Vita Cnr

Primati tra competizione e cooperazione

Cebo cappuccino
di Anna Capasso

Uno studio sui cebi dai cornetti condotto, tra gli altri, dall'Istituto di scienze e tecnologie cognitive del Cnr dimostra come la minaccia di un 'nemico comune' provochi maggiore aggressività anche all'interno del proprio gruppo. A tutto svantaggio della loro stabilità sociale

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L'insorgenza di conflitti è una caratteristica inevitabile della vita di gruppo per molte specie sociali, incluso l'uomo. Secondo molti studiosi, la competizione fra gruppi sembra essere un fattore chiave per comprendere l'evoluzione dei comportamenti 'prosociali', come ad esempio la cooperazione, sia nell'uomo sia nelle scimmie. La presenza di un 'nemico comune' può rappresentare un elemento scatenante per la formazione di alleanze, così da aumentare le chances di vittoria.

Tuttavia, la competizione non genera necessariamente coesione, perché lo stress interno al gruppo, generato in questi contesti mette a rischio la cooperazione tra i membri e dunque la stabilità sociale. Lo suggerisce un recente studio sui cebi dai cornetti, unico nel suo genere, condotto presso l'unità di Primatologia cognitiva coordinata da Elisabetta Visalberghi dell'Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (Istc) del Cnr di Roma in collaborazione con la Liverpool John Moores University (Uk).

I ricercatori hanno utilizzato barriere visive per impedire o consentire a due gruppi sociali adiacenti di vedersi e minacciarsi, modulando dunque sperimentalmente l'insorgenza delle ostilità. "Durante la raccolta dati sono state alternate due fasi sperimentali da quattro mesi ciascuna, una in cui i gruppi potevano interagire e una in cui erano separati dalle barriere visive" spiegano Eugenia Polizzi di Sorrentino e Luciana Massaro, co-autrici del lavoro pubblicato su 'Animal behaviour'. Sono stati annotati tutti i comportamenti amichevoli e aggressivi scambiati tra i membri di ciascun gruppo e, nella fase senza barriere, gli eventi di ostilità spontanei tra i due gruppi, e i possibili adattamenti comportamentali all'interno del gruppo. "Abbiamo così riscontrato che, nei periodi di ostilità, i cebi aumentavano considerevolmente le aggressioni verso membri del proprio gruppo: l'ostilità provocava un aumento della tensione sociale e non della cooperazione".

Una dinamica sottolineano le ricercatrici "non molto diversa da quella che si verifica negli stadi: la tensione generata dalla competizione fra squadre fa sì che le persone reagiscano in maniera più violenta di fronte a semplici opinioni divergenti, anche all'interno della stessa tifoseria".

È importante notare che lo studio ha valore non solo per le scimmie in cattività oggetto dell'esperimento, ma anche per quelle che vivono in natura. "Quando gruppi 'familiari' si affrontano spesso, come avviene con le numerose scaramucce tra gruppi limitrofi, la competizione sembra generare un livello costante di tensione sociale" conclude Polizzi di Sorrentino. Al contrario, quando i gruppi rivali occupano territori lontani e si scontrano più raramente questo potrebbe spingere i membri del gruppo a collaborare di più.

 

Fonte: Eugenia Polizzi, Istituto di scienze e tecnologie della cognizione, Roma, tel. 06/3221437 , email eugenia.polizzi@istc.cnr.it 

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