Faccia a faccia

Il mio teatro interattivo e multimediale

attore
di Silvia Mattoni

Una recitazione innovativa e più vicina ai codici di comunicazione dei giovani. Il primo passo? Portare sulla scena i musical. A pensarla così, Simone Riccardo Berdini, in questi giorni al Brancaccio di Roma nei panni del Fonzie di 'Happy Days'

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Attore, cantante e compositore con una passione per la musica rock e per il cinema, triestino di nascita ma romano di adozione, Simone Riccardo Berdini si muove tra opere classiche e progetti più innovativi, come i musical fantastico-avventurosi che ha composto in questi ultimi anni. Allievo di Danny Lemmo, dell'Actors Studio di New York e Nathan Martin, vocal director nel West End di Londra, è stato protagonista di 'Beggar's Holiday' di Duke Ellington, per la regia di Gianni Marras. Nel 2009 interpreta 'Pinocchio' e l'anno successivo riceve dall'Associazione internazionale dell'operetta il Premio nazionale Sandro Massimini come migliore attore. Da due anni è il mitico Fonzie di 'Happy Days', il musical della Compagnia della Rancia ispirato al telefilm cult degli anni '80, che conclude il tour a Roma, al Brancaccio, in questi giorni.

Come è nata la passione per il musical?

A 15 anni quando ho visto per la prima volta Jesus Christ Superstar di Andrew Lloyd Webber, un'opera rock dove musica e cinema dialogano all'unisono. Da qui la passione che mi ha portato a scrivere a soli 20 anni il mio primo lavoro, 'Il bambino alogeno', andato in scena a Trieste. Una favola alla Tim Burton su un bimbo luminoso, talmente accecante e 'diverso' da essere allontanato dalla sua stessa gente. Perseguo un'idea del tutto innovativa del teatro, su cui poter riversare i miei miti cinematografici fantastico-avventurosi. Così è concepito anche li mio ultimo musical 'Una luce nel buio', in cui racconto la storia di un ragazzo alla ricerca dell'amore eterno e della realizzazione dei propri ideali.

Quindi, il 'suo' teatro come dovrebbe essere?

Rivoluzionario, senza divisioni tra palco e platea e con il pubblico al centro della scena. Questo consentirebbe di avvicinare sempre di più gli attori agli spettatori, creando interazione e multimedialità. La recitazione diventerebbe più cinematografica, meno prosaica e più vicina ai codici di comunicazione dei giovani. Insomma, il teatro dovrebbe tornare a essere un'arte popolare, per tutti: un luogo di incontro e di crescita dove condividere uno spazio e un tempo dedicati alla magia e alla fantasia. E il primo passo potrebbe essere proprio quello di portare nei teatri i musical.

Come è arrivato a interpretare il protagonista di 'Happy Days'? Partendo dalla formazione classica o fidandosi del suo talento?

Credo di avere una propensione intuitiva per il musical. Nasco come musicista e compositore, ma con il tempo mi sono perfezionato anche nel canto, nella danza e nella recitazione. Questa formazione a tutto tondo mi consente di stare a mio agio sulle scene e di studiare ogni singolo movimento del corpo, dando ampio spazio all'interpretazione. Avevo già lavorato con la Compagnia della Rancia al grande Musical dei Pooh 'Pinocchio', interpretando il ruolo del celebre burattino, così hanno pensato a me per il ruolo di Fonzie, anche per le caratteristiche fisiche del personaggio.

      

Un Fonzie diverso, che canta e balla. 

Ho adattato le caratteristiche teatrali tipiche del personaggio, creando un Fonzie che recita cantando e ballando, con il solito 'fascino irresistibile' e l'inconfondibile 'hey'.

Cosa consiglierebbe ai suoi coetanei che intendono intraprendere questa strada?

Di formarsi frequentando un'accademia specializzata in musical stranieri, come la Bernstein School of Musical Theater di Bologna; poi documentarsi, studiare musica e soprattutto andare a vedere gli spettacoli all'estero. L'Italia purtroppo è rimasta indietro in questo campo. Titoli affermati come 'Il fantasma dell'opera' o 'I miserabili', non sono mai arrivati nei nostri teatri. L'unico a far capolino, dopo 25 anni dalla prima uscita, è stato 'Cats', con grande successo di pubblico.

Canzoni degli anni '50, un po' lontane dalla sua generazione. Come si è trovato a interpretarle?

Sono canzoni che fanno parte della nostra memoria collettiva. Chi non conosce Chuck Berry o il mitico Elvis Presley? Nel caso di Happy Days però la musica e il libretto sono stati scritti appositamente da Paul Williams, con gli arrangiamenti di John McDaniel, mantenendo solo l'indimenticabile sigla del telefilm della famiglia Cunningham. L'autore, Garry Marshall, è lo stesso della serie televisiva.

Da Pinocchio a Fonzie, due personaggi agli antipodi. Quale dei due preferisce?

A livello di immagine Fonzie, perché è più simile a me nella realtà. Ma a livello di performer e di divertimento in scena, la trottola impazzita e scatenata di Pinocchio.

Porterebbe sulla scena un musical dedicato a uno scienziato? Quale?

Non mi dispiacerebbe portare sulla scena Leonardo Da Vinci o Albert Einstein, magari partendo da un aneddoto della loro vita per poi costruirci attorno il musical. Ma più che di uno scienziato, mi piacerebbe indossare i panni di un alchimista, Grigorij Efimovic Rasputin. Un personaggio misterioso, enigmatico, che con il suo enorme potere è riuscito a influenzare la vita politica e sociale dell'ultima dinastia zarista. La sua morte ancora oggi è ammantata di mistero. Potrebbe quindi diventare una storia molto shakespeariana, piena di intrighi di corte, un po' come 'Il fantasma dell'opera'.

Suo nonno era Marcello Latini, il tabaccaio del 'Rischiatutto' di Mike Bongiorno negli anni '70 esperto di musica classica. È grazie a lui che ha scoperto la passione per la musica?

Mi è arrivata geneticamente. In famiglia siamo tutti musicisti in un modo o nell'altro. Mio nonno era un appassionato di musica lirica e, in particolare, amava Giuseppe Verdi. Io ho preso molto della sua energia e creatività. Entrambi assomigliamo un po' a Pinocchio.

Silvia Mattoni

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