Sos pinnacoli e guglie
Nubifragi, maree, sbalzi di temperatura legati al cambiamento climatico mettono a rischio anche monumenti e centri storici. Ne abbiamo parlato con un'esperta del Cnr-Isac, coinvolta in progetti per la mitigazione dell'impatto nelle aree di hot spot. Dall'erosione di siti archeologici allo sgretolamento di colonne e mosaici e marmi imbibiti di acqua , nel bacino del Mediterraneo e nella regione alpina il rischio è di perdere emblemi della nostra civiltà e di modificare per sempre lo skyline delle città europee
Sono ancora vive nei nostri occhi le immagini di Venezia, invasa "dall'acqua alta", che nel novembre del 2019 ha toccato quota 154 centimetri, sommergendo la delicata pavimentazione della Basilica di San Marco, la sua Cripta e allagando una sessantina di chiese storiche. Danneggiati colonne, marmi antichi della chiesa marciana, già resi fragili dalla vetustà dei materiali e un allagamento di questa portata ha solo cinque precedenti in tutta la storia dell'edificio. Il dato allarmante è che tre di questi si sono verificati negli ultimi venti anni, l'ultimo il 30 ottobre 2018. "L'emergenza è collegata non solo al livello dell'acqua alta, ma alla sua durata", ha spiegato Georg Umgiesser dell'Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche.
La città lagunare è solo una delle tante che rischiano di subire i danni dei cambiamenti climatici che si manifestano con episodi meteorologici estremi: precipitazioni abbondanti e calamitose e ondate di calore che raggiungono i 40°. Tali fenomeni, che rappresentano un disagio per la popolazione, mettono a dura prova anche la sopravvivenza di monumenti, interi centri storici, parchi archeologici del nostro Paese, definito museo diffuso. La perdita economica poi è inestimabile, se si considera che il turismo rappresenta una voce tra le più importanti per l'Italia. Il maltempo colpisce sempre più violentemente tutta l'Europa, dove la piena di grandi fiumi come Reno e Danubio (per esempio nella primavera del 2013) e di torrenti dalla portata stagionale causano ingenti rovine. Cosa si può fare per evitare questo flagello? “Nonostante la ricerca abbia compiuto nell'ultimo ventennio passi significativi nella comprensione e previsione degli impatti dei cambiamenti climatici sul patrimonio culturale, sono sicuramente necessari ulteriori avanzamenti per mettere a punto strumenti e strategie in grado di garantire la protezione dei beni culturali a rischio, in particolare nelle aree di hot spot climatico (Bacino del Mediterraneo, Regione Alpina), dove gli effetti sono amplificati e la cui intensità e frequenza è prevista aumentare in futuro”, spiega Alessandra Bonazza dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima (Isac) del Cnr.
Gli studi condotti nell'ambito dei Progetti Interreg ProteCHt2save (https://www.interreg-central.eu/Content.Node/ProteCHt2save.html) e STRENCH (https://www.interreg-central.eu/Content.Node/STRENCH.html), coordinati dal Cnr-Isac, affrontano questa problematica e mirano a offrire supporto ai decisori politici. “La ricerca ha previsto prima di tutto la selezione di indici di estremi climatici legati alle variazioni di temperatura e precipitazione, l'utilizzo della tecnologia satellitare e l'applicazione di una combinazione di dodici modelli climatici globali e regionali per individuare le aree in Europa cui il patrimonio culturale potrebbe essere a rischio nel vicino (2021-2050) e lontano futuro (2071-2100) per effetto di piogge intense, periodi siccitosi e inondazioni”, spiega la ricercatrice. “È stato quindi possibile produrre mappe di pericolosità con risoluzione spaziale di 12 km, che vengono combinate con studi di vulnerabilità specifici di siti culturali prioritari per una comprensiva valutazione del rischio. Tutti i dati sono contenuti in uno strumento Web Gis per la mappatura del rischio e supporto alla gestione del patrimonio culturale liberamente consultabile (https://www.protecht2save-wgt.eu/). Gli output di questo strumento mostrano come i siti archeologici lungo la costa adriatica e il patrimonio diffuso dell'arco alpino siano previsti essere particolarmente a rischio nel lontano futuro per effetto dell'aumento della frequenza e dell'intensità degli eventi estremi di precipitazione indicati da aumenti degli indici R20mm (numero di giorni nell'anno con precipitazione >= 20mm) e R5xday (valore massimo mensile di precipitazione in 5 giorni consecutivi)”.
Fra le attività condotte nell'ambito del progetto ProteCHt2save sono state messe a punto strategie di preparazione ed evacuazione in emergenza specifiche per la protezione di tali beni in caso di inondazioni, allagamenti e incendi dovuti a prolungati periodi siccitosi. “Le strategie sono state testate con simulazioni in campo, in collaborazione con la Protezione civile e i Vigili del fuoco in siti culturali dimostrativi, fra cui la piazza della Cattedrale di Ferrara”, aggiunge Bonazza.
In un Rapporto del 2016 curato da Cristina Sabbioni e Alessandra Bonazza del Cnr-Isac, dedicato alla conoscenza dello scenario euro-mediterraneo, tra i fenomeni indagati c'è il termoclastismo, un processo di decoesione in seguito a cicli di espansione e contrazione termica di materiali lapidei. “Sono state prodotte mappe di vulnerabilità per i periodi 2010-2039 e 2070-2099, valutando il numero di eventi all'anno che causano tensioni interne nel marmo superiori a 20 MPa, valore adottato come il carico massimo sostenibile per questo specifico materiale”, si legge nel Rapporto. Una foto mostra l'effetto sinergico di termoclastismo, erosione eolica e cristallizzazione salina sui monoliti del Tempio di Hagar Qim (Malta), a rischio di sopravvivenza. “I dati dimostrano che le regioni mediterranee, in particolare la Sicilia, continueranno a sperimentare un alto livello di rischio da stress termico, con valori a volte superiori a 200 eventi all'anno alla fine del secolo. Va ricordato che queste regioni sono particolarmente ricche di monumenti e siti archeologici, una parte dei quali in marmo”.
Gli sbalzi termici, le variazioni dell'equilibrio tra umidità relativa, radiazione solare, temperatura, incidono sul biodegrado dei materiali e sulla colonizzazione di funghi e microrganismi dei monumenti all'aperto. Le guglie e i pinnacoli che svettano sulle cattedrali gotiche in Europa non se la passano bene. “L'aumento delle precipitazioni provoca danni strutturali sulle coperture e favorisce la penetrazione dell'acqua nelle murature fino ad una loro completa decoesione”. I cambiamenti climatici possono alterare lo skyline di paesaggi e città che da millenni esprimono la nostra civiltà.
Sandra Fiore
Fonte: Alessandra Bonazza, Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima, Bologna , email a.bonazza@isac.cnr.it -