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Finché crisi non vi ricongiunga

crisi
di Alberto La Peccerella

Separazioni e divorzi in calo per ragioni economiche. A dirlo sono i dati forniti dall'Associazione degli avvocati matrimonialisti italiani, secondo cui il 20% delle coppie che consultano un legale per avviare le pratiche decidono poi di rinunciarvi, spaventate dagli effetti negativi sul portafoglio

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Nel 2010 sono state registrate 88.191 separazioni, con una durata media dei matrimoni di 15 anni e sono stati 54.160 i divorzi, con una durata media di 18 anni. A fornire il dato è l'Istat.

"L'instabilità matrimoniale interessa una parte sempre più consistente della popolazione italiana:  dal 1995 al 2010 separazioni e divorzi hanno registrato una continua crescita", commenta Pietro Demurtas, dell'Istituto di ricerche sulle popolazioni e le politiche sociali (Irpps) del Cnr. Questa tendenza, però, ha ultimamamente registrato una lieve frenata. Nell'ultimo anno giudiziario, i procedimenti di separazione e divorzio sono diminuiti di circa il 10%. Si segnala, inoltre, un significativo aumento delle richieste di riduzione degli assegni di mantenimento.

"Le separazioni e i divorzi e la situazione in cui versa attualmente il Paese appaiono sempre più intrecciati con la crisi economica", aggiunge il ricercatore dell'Irpps-Cnr, "e anche i dati forniti dall'Associazione degli avvocati matrimonialisti italiani testimoniano una maggiore cautela delle coppie italiane in questo periodo. Le spese legali, gli assegni di mantenimento, le spese straordinarie per i figli, la necessità di reperire un'altra abitazione per il coniuge costretto a lasciare la casa coniugale sono per molti un disincentivo: negli ultimi anni almeno il 20% delle persone che si rivolgono a un legale per una consulenza di separazione o divorzio decidono successivamente di non procedere".

Secondo l'Istat nel 20,6% delle separazioni è previsto un assegno mensile per il coniuge quasi sempre corrisposto dal marito. Nel 56,2% delle separazioni la casa viene assegnata alla moglie, tuttavia dopo la separazione a veder peggiorare la propria condizione economica sono soprattutto le donne, o chi, tra i due, non ha un'occupazione a tempo pieno.

Alberto La Peccerella

Fonte: Pietro Demurtas, Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, Roma, tel. 06/492724299 , email pietro.demurtas@irpps.cnr.it, -

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