organismi geneticamente modificati e sperimentazione animale, argomenti su cui gli esperti hanno sfatato alcuni luoghi comuni
Fecondazione assistita, Ogm, sperimentazione animale e nuovi farmaci. Sono alcuni temi scientifici di cui si è parlato a Roma durante l’incontro 'Comunicare le biotecnologie e l’innovazione in medicina’, organizzato dalla casa farmaceutica Merck Serono, la divisione biofarmaceutica di Merck. Giunto alla sua seconda edizione, l’appuntamento ha visto la partecipazione di esperti a livello nazionale nel campo delle biotecnologie che riguardano l’agricoltura, l’alimentazione, l’energia, l’ambiente, i nuovi farmaci e i materiali e rappresentano, insieme con l’informatica, la più importante rivoluzione del nostro tempo.
In base ai dati di Gfk Eurisko, presentati dal direttore Comunicazione e studi di Farmindustria, Agostino Carloni, metà degli italiani e quasi il 60% dei giovani dichiara di aver sentito parlare di biotecnologie. La percentuale delle persone che riconosce di essere informata si riduce però al 39% - il 43% fra i giovani – se si verifica la conoscenza esatta del termine. Oltre 9 persone su 10 ritengono comunque che le biotecnologie applicate al settore farmaceutico rappresentino una grande opportunità.
In particolare, il dibattito pubblico è acceso su tematiche quali l’uso degli Ogm (organismi geneticamente modificati) in agricoltura e quello degli animali nella sperimentazione. “Molti dubbi derivano dalla mancanza di un’informazione corretta”, ha affermato Gabriele Milanesi, professore di Biologia molecolare dell’Università di Milano. “Ad esempio, nel caso degli Ogm basterebbe informarsi su come vengono costruiti i vegetali transgenici per capire che le modificazioni genetiche introdotte con i metodi del Dna ricombinante sono sicuramente meno invasive, più controllabili e potenzialmente meno dannose di quelle introdotte con metodi cosiddetti tradizionali (come il trattamento dei semi con radiazioni o con composti mutageni), che sicuramente sconvolgono il corredo genetico”.
Riguardo ai test in laboratorio, poi, “l’impiego degli animali è ben più costoso dell’uso di sistemi in vitro (sulle cellule) e la sperimentazione dura anche di più, come attestato da autorevoli organizzazioni quali il National Research Council”, ha illustrato Carlo Alberto Redi, docente di Zoologia e biologia dello sviluppo dell’Università di Pavia. “L’impiego degli animali, inoltre, è un dato storico. Furono Rex Burch e William Russellnel 1959 a proporre il 'principio delle 3 R’ ('replacement, reduction, refinement’ - rimpiazzo, riduzione e migliori condizioni di vita) per garantire la protezione degli animali, introdotta propria dall’ultima direttiva italiana del gennaio 2013”.
Viola Rita