Cinema

Maltoni, pioniere della cancerogenesi ambientale

Una scena del docufilm Vivere che rischio
di Rita Bugliosi

Allo scienziato è dedicato il docufilm “Vivere, che rischio”. Attraverso immagini di repertorio e testimonianze di collaboratori, se ne raccontano la poliedrica e sfaccettata personalità e le tante iniziative e attività condotte nell'ambito dello studio e della prevenzione del tumore

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È un racconto della figura dello scienziato Cesare Maltoni il documentario “Vivere, che rischio”, diretto da Michele Mallara e Alessandro Rossi, in sala a novembre. Dall'opera emergono le tante facce di Maltoni: quella di scienziato noto a livello internazionale per i suoi studi sulla cancerogenesi ambientale e la prevenzione oncologica; il lato politico, che lo porta a lottare per mettere i risultati della ricerca e della scienza al servizio della salute pubblica; il volto di ideatore di spazi da dedicare alla ricerca scientifica, alla prevenzione e alla cura delle persone.

Per ricostruire la poliedrica personalità dello studioso, il docufilm utilizza immagini e filmati di repertorio e testimonianze di quanti lo hanno conosciuto e hanno lavorato con lui, tra questi Fiorella Belpoggi, sua assistente e ora direttore del Centro Cesare Maltoni sul cancro dell'Istituto Ramazzini; Morando Soffritti, segretario generale del Collegium Ramazzini ed esperto di gruppi di lavoro presso l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione e presso la Commissione nazionale di tossicologia dell'Istituto nazionale delle sanità; Pasquale Chieco, professore a contratto per la Scuola di Tecnologie Biomediche dell'Università di Bologna

Il documentario ripercorre le tappe principali della carriera dello scienziato, a partire dalla comprensione, nei primi anni Sessanta, quando la lotta contro i tumori era pionieristica, del fatto che fosse la prevenzione l'arma più efficace per sconfiggerli. Si racconta dell'avvio, nel 1971, del progetto sperimentale sul cloruro di vinile, con l'annuncio, a due anni dall'inizio della ricerca, della sua cancerogenicità. Nel 1977 pubblica risultati di ricerche svolte sui roditori, dimostrando per primo che il benzene è un potente cancerogeno multipotenziale. Si deve anche a lui se la benzina verde di prima generazione, ricca di idrocarburi aromatici al posto del piombo tetraetile, fu subito rielaborata riducendo l'esposizione e le conseguenze per l'organismo. Si accorse anche che la formaldeide, un composto all'epoca molto impiegato anche nei suoi laboratori per conservare i referti, si comportava da cancerogeno causando principalmente leucemie e cancro del seno nasale.

Nel film, spazio è dedicato anche alla creazione da parte di Maltoni, negli anni Settanta, di una struttura di ricerca innovativa per metodi e autonomia operativa, il Bentivoglio Project, i cui laboratori vengono posti nel Castello di Bentivoglio, costruzione che ancora ospita l'Istituto Ramazzini, erede di quel Progetto. Mentre il mondo è sotto shock per il disastro di Chernobyl, lo scienziato studia i potenziali effetti cancerogeni delle radiazioni e delle onde ionizzanti a bassa dose; è antesignano del ritorno a cibi sani e indaga sul glifosato, diffuso erbicida, e sull'aspartame, dolcificante molto usato. Prima di morire Maltoni avvia, inoltre, un progetto pionieristico: la prima struttura per le cure palliative in Italia, l'Hospice Seragnoli, completato dopo la sua morte e ancora attivo vicino Bologna.

Una scena del docufilm Vivere che rischio

“Con i suoi studi e le sue iniziative Cesare Maltoni ha salvato e migliorato la vita e il fine vita di migliaia di persone, sia in modo diretto che indiretto. Direttamente, grazie all'applicazione della prevenzione secondaria e terziaria, avviando, ad esempio, il più vasto screening sui tumori all'utero mai realizzato in Europa; indirettamente, con lo sviluppo della prevenzione primaria mediante lo studio degli agenti chimici e fisici che possono provocare mutazioni nel Dna e favorire le trasformazioni neoplastiche delle cellule”, commenta Ettore Guerriero dell'Istituto sull'inquinamento atmosferico (Iia) del Consiglio nazionale delle ricerche. “Maltoni ha seguito la filosofia di Bernardino Ramazzini, noto per la frase "meglio prevenire che curare", che per primo scoprì la relazione tra esposizione professionale ad agenti chimici ed effetti negativi sui lavoratori. In tale ottica, lo scienziato emiliano si chiese quali fossero gli agenti chimici con cui venivano a contatto i malati che visitava quotidianamente, per poter indagare sul loro impatto. Maltoni condusse sugli animali esperimenti di esposizione ad agenti chimici con diverse dosi e il suo metodo scrupoloso gli fece capire che la durata degli esperimenti sulla carcinogenesi doveva essere lunga, fino al fine vita dell'animale per aumentare la sensibilità e specificità dei saggi, ossia parallela all'esperienza umana, soprattutto in quei tumori che spesso non si sviluppano subito ma con il passare degli anni. Per questo può essere considerato il padre ispiratore del Reach, il regolamento dell'Unione europea che dal 2006 stabilisce le procedure per l'acquisizione e la valutazione delle proprietà e dei pericoli delle sostanze chimiche impiegate dall'industria o immesse sul mercato, basato non sull'autocontrollo dell'industria dei nuovi composti proposti ma sul finanziamento industriale per gli studi di impatto delle nuove sostanze da parte di enti indipendenti. Maltoni, inoltre, capì che come il corpo del malato non lotta affatto contro il tumore ma si mette al suo servizio così nella società c'è un tumore alimentato dalla società stessa, rappresentato dagli interessi delle multinazionali produttrici di sostanze inquinanti e cancerogene e dell'industria della salute che non vogliono la prevenzione primaria per lucrare con quella terziaria”.

Titolo: Vivere che rischio

Regia: Michele Mallara e Alessandro Rossi

Cast: Cesare Maltoni, Fiorella Belpoggi, Morando Soffritti, Donata Carretti, Pasquale Chieco, Philip J. Landrigan

Quando: da novembre in sala

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