Cinema: Festival

“Amate sponde”, documentario senza parole

Una scena del film Amate sponde
di M. F.

Il regista Egidio Eronico e i produttori Leonardo Baraldi e Alessando Carroli concentrano quattro anni di riprese in 78 minuti, coperti solo da suoni e musiche. Immagini di ambienti naturali dalla bellezza incredibile vengono abbinate a un purtroppo consueto panorama di periferie degradate, strade trafficate, ciminiere e rifiuti. Il messaggio è chiaro: siamo detentori di un patrimonio di cui siamo anche distruttori e, per difenderlo, dobbiamo amarlo. Il documentario ha patrocinio e partnership del Cnr

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“Amate sponde” è il documentario nel quale la visionaria follia del regista Egidio Eronico e dei produttori Leonardo Baraldi e Alessando Carroli di Eie Film - “Siamo sufficientemente folli”, dicono di sé i diretti interessati - ha concentrato in 78 minuti quattro anni di riprese, eseguite dal 2019 al 2022 in tutta Italia. Un documentario senza parole, coperto solo da suoni e musiche, in dichiarata opposizione al bombardamento rumoroso al quale siamo sottoposti e in affettuoso omaggio al cinema muto degli anni Venti, tanto da ipotizzare proiezioni in teatri e sale dove eseguire la colonna sonora dal vivo.

In realtà alcune parole nel film si sentono, pochissime. Le prime sono quelle di una televisione, poi arrivano la predica di un Imam e la recita del Padre Nostro: scelta molto indicativa, a dire come religione e multimedialità siano le voci più ascoltate. Per il resto, “Amate sponde” sposa, in una sincronizzazione impeccabile, immagini straordinarie, realizzate grazie alla copertura effettuata con droni, aerei e satelliti, ma anche a un uso accorto di filtri e color correction, al quale si abbina una colonna sonora emotiva, impattante, in grado di esaltare ulteriormente la forza visiva.

La prima parte del documentario descrive alcune scene di quell'Italia della quale, dice il regista, siamo residenti inconsapevoli. La bellezza mostrata è letteralmente incredibile: gli ambienti naturali sembrano essere ripresi in Islanda o nei Canyon americani. Poi arrivano i primi protagonisti umani: dai cavatori di marmo di Carrara ai pescatori che gettano la lenza davanti alle grandi navi mercantili, fino a un purtroppo consueto panorama di orrori, periferie degradate, strade trafficate, ciminiere e rifiuti. Il messaggio è chiaro, ed Eronico non teme la semplicità nella sua narrativa: noi siamo detentori di un patrimonio immenso di cui siamo anche distruttori e dobbiamo amarlo, per difenderlo. Uno storytelling in qualche modo capovolto rispetto a quello, giustificato ma talvolta deprimente, che pone sempre e solo l'indice sulle colpe dell'uomo.

Oltre che verso il nostro patrimonio naturale, però, siamo distratti e ciechi anche nei confronti dei molti invisibili accanto ai quali passiamo tutti i giorni, che guardiamo senza vederli davvero. Ed ecco case dismesse, clochard di tutte le provenienze ospiti nelle nostre città, stazioni e persino nell’affollatissima piazza San Pietro, assieme alle antiche povertà rurali di casa nostra che neppure immaginiamo quanto siano ancora presenti. Le facce di queste persone, che “Amate sponde” pone anche in chiusura come una sorta di commiato, restano impresse quale monito di civiltà e di carità.

Una scena del film Amate spojde

E ancora: la cronaca della demolizione del Ponte Morandi; un bacio alla Doisneau in una scena metropolitana che potrebbe essere di Londra, Parigi o New York; un contrastante e pure convincente montaggio tra scene di rave party, mamutones, motociclisti in raduno, Summer Jumboree di Senigallia e spiagge in piena stagione balneare. Questo abbinamento tra i contrasti italiani è la chiave del film, per esempio mostrando un sikh in un allevamento, le forme di parmigiani e prosciutti, gli aghi danzanti dei macchinari di un’industria tessile, il mercato del Balon di Torino, la costruzione di una Maserati e di una 500 che ricordano i “Tempi moderni” di Charlie Chaplin. E ancora, in successione emblematica ed esplicativa, il passaggio dall'area archeologica di Selinunte ai robot utilizzati nella scienza e nell'innovazione tecnologica. Un salto dall'antico al presente, dal passato al futuro, con cui Eronico vuol rimarcare il valore imprescindibile della ricerca per il nostro sviluppo. Al riguardo, regista e produttore hanno voluto ringraziare molto la sponsorizzazione e la partnership con il Cnr, che si aggiunge a quella con Legambiente e altri stakeholder, tra cui ben sette Film Commission.

Si parte, fedelmente al titolo del film, con immagini di onde specchiate che ricordano le macchie di Rorschach. E si chiude con una scena di pugilato che sembra invitare gli spettatori ad affrontare la vita nel nostro Paese con il piglio giusto. Passando per la classica immagine dello Stivale che tutti a scuola abbiamo imparato a conoscere, anche se forse non ad amare abbastanza.

“Amate sponde” per ora è stato proiettato nell'ambito del Festival del Cinema di Roma, per il quale il critico cinematografico Enrico Magrelli ha espresso il totale apprezzamento, ed è in cerca di un distributore di sala per essere mostrato a un pubblico più vasto. Eronico si definisce un “architetto militante” e dice di aver voluto far vedere “l'inattuale e il desueto dell'Italia, dal punto di vista geofisico, ambientale, antropologico e culturale. In modo empatico con i soggetti ripresi, nonostante le molte miserie che il film riprende”. Questo documentario potrebbe diventare per l'Italia un po' quello che la saga cinematografica del “Signore degli Anelli” è stata per la Nuova Zelanda, un biglietto da visita cinematografico di un paese che mostra al mondo la propria straordinaria, controversa bellezza. Di cui Eronico si fa latore senza paura di farsi capire, anche quando le cose sono incomprensibili.

La scheda

Titolo: Amate sponde

Regia: Egidio Eronico

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