Focus: Spazio

Così migliora la vista degli astronauti

astronauta
di Rita Lena

I danni agli occhi provocati dall'esposizione alla radiazione cosmica possono essere contrastati grazie all'azione di alcuni microrganismi algali. Della ricerca si occupa il progetto Night Vision, coordinato dall'Ic-Cnr

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I disturbi determinati dall'assenza di gravità consistono soprattutto in atrofia muscolare e deterioramento dello scheletro cui vanno incontro gli astronauti. Ma anche il loro apparato visivo è soggetto a problemi, a causa dell'esposizioni alle radiazioni cosmiche durante le uscite extraveicolari. Gli organi più colpiti sono i fotorecettori centrali e periferici della retina, che subisce uno stress ossidativo accentuato dai continui cambiamenti di luminosità prodotti dai movimenti delle stazioni spaziali, che fanno vivere all'equipaggio più albe e più tramonti in una stessa giornata.

Per capire cosa succeda agli occhi dei cosmonauti e per aumentare la loro efficienza visiva è nato ‘Night Vision'. Coordinato da Maria Teresa Giardi dell'Istituto di cristallografia (Ic) del Cnr di Roma, il progetto si propone di verificare i benefici apportati alla vista di quanti vanno in orbita dall'assunzione di pigmenti maculari derivanti da alghe unicellulari e da organi fotorecettivi chiamati ‘eyespots' o ocelli. 

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I pigmenti maculari sono piante appartenenti alla famiglia delle xantofille, la luteina e la zeaxantina, così chiamate perché molto simili a quelli presenti nella macula e nel cristallino dell'occhio umano", spiega Giardi. "Tra i loro effetti c'è il miglioramento della funzione visiva e la protezione dalla radiazione blu, pericolosa per la retina. Queste molecole si trovano anche in microrganismi algali quali la ‘Chlamydomonas' e ‘Haematococcus', i cui ocelli coinvolti nella percezione della luce sono simili a quelli dell'occhio umano".

Da studi condotti su satelliti Esa, si è scoperto che alcune di queste alghe unicellulari, contenenti quantità elevate di xantofille, sono meno sensibili e a volte immuni ai danni provocati dalla radiazione cosmica. "Il progetto Night Vision indaga sulla resistenza alle radiazioni ionizzanti di alghe ingegnerizzate di ‘Chlamydomonas reinhardtii', che accumulano particolari quantità di pigmenti maculari nei loro ocelli o eyespots", prosegue la ricercatrice dell'Ic-Cnr. "Come illustrato in un articolo pubblicato recentemente on line su PlosOne, gli estratti delle alghe così ottenute sono stati inviati sulla stazione spaziale nel penultimo volo dello Shuttle e si stanno valutando gli effetti antiossidanti di queste matrici biologiche".

I dati finora ottenuti hanno dimostrato una forte correlazione tra i livelli di luteina e zeaxantina nei tessuti oculari e nel plasma sanguigno e una ridotta incidenza dello stress ossidativo associato all'età e alla degenerazione dei pigmenti maculari. "Poiché questi pigmenti", conclude Giardi, "non possono essere sintetizzati dall'organismo e devono essere introdotti con la dieta, Night Vision cercherà di ottenere risultati concreti da applicare a futuri programmi di nutrizione degli astronauti".

Rita Lena

Fonte: Maria Teresa Giardi , Istituto di cristallografia, Montelibretti, tel. 06/90672704, email mariateresa.giardi@mlib.ic.cnr.it

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